Bentornati miei cari impasticcati nella nostra rubrica letteraria! Oggi ci occuperemo di una nuova Pasticca Divina, in cui vi elencherò quali secondo me sono i canti di maggior rilevanza all’interno della Commedia più amata dagli Italiani: quella di Dante, che non fa mai ridere, ma se leggete le pasticche un po’ si.
Ed ecco a voi allora una top list dei cinque canti più significativi della Commedia di Durante.
Il viaggio nei tre regni
Ed eccomi qui, come una buona Virgilio a condurvi da brava Prof Pasticca, qui dove sentirete le grida di dolore delle anime disperate, vedrete poi coloro che sguazzano felici nelle loro pene perché sperano di poter raggiungere la beatitudine del Paradiso e, infine, ammirerete cosparsi da nuvole e miele le «beate genti» che godono della grazia, Graziella e grazie a Beatrice nella luce abbagliante del Paradiso.
Inferno – Canto III
Non abbiate paura impasticcati, la selva oscura l’abbiamo già superata, ci siamo lasciati alle spalle pure le tre fiere, il leone, la lupa e la lonza, abbiamo attraversato il limbo e finalmente siamo arrivati al terzo canto, all’ingresso del primo regno ultraterreno: l’Inferno degli ignavi, cioè coloro che essenzialmente non sapevano da che parte stare. Più o meno come noi, che non abbiamo idea con chi schierarci per le elezioni del 25 settembre. Ecco, pensate finiremmo tutti qui. Ma non sono soli, perché i pusillanimi ballano insieme ad alcuni angioletti detti anche «cattivo coro» degli angeli che nella lite tra Dio e Lucifero non presero assolutamente posizione. Siete di fronte a tutte quelle anime che, non volute né dall’Inferno, né dal Paradiso, sono invidiose di ogni altra destino praticamente. Gli eterni indecisi. Quelli che non sono ne carne ne pesce e neppure mari e monti.
La prima volta del Contrappasso
E’ proprio in questo canto che vediamo attuata la famosissima legge del contrappasso, ovvero la pena corrisponde per somiglianza o opposizione al peccato che la origina. Così i nostri cari ignavi sono costretti a correre eternamente dietro un’insegna, punti da vespe e mosconi, mentre il sangue e le lacrime che cadono a terra vengono raccolti da vermi e larve.
Inferno – Canto XXVI
Facciamo un bel salto superando amori peccaminosi e teste mozzate e arriviamo nell’ottava bolgia infernale dove vengono puniti i consiglieri fraudolenti.
Dopo una terribile invettiva contro la città di Firenze, sì perché Dante è buono e caro ma di certo non le manda a dire quando si tratta di signorotti che hanno guardato solo la loro poltroncina e non il ben pubblico. Ed ecco che i due poeti giungono sul ponticello che sovrasta l’ottava bolgia, dove scorgono tante fiammelle che illuminano il cielo come lucciole. Sapete chi sono quelle? Sono proprio loro le anime dei consiglieri di frodi e, se aguzzate la vista, potete vedere, come ha visto Dante, una fiamma biforcuta, fiamma che ospita le anime dannate di Ulisse e Diomede. Ma perché Ulisse si trova li? Perché spinto dall’accecante voglia di andare oltre i suoi limiti, oltrepassato le colonne d’Ercole ha portato a morte certa tutto il suo equipaggio.
Inferno – Canto XXXIII
Qui proprio Dante si è dato da fare. In questo cerchio infernale ci troviamo i traditori della patria e se siete deboli di cuore, non andate avanti, mentre se avete coraggio, continuate nella lettura. Ci troviamo precisamente nella ghiaccia del Cocito, nel nono cerchio, dove sono puniti, come ho già detto i traditori della patria e degli ospiti. Il poeta infatti, già a conclusione del precedente canto aveva scorto due dannati immersi in parte nel ghiaccio, uno dei quali addentava la nuca dell’altro. Sono il conte Ugolino della Gherardesca e l’arcivescovo Ruggieri di Pisa.
La storia del conte Ugolino
In foto: la morte dei nipoti e dei figlidi Ugolino, in un’illustrazione di Gustave Dorè. Immagine di Sailko, Pubblico Dominio Wikipedia
Questi due personaggi sono due figure storiche, legati alle vicende politiche, della città di Pisa: il conte di origine ghibellina, era alleato con i guelfi per interessi economici e di difesa dei suoi territori – ed è qui probabilmente che bisogna rintracciare il suo tradimento; suo avversario era l’arcivescovo della città. In seguito a una rivolta popolare, datata 1288, il conte venne infatti catturato e chiuso nella Torre della Muda con i suoi figli e nipoti. Secondo la versione raccontataci dal nostro Dante l’arcivescovo aveva tradito Ugolino, attirandolo nella sua ecclesiastica dimora con la promessa di un accordo e facendolo invece imprigionare. Il racconto di questo canto, quindi, si concentra sulla lunga e atroce morte del conte e dei figli nella torre. L’arcivescovo chiude Ugolino nella torre, che diventa la sua tomba e quella dei figli. Egli, inoltre racconta che per non morire di stenti, si è cibato della carne della sua prole.
Dopo aver commesso l’orribile gesto, Ugolino chiama per qualche giorno il nome dei figli a gran voce; ormai cieco e senza scampo, il Conte si lascia andare alla morte, che dice essere sopraggiunta non per dolore, ma per fame.
Purgatorio – Canto XVI
Il penultimo canto che analizzeremo rientra tra i canti più belli dell’opera non solo per la figura di Marco Lombardo, ma soprattutto per i temi che vengono affrontati in esso. Ovvero il libero arbitrio, la corruzione umana e la virtù. L’anima, infatti, spiega a Dante che, nonostante l’influenza degli astri sulle inclinazioni umane, l’uomo è libero. Marco Lombardo procede nel suo discorso spiegando che se la causa della corruzione universale è da cercarsi nell’uomo, la ragione prima di tale corruzione risiede nella confusione tra potere spirituale e potere temporale. Per Lombardo infatti:
“Un’anima cerca inevitabilmente il piacere, per questo le serve una guida; capite bene però che se la guida devia, devia anche chiunque la segua, in questo caso il genere umano.”
In questo caso la Chiesa, che per tutti dovrebbe essere guida ed esempio ha confuso i due poteri e offre agli uomini un terribile esempio di attaccamento alle cose materiali e terrene.
Ed ora, per l’ultimo canto, vi aspetto nella prossima ed ultima della rassegna dei migliori canti della Divina Commedia. Ovviamente dopo averti decantato le varie vicissitudini di Dante soprattutto negli inferi, che ne dite, se facciamo una capata in paradiso? Niente Spoiler però! Vi aspetto alla prossima Pasticca Divina.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.