Bruce Springsteen e l’album Born in the U.S.A.

Bruce Springsteen e l’album Born in the U.S.A.


Fonte foto: wikipedia.org

Bruce Springsteen è un artista da record, visto che, con l’uscita di “Letter to you” del 2020 è stato il primo cantautore ad avere un proprio album nei primi cinque posti della classifica in sei decenni consecutivi; tra i suoi album in studio, ben 21 pubblicati in oltre quarant’anni di carriera, “Born in the U.S.A.”, uscito il 4 giugno del 1984, è senza alcun dubbio uno dei più famosi.

La raccolta di canzoni, che ha venduto trenta milioni di copie di cui la metà solo in America, ha fatto la storia del rock, tanto che Bruce Springsteen gode ancora ai giorni nostri di un seguito nutritissimo di fan.

“The Boss”: la storia di un mito del rock

Soprannominato The Boss fin dagli esordi, Bruce Frederick Joseph Springsteen è nato il 23 settembre 1949 a Long Branch, nel New Jersey, da Douglas Frederick, di origini irlandesi e olandesi, e Adele Ann Zirilli, di origine italiana. Il giovane Bruce ebbe alcune difficoltà iniziali, prima per le condizioni economiche disagiate della famiglia, poi per il rapporto conflittuale con il padre e con l’educazione scolastica, essendo stato iscritto in un istituto cattolico. Trovò il modo di costruirsi una personalità carismatica, nonostante questi ostacoli, grazie alla musica; a soli sette anni, infatti, rimase così affascinato da un’esibizione di Elvis Presley in televisione da pretendere che gli venisse regalata una chitarra di plastica.

Da allora, la carriera di Bruce fu sempre in ascesa. L’artista prese dapprima lezioni di musica dal cugino, poi cominciò a suonare in varie band giovanili. Nei primi anni Settanta entrò in contatto con la casa discografica Columbia, che aveva in progetto di renderlo il nuovo Bob Dylan, ma Bruce decise di seguire la propria anima rock. Il successo clamoroso arrivò nel 1984 proprio con “Born in the U.S.A.” che il Boss pubblicò insieme al proprio gruppo, la E Street Band.

Bruce Springsteen e l’album Born in the U.S.A.

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Da allora, l’artista ha continuato a collezionare successi e riconoscimenti, conquistando venti Grammy Award, un Premio Oscar per la Miglior Canzone Originale, la splendida balladStreets of Philadelphia” e perfino la Medal of Arts consegnatagli da Joe Biden. Malgrado la ragguardevole collezione di premi, tuttavia, il segreto del successo di questo artista continua a essere la travolgente energia che mostra nei suoi concerti dal vivo, da sempre molto amati dai suoi fan.

Born in the U.S.A., tutte le curiosità sull’album

Appena uscito, l’album ottenne un successo inarrestabile, al punto che ne vennero estratte come singoli ben sette tracce su dodici canzoni complessive: “Dancing in the Dark”, “Cover Me”, “Born in the U.S.A.”, “I’m on Fire”, “Glory Days”, “I’m Goin’ Down” e “My Hometown”.

La title track, “Born in the U.S.A.” toccava in particolare un tasto dolente della storia dell’America: la guerra del Vietnam, che comportò non solo vittime ma anche tanto dolore e problemi di stress post-traumatico nei reduci del conflitto; l’allora presidente Ronald Reagan, interpretando il brano in toni patriottici, chiese all’artista di poterlo utilizzare nella propria campagna elettorale, ma Springstreen, dando prova di carattere, resistette alle pressioni e rifiutò.

Anche l’energico singolo “Dancing in the Dark” fu un trionfo, grazie al video di accompagnamento girato nientemeno che da Brian De Palma, con la partecipazione di una giovanissima Courteney Cox. Iconica, infine, l’immagine di copertina dell’album; realizzata con una buona dose di ironia dalla fotografa Annie Leibovitz, raffigura Bruce Springsteen di spalle, con il fondoschiena in primo piano avvolto nei jeans e un cappellino americano nella tasca destra, come se fosse un fazzoletto rosso.