Charles Dickens, prima edizione del canto di Natale, fonte The Japanstime
Ben ritrovati cari impasticcati e benvenuti nella pasticca natalizia dove parleremo per la seconda volta consecutiva nelle pasticche letterarie di Charles Dickens e del suo grande capolavoro: “Il Canto di Natale“. Nella pasticca dell’anno scorso, abbiamo affrontato soprattutto l’aspetto “umano” della storia. Soffermandoci anche sulla vita un pochetto disagiata dell’autore. Questa volta, invece ci soffermeremo di più, sull’aspetto della critica al contesto storico dell’epoca che lo stesso autore, rivanga in molti altri suoi romanzi ed anche in questo racconto breve, ma tanto tanto, apprezzato.
Dickens ed il Natale
” A Natale siamo tutti più buoni” “Merry Christmas” “Lieto Natale” sono tutti espressioni che dobbiamo proprio a Dickens e a quest’opera che raggiunse la sua fama mondiale proprio grazie al canto di Natale, che scrisse tra l’ottobre ed il dicembre del 1843 in piena crisi economico familiare. Infatti, Dickens era padre e capofamiglia di una famiglia numerosa, la moglie l’avrebbe mollato di li a poco, ed il suo ultimo successo Martin Chuzzlewit era stato un po’ flop anche perché in questo libro manca quello che ha sempre caratterizzato la letteratura di Charles Dickens: il senso del perdono.
Il senso del perdono
Ed è proprio il senso del perdono e forse la salvezza non solo del protagonista, Ebenizeer Scrooge, che viene proprio fuori ad ondate immense nel Canto di Natale. Redenzione di cui abbiamo ampiamente parlato nella pasticca natalizia dello scorso anno, dove appunto, abbiamo rivissuto le vicissitudini e gli incontri del protagonista da Jacob Marley ai tre spiriti che gli fanno visita alla vigilia di Natale e ne abbiamo assaporato proprio il cambiamento di Scrooge, proprio in merito a ciò che era, cioè che è (in quel periodo s’intende) e ciò che sarebbe potuto essere. Redenzione che non doveva solo essere un monito, rivolto al protagonista, ma proprio alla società vittoriana di quell’epoca che lo stesso Dickens stava vivendo.
La critica
Per Dickens il canto di Natale doveva entrare nel cuore degli inglesi, soprattutto di quella parte ricca che sembrava non vedere affatto ciò che stava accadendo fuori dalle loro ricchezze. I ricchi spesso voltavano la faccia e facevano finta di non vedere quello che stava accadendo fuori dal loro giardinetto incantato.
Fonte foto: Pinterest, Illustratore Anton Piek
Un libro che parla…
E proprio per questo motivo voglio riproporvi una citazione del libro. Scrooge è nell’ufficio, ed in quel momento entrano due persone che per Natale cercano di fare della carità per i più poveri, ma oltre a non dare neppure una lira esclama alla loro richiesta:
“Mi piace non essere seccato! Io non festeggio il Natale e non vedo per quale sorta di motivo dovrei far festeggiare dei perdigiorno. Contribuisco a mantenere le istituzioni che ho nominato, e chi se la passa male è lì che deve andare. Molti non ci possono andare. Bé, in verità molti preferirebbero morire, signore. Che lo facciano, allora. Così diminuisce la popolazione in eccesso! Buon pomeriggio, signori.
La seconda rivoluzione industriale e la povertà in aumento
Scrooge dice in modo brutale una cosa molto vera di quegli anni. Il boom economico aveva permesso il benestare a molto contadini di migrare dalla campagna a Londra, sovrappopolando al limite del possibile la città. Questo portò molto divario in quell’epoca, e la povertà aumento sempre di più. Le case popolari, erano zeppe di persone che non avevano neppure la possibilità di avere servizi igienici, e lo sfruttamento nelle fabbriche era davvero una piaga.
L’egoismo di quegli anni
Nella prima parte del romanzo che in tutta la sua narrazione mantiene comunque un tono cupo, macabro e gotico, anche il linguaggio rimanda all’egoismo delle persone durante quel periodo. Il non guardare il povero, il non provare ad aiutarlo, personificando l’avaro Scrooge con la popolazione dell’alta borghesia. Come già detto Londra in quel periodo accoglieva nelle sue strade tantissime gente, gran parte della società contadina, perché “sembrava” davvero ci fosse un’opportunità per tutti ed invece non era cosi.
Ma non finisce qui…
Ma che cosa a che fare Dickens con Dante? E che cosa rappresentano davvero i tre spiriti del Natale? Lo scopriremo nella pasticca della Vigilia, e che cosa ci insegna davvero Charles Dickens con questo piccolo grande capolavoro? Lo scopriremo nella pasticca della Vigilia!
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.