La vera storia della Amatriciana

Spaghetti o bucatini? Aglio o cipolla? Guanciale o pancetta? Parmigiano o pecorino?

Queste le domande che subito ci vengono in mente quando pensiamo al famosissimo primo che è ambivalente anche nel nome: in romanesco il termine che identifica il primo è infatti matriciana.

Andiamo con ordine e procediamo ad un excursus storico.

Sembra ormai comunemente accettata la tradizione che la vede come un’evoluzione della pasta alla Gricia (o griscia). Era un guazzetto con cui condire il pane e “gricio” era chiamato il venditore di tale alimento. Secondo un’altra versione, invece, alcuni negozianti di questo genere alimentare si erano trasferiti in Svizzera nel cantone dei Grigioni. C’è anche una terza possibilità che fa discendere il nome dalla frazione vicino Accumuli, Grisciano. Ancora oggi la Pasta alla Gricia è conosciuta anche come amatriciana in bianco.

La storia

Amatrice rientrava nel Regno delle due Sicilie e, già a partire dalla seconda metà del Settecento sfruttò la coltivazione del pomodoro che stava prendendo sempre più piede per i grandi pregi organolettici. Stesso discorso per la lavorazione delle carni di suino da cui si ricavava il fondamentale guanciale, altro elemento fondamentale della Gricia. Gli amatriciani, dopo aver apprezzato il pomodoro lungo di Napoli, lo aggiunsero alla gricia, trasformando il guazzetto per il pane in salsa per gli spaghetti.

Dal Regno di Napoli questo saporitissimo condimento arrivò allo Stato Pontificio con la transumanza dei pastori abruzzesi a cui si aggiunsero anche degli amatriciani emigrati a Roma. In effetti in quel periodo il termine Matriciano stava a indicare una locanda con cucina. Questa pasta si diffuse velocemente in città, anche se gli spaghetti sostituirono i bucatini, fino a diventare un classico della cucina romana, sorvolando sulle sue origini abruzzesi e partenopee.

Primo estremamente popolare scalò le più alte vette della degustazione grazie a Francesco Leonardi, che nel 1816 lo servì addirittura a una cena ufficiale in onore di Francesco I Imperatore d’Austria. Il cuoco di Papa Pio VII lo impose facendone la portata principale di un banchetto tenutosi al Quirinale in onore del famoso regnante. Lo chef era romano di origine, quindi presumibilmente conosceva bene il piatto, ma aveva anche girato le corti più importanti europee, dalla Francia di Richelieu, alla Polonia passando per la Turchia, la Germania e l’Inghilterra, fino ad arrivare alla corte di Caterina II di Russia. Nel 1790 scrisse un’enciclopedia di cucina in sette volumi l’Apicio Moderno, ossia l’arte di preparare ogni tipo di vivande.

Nell’Apicio Moderno il Leonardi tratta, è forse uno dei primi, l’argomento degustativo da un punto di vista scientifico, illuminista. Il suo rivale durante il Trattato di Vienna è Carème e probabilmente la scelta di una portata popolare in un pranzo ufficiale ne è la diretta conseguenza. E’ il primo a usare in modo continuativo i pomodori e secondo la tradizione è sempre a lui che si deve l’invenzione tutta napoletana della pasta al pomodoro. Allo stesso modo trasforma il vecchio piatto mangiato dal popolino della Gricia in un piatto alla moda, adatto al palato di papi e regnanti. La sua ricetta prevede maccaroni, il guanciale di Amatrice, pomodori, cipolla e pecorino. E’ diventato un piatto talmente famoso che nel 2002 persino lo chef Ferran Adrià lo ha incluso nel menù del suo ristorante: El Bulli.

Ne esistono diverse versioni che comportano l’uso o meno dell’aglio, il pecorino romano al posto di quello della Laga, gli spaghetti al posto di bucatini o tonnarelli, l’uso non obbligatorio di olio extra-vergine di oliva o di strutto, ma tutte le versioni sono concordi nell’uso esclusivo del guanciale.

Spaghetti alla Amatriciana e i suoi riconoscimenti

Gli spaghetti alla Amatriciana hanno ottenuto il De.Co, ossia la denominazione comunale che ha la funzione di legare un particolare prodotto a un comune ben specifico. Soprattutto hanno ottenuto recentemente l’STG (Specialità Tradizionali Garantite) che è un importante riconoscimento europeo, dato solo a pochi generi alimentari, come la pizza napoletana o la mozzarella.

Nel marzo del 2020 la ricetta alla Amatriciana ha quindi ottenuto il prestigioso riconoscimento STG. Nel disciplinare che lo formalizza non sono previsti né aglio, né cipolla, e tantomeno l’uso della pancetta al posto del guanciale.

Le ricette

Amatriciana tradizionale

Nella ricetta dell’Amatriciana tradizionale STG, il sugo è composto da:guanciale di Amatrice De.Co. soffritto e sfumato con vino bianco secco,pomodoro San Marzano o in alternativa pomodoro pelato di qualità, formaggio pecorino di Amatrice De.Co. (proveniente dai Monti Sibillini o dai Monti della Laga), olio extravergine di oliva, peperoncino fresco o essiccato, sale e pepe.

Come formato di pasta da condire per la ricetta dell’Amatriciana tradizionale STG di Amatrice occorre rigorosamente usare quello degli spaghetti. Amatrice stessa si fregia del titolo di “Città degli spaghetti all’amatriciana”, come impresso anche sui cartelli stradali di benvenuto, che accolgono all’entrata in paese.

Varianti

Per quanto originaria d’Amatrice, la ricetta si è diffusa a Roma e nel Lazio, diventando così uno dei piatti tradizionali della capitale e della regione. L’Amatriciana romana viene preparata in diverse varianti, dipendenti anche dalla disponibilità di alcuni ingredienti. Mentre ognuno concorda sull’uso del guanciale, il pomodoro ad esempio non è riportato nel manuale di Gosetti. La cipolla non è usata ad Amatrice, ma è riportata nei manuali classici della cucina romana. Sebbene nelle ricette più vecchie non venga indicato alcun grasso di cottura, oltre al grasso del guanciale, di solito come grasso di cottura viene usato prevalentemente l’olio extravergine di oliva. L’uso dello strutto è anche attestato.

Nei territori romani, oltre alla cipolla, è fatto uso anche dell’aglio soffritto prima di aggiungere il guanciale, mentre come formaggio si usa più spesso il pecorino romano al posto di quello amatriciano. È attestato anche l’uso di pepe nero al posto del peperoncino. Come formato di pasta, i romani fanno uso di bucatini. Talvolta vengono sostituiti anche da rigatoni, o da tonnarelli.

L’Amatriciana, adattata alle regole del Kosher, è presente nella cucina giudaico-romana. Nella preparazione non si usano il pecorino o altri tipi di formaggi, si utilizza olio d’oliva al posto dello strutto e la carne secca di manzo sostituisce il guanciale di maiale.

Dopotutto anche Aldo Fabrizi interrogava un’aspirante cameriera sulla preparazione dell’Amatriciana.