Con il suo ritmo e il suo ritornello, inconfondibili per qualunque italiano, Samarcanda è entrata a pieno diritto negli annali della nostra musica.
Scritta e cantata nel 1977 da Roberto Vecchioni, Samarcanda ha raggiunto la fama immediatamente. Chi non ricorda il ritornello incalzante “Oh-oh, cavallo”, accompagnato dai mitici violini suonati da nientemeno che Angelo Branduardi?
Tuttavia, non è solo questa, la particolarità della canzone. Una delle caratteristiche meno in evidenza di questa canzone è la cultura che sprigiona. Per capirla, però, dobbiamo imparare qualcosa sul suo autore.
Chi è Roberto Vecchioni
Roberto Vecchioni nasce a Carate Brianza il 25 giugno 1943, da genitori napoletani. Fin da giovane mostra una grande attitudine per la musica, ma anche per la letteratura. Infatti, si laurea in lettere nel 1968, per poi intraprendere la carriera di insegnante l’anno successivo.
La carriera musicale verrà affiancata solo successivamente e non la intraprenderà mai a tempo pieno. Insegnerà lettere, greco e latino in diversi licei, fino al 2004, anno in cui andrà in pensione. Attualmente tiene dei corsi universitari e cura molte iniziative culturali nel paese in cui vive, Maguzzano, vicino a Lonato del Garda.
La sua grande cultura si trasmette attraverso la sua musica, riprendendo alcune canzoni napoletane, in omaggio alle sue origini, e toscane. La sua particolarità si esprime particolarmente nel successo che gli dà la consacrazione: Samarcanda, appunto.
Il significato di Samarcanda
La trama di Samarcanda parla di un soldato che, festeggiando la fine della guerra tra canti e balli, si prende improvvisamente un bello spavento. Ne ha tutti i motivi: quella Nera Signora, la Morte, è in mezzo alla folla e lo sta guardando minacciosa.
A questo punto, il soldato corre dal re e gli chiede di salvarlo. Il re, quindi, gli dà il suo miglior cavallo e il soldato parte di gran carriera, correndo disperatamente verso Samarcanda in modo da evitare la Morte. Con suo grande scorno, la scoprirà ad aspettarlo proprio dov’era fuggito. Quello che la Nera signora gli dirà sarà “non ti stavo minacciando, ero solo sorpresa di vederti lì, visto che dovevo prenderti oggi a Samarcanda!”
Una sorta di crudele ironia, se vogliamo, che ci insegna l’ineluttabilità del destino.
Da dove deriva, però, questa trama così cupa?
La risposta è molto semplice: Roberto Vecchioni ha riadattato un’antica leggenda mediorientale che coinvolge nientemeno che il Re Salomone. La leggenda originale vedeva il saggio re aggirarsi per le strade della sua città e incrociare l’Angelo della Morte, che piangeva disperatamente seduto su una fontana.
Curioso, Salomone si avvicinò e gli chiese come mai stesse piangendo. La Morte lo guardò, poi disse “devo portare quei due uomini con me” e ricominciò a piangere a dirotto. Salomone guardò nella direzione indicata e vide che le persone designate erano i suoi due servi migliori. Senza chiedersi come mai l’Angelo della Morte avesse così a cuore la sorte dei due servi al punto di piangere, il re si avviò verso i suoi servi, diede loro i migliori cavalli delle sue scuderie e li inviò a Samarra – cambiato in Samarcanda nella canzone per una questione di assonanza.
Salomone sperava di riuscire così a salvare loro la vita. I servi partirono. Due giorni dopo, durante la sua consueta passeggiata, il re incontrò di nuovo l’Angelo che, sorprendentemente, sorrideva.
“Perché sorridi?” gli domandò “I miei servi sono fuggiti!”
Il sorriso dell’Angelo della Morte si allargò ulteriormente “sorrido perché quei servi dovevo prenderli proprio oggi a Samarra!”
E sulla frase finale dell’Angelo della Morte, vi lascio con Roberto Vecchioni che dà vita a Samarcanda insieme ad Angelo Branduardi!
Classe 1988, padovana di nascita, veneziana di adozione. Diplomata in lingue, adoro scoprire cose nuove. Credo molto nell’importanza delle parole e del loro significato. La scrittura, per me è un mezzo per informare ed esprimere la mia creatività.