“Dimmi come mangi e ti dirò chi sei”, ma anche “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi diventi”, visto l’effetto che gli involtini vietnamiti hanno avuto sul protagonista di “Gran Torino”.
Facciamo un passo indietro e rinfreschiamoci la memoria, a meno che non siate quel genere di persona che ricorda ogni dettaglio dei film che ha visto (e abbiate visto la pellicola di Clint Eastwood, condizione sine qua non per potervela poi ricordare, ovviamente).
Scorreva il lontano 2008 e il – già allora – diversamente giovane Clint ci regalava una di quelle perle di rara bellezza che sono alcuni suoi film – “Gran Torino”, appunto. Il titolo è il nome del modello di auto Ford che pare essere rimasta l’unica, vera passione del burbero protagonista, interpretato dallo stesso Eastwood.
Walt – questo il suo nome – è un reduce della Guerra di Corea, reso coriaceo dalla vita e intriso di sentimenti razzisti e acredine sparsa nei confronti del mondo intero. La morte della moglie non contribuisce a migliorargli l’umore, così come la baraonda creata da figli e nipoti venuti per il funerale.
Come se non bastasse il figlio dei vicini, facenti parte di una nutrita comunità di immigrati del sud-est asiatico, decide di tentare di privarlo dell’unico amore rimasto nella sua desolante esistenza, la beneamata Ford Gran Torino, come prova per entrare nella gang locale.
Questo tentativo non riuscito di furto, però, ha il lato positivo di far entrare in contatto i due mondi, quello caloroso e iperaffollato della famiglia asiatica e quello solitario e freddo del vecchio Walt. Che, complice anche il gustoso cibo che i vicini gli fanno provare, inizia a “sciogliere” l’iceberg con cui proteggeva il cuore e ad aprirsi agli altri – gli altri sapori, gli altri odori, le altre tradizioni.
Insomma, come si dice, per arrivare al cuore di un uomo bisogna passare per lo stomaco. E, in questo caso, ci si passa grazie ai famosi involtini vietnamiti di cui sopra.
La ricetta degli involtini vietnamiti di Gran Torino
Avete un vicino scontroso, un parente un po’ scorbutico che deve venire per il pranzo di Natale, o semplicemente voglia di provare qualcosa di diverso?
Questa ricetta fa per voi! E, poiché lo scopo è invitare qualcun “altro”, aprirsi grazie alla condivisione, gli ingredienti sono per 6 persone.
Iniziamo con la parte più facile, le crêpes.
Per le crêpes:
12 crêpes di carta di riso (da comprare al supermercato. Ok, dovete trovare un supermercato che le abbia, ma ammetterete che non bisogna essere proprio dei gran chef stellati per riuscire a farlo).
Mo’ però non crediatevi che sia finita lì, se no vi si diceva di andare a comprarli d’asporto e la ricetta era bella che fatta. No, no, ci vuole un po’ di impegno anche vostro. Quindi, procediamo con la parte meno evidente, quello che metterete dentro.
Per il ripieno:
90 g germogli di bamboo a bastoncini (li trovate nei supermercati)
1 porro tritato finemente
1 carota a listarelle
70 gr. funghi shiitake
300 gr di cavolo cinese a listarelle
2 cucchiai olio di arachide
Per la salsa:
1 cucchiaio di zucchero
un pizzico di gluttamato monosodico
1/2 cucchiaio di salsa di soia
un pizzico di sale
2 cucchiai di brodo di pollo
1 cucchiaio di olio di arachidi
Fonte foto: bloomsimports.com
Preparazione:
Lavate bene le verdure (evvabbè, qua ci arrivavate pure da soli, ma non lasciamo nulla al caso) e tagliatele a striscioline sottili. Friggete i funghi in padella, dopo averli fatti rinvenire (in acqua, non con la respirazione bocca a bocca) nell’olio di arachide. Il tutto dovrebbe durare all’incirca 30”, per poi aggiungere le verdure e friggere per un altro minuto.
A quel punto, niente, versateci sopra anche tutti gli ingredienti della salsa come se non ci fosse un domani e fate cuocere a fuoco vivace finché il liquido non evapori totalmente. Aggiustate di sale e di pepe e trasferite in una ciotola per fare raffreddare il composto. Solo una volta freddo, impazienti che non siete altro, strizzatelo ulteriormente per fargli perdere i liquidi in eccesso (magari si potesse fare con quelli sulle nostre cosce).
Disponete sulla parte inferiore di ogni crêpe un cucchiaio e mezzo del ripieno, piegatene in dentro 3 lati, che vi serve anche da allenamento per i pacchetti di Natale, e arrotolatela strettamente sigillando il margine superiore con un collante… Qua avete la scelta, a seconda di quanto scorbutico in effetti sia il parente o il vicino con cui volete condividere gli involtini vietnamiti. Se alla fine non sono poi così insopportabili, evitate il collante chimico e procedete piuttosto a ottenere una sostanza collosa sciogliendo 1 cucchiaio di farina in uno di acqua fredda e diluendo il tutto con 2 cucchiai di acqua bollente.
Siamo arrivati alla fine: resta giusto da friggere gli involtini in abbondante olio bollente, sgocciolarli quando sono ben dorati e servirli ben caldi, magari innaffiati da una salsa al peperoncino dolce (anche quella facilmente reperibile al supermercato).
Se poi volete davvero esagerare, serviteli mentre riguardate tutti insieme “Gran Torino”, che è uno di quei film che val sempre la pena rivedere!
Buon appetito e buona condivisione!
Scrivo da sempre. Da quando ancora non sapevo farlo, e scrivevo segni magici sulle tende di mia nonna, che non sembrava particolarmente apprezzare. Da quando mio nonno mi faceva sedere con lui sul lettone, per insegnarmi a decifrare quei segni magici, e intanto recitava le parole scritte da altri, e a me sembravano suoni incantati, misteriosi custodi di segreti affascinanti e impenetrabili, che forse, un giorno lontano, sarei riuscita a comprendere e che, per il momento, mi limitavo ad assaporare sognante. Sogno ancora, tantissimo, e nel frattempo scrivo. Più che posso, ogni volta che posso, su ogni cosa mi appassioni, mi incuriosisca o, più semplicemente, mi venga incontro, magari suggerita da altri.
Scrivo per Hermes Magazine e per altri siti, su vari argomenti, genericamente raggruppabili sotto il termine di “cultura“. Scrivo anche racconti, favole, un blog che piano piano prende forma, un libro che l’ha presa da un po’ e mi è servito a continuare a ridere anche quando tutti intorno a me sembravano impazzire (lo trovate ancora su Amazon, mai fosse vogliate darmi una mano a non smettere di sognare).
Scrivo perché vorrei vivere facendolo ma scriverò sempre perché non riesco a vivere senza farlo.
Scrivo perché, come da bambina, sono affascinata dal potere di questi segni magici che si trasformano in immagini, in pensieri, in storie. E, come da bambina, sogno di possedere quella magia che permette loro di prendere vita dentro la testa e nell’immaginazione di chi li legge.