Si conclude con questo analisi riguardante “Se questo è un uomo“ riguardante l’opera prima di Primo Levi nella rubrica “pasticche letterarie“. Una rubrica che da sempre cerca, attraverso l’ironia, di passare al lettore la voglia di soffermarsi sui grandi classici italiani. Stavolta, però l’ironia l’ho voluta mettere da parte per soffermarmi sull’importanza della memoria.
Il libro
Se dall’interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui.
Fonte foto: IBS
Un libro che per molti e soprattutto per la sottoscritta non è stato solo un semplice testo scolastico letto per documentare gli atroci avvenimenti svoltosi nei campi di sterminio nel periodo della seconda guerra mondiale, bensì molto, ma molto, di più. Quando leggi “Se questo è un uomo” già dalla poesia che apre l’incipit capisci che il male che alberga, in quelle parole è proporzionale a tutta la speranza che invece c’è dietro quelle pagine complicate.
Le ragioni del racconto
Come sappiamo, dopo la fine del secondo conflitto mondiale vengono pubblicate molte testimonianze e memorie di persone sopravvissute allo sterminio dei campi di concentramento nazisti. Tutti questi testi, hanno un valore documentario inestimabile. E’ quello che resta, insieme alle testimonianze orali per non dimenticare ciò che è stato l’Olocausto. Nella prefazione del suo libro, Levi ci dice che ciò che l’ha spinto a mettere per iscritto quello che è stato è stata la sua personale ricerca di una liberazione interiore, il bisogno impetuoso di raccontare la sua terribile esperienza.
La narrazione
Aushhwitz
Fonte foto: BBC
La narrazione del testo ha un carattere quasi disperso e frammentario. Nel senso che non c’è un vero e proprio ordine dei fatti, ma ciò non è che l’ulteriore conferma le veridicità dei fatti, in quanto i ricordi si compongono nella nostra mente per piccoli frammenti. Il testo viene narrato in prima persona, poiché l’autore parla di eventi che ha realmente vissuto e si identifica quindi sia con il protagonista che con “il personaggio”
La lettura psicologica dell’orrore
Una parte necessaria ed importante in questo libro sono i pensieri dell’autore, interpretazione di cio che gli accadeva attraverso la sua personale coscienza, le divagazioni su vari temi (pensiamo per esempio al capitolo dove parla del Ka Be, l’ospedale da campo, che gli ha dato la possibilità di viere una tregua dai giorni di lavoro) e le molte riflessioni sulla condizione umana dentro il lager. Levi descrive i processi psicologici suoi e degli altri deportati, che risultano molto importanti in una situazione così tremenda (spesso ci parla dei sogni ricorrenti che i deportati fanno).
L’umanità al primo posto
Levi mette proprio in primo piano “la vita” delle persone attraverso piccoli particolari, ci parla dell’umanità, dei loro nomi (altra questione fondamentale visto che nel campo erano considerati solo numeri) e delle loro azioni. Tutto questo ha (e aveva) lo scopo di dare una dimensione dignitosa e umana al cento per cento al racconto e di descrivere la progressiva perdita di questa umanità all’interno del lager per mano delle SS. Un passaggio che mi ha colpito molto è stato quello del deportato che si lavava ogni giorno, in condizione pietose e antigeniche pur di non perdere la sua dignità e non ridursi a bestia.
I temi del romanzo
Ovviamente, il tema principale del romanzo è la memoria. Il testo nasce come documento memoriale, ovvero una vera e propria trascrizione dei ricordi dell’autore, ma si pone anche come memoria collettiva, destinata a tramandarsi ai posteri. Caricandosi quindi di un ulteriore significato e di una funzione necessaria: bisogna ricordare ciò che è stato affinché l’orrore non si ripeta, sempre, non solo il 27 Gennaio.
Alla prossima pasticca lettori, e mi raccomando, non dimenticate!
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.