In tour con la Nostralgia dei Coma cose

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Un ragazzo e una ragazza. Due che a Milano si sono incontrati e ritrovati come artisti e coppia. Due che nella metropoli lombarda hanno trovato una nuova casa e dimensione, senza mai dimenticare la realtà d’origine, la provincia. Fausto (Lama) Zanardelli e Francesca (California) Mesiano. Ecco chi sono i Coma cose.  Gli stessi che si sono fatti avanti nel 2017 tra le impervie, ai tempi esclusiviste e poco popolate vie dell’indie italiano, che hanno perseverato sfornando un singolo dietro l’altro, calcando una moltitudine di palcoscenici, dall’underground al mainstream, dal concertone del primo maggio all’Ariston di Sanremo. Dopo Hype Aura, Nostralgia è il loro ultimo progetto discografico, uscito in seguito alla loro prima vera apparizione al grande pubblico, incantando fan e potenziali tali alla città dei fiori, al Festival, con Fiamme negli occhi. Un disco, il loro, che si mostrerà fin da subito un concentrato di emozioni e ricordi, una trasposizione in suoni e voce dell’essenza stessa dei Coma cose, mai eccessivamente romantica, mai appariscente, ma incisiva, persuasiva, ipnotica.

Norme anti-covid, mascherine e distanziamenti permettendo, si sta facendo largo un ritorno alla “quasi” normalità dell’entertainment. Il tour promozionale di Nostralgia è partito lo scorso 12 giugno ed ha finora toccato da nord a sud importanti festival nazionali. Dalla scena bolognese, al Vittoriale, passando per Stromboli, i Coma cose sono approdati sabato 3 luglio al Real Sito di Carditello, inaugurando l’omonimo festival, tra mongolfiere, stand di prodotti tipici e drink. La location al tramonto, dominata dalla splendida Reggia di Carditello, inizia a riempirsi di un pubblico composto e variegato. Non c’è un’età anagrafica che contraddistingua il fan tipo del duo. Ventenni, amici, famiglie. È senza dubbio merito dell’effetto Sanremo. Una distesa di sedie, opportunamente distanziate, comincia ad essere occupato. 20, 50, 100, fino a 1000 i posti disponibili, tutti occupati. L’imbrunire bucolico di Carditello assume i colori dell’hype da attesa e di una birra ghiacciata servita all’entrata. Sembra quasi di essere tornati alla vecchia cara normalità.

Fonte foto: Facebook

Ore 21:00: luci spente. Una voce metallica invita i presenti a chiudere gli occhi e ad abbandonarsi ai suoni, ai sapori e agli odori. Ai pensieri positivi, agli ambienti familiari. Ci si ritrova senza rendersene conto ad intraprendere un viaggio a ritroso nei ricordi (i loro), dall’odio/amore per la provincia alla vita metropolitana di Milano, offrendo uno sguardo nostalgico ad una vita passata. Sembra quasi di camminare in Porta Genova, di organizzare un rave alle Colonne, di fare serata ai Navigli o in Darsena, con lo spirito ribelle nelle rime e la delicatezza nella voce. Fausto e Francesca coinvolgono il pubblico in uno spettacolo senza fronzoli. Abbinati sul palco nell’outfit e nel modo di fare, il loro intrattenimento è essenziale.  Un avanti e indietro che tiene il ritmo, incita il pubblico senza strafare, grazie all’intesa tra i due, dominante ma mai stucchevole.

Un susseguirsi di 23 brani, a tamburo battente. Nessun discorso ruffiano, nessuna presentazione adulatrice che preceda le hit dei Coma cose. Le prime note bastano a far alzare il pubblico dalla sedia e cantare a squarciagola, rigorosamente sul posto, ogni singola parola. Un alternarsi bilanciato tra la spavalderia dei primi tempi (Anima Lattina, Via Gola, Beach Boys Distorti, Jugoslavia) e lo spirito nostalgico delle Discoteche Abbandonate e delle notti insonni concluse al Carrefour. Mancarsi si conferma la hit indie per eccellenza, ma è Fiamme negli occhi che fa saltare tutti in piedi, indistintamente. Suonata una prima volta, interrotta verso metà per problemi tecnici; ripresa dall’inizio e poi ancora riproposta in versione acustica e del tutto improvvisata verso la fine.

Ore 23: “Io rimango fino a quando non si accendono le luci” recita il verso di “Post-concerto”. I Coma cose hanno regalato uno spettacolo di circa due ore no stop di energia pura. I due salutano e gradualmente la scena torna ad essere illuminata dai fari alti. Il viaggio nei ricordi è terminato, si ritorna coi piedi per terra, si riprende coscienza del posto in cui si è, della gente attorno. I concerti, finalmente, sono tornati. Sembra quasi di essere tornati alla normalità.


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