Fonte foto: ANSA.it
In epoca romana, come può esser spontaneo immaginare, non esistevano mappe stradali al pari di quelle odierne. Il sistema stradale del vastissimo Impero Romano, il quale comunque necessitava di indicazioni geografiche, si appoggiava quindi ai cosiddetti itinerarium. Tali itinerari consistevano in lunghi elenchi di località e stazioni poste lungo le strade, resi poi grafici tramite tratti di collegamento tra un luogo e l’altro, e mancando tuttavia di qualsiasi precisione topografica. Non esiste ancora alcun dato certo su quando l’amministrazione romana abbia dato il via alla compilazione di questi documenti, ma il primo esempio conosciuto risale al 44 a.C., sotto commissione di Giulio Cesare e Marco Antonio. Ad oggi, sono due i più importanti itinerari completi giunti fino a noi: l’Itinerarium Provinciarum Antonini Augusti, abbreviato ad Itinerario Antonino, e la Tabula Peutingeriana. Il primo, presumibilmente redatto nel III secolo d.C., è una mappa stradale, un registro di località e stazioni presenti sulle strade dell’Impero Romano, e che riporta le direzioni tra un insediamento e l’altro. La seconda, la Tabula Peutingeriana, è ciò che oggi si potrebbe forse definire una mappa del mondo: divisa in 11 pergamene e arrivata a noi grazie ad una copia del XII-XIII secolo, ma sconosciuto l’anno di compilazione originale, mostra approssimativamente 200.000 km di strade dell’Impero, oltre a rappresentazioni di città, mari, laghi, fiumi, foreste e catene montuose – nonostante non si tratti di una proiezione cartografica realistica e non avesse nemmeno l’intento di esserlo.
E se si esaminano con cura le pagine di questi documenti storici, si potrà ritrovare traccia di un’antica via: la via Catina-Thermae, collegamento extraurbano tra Catania e Termini Imerese, e una delle più importanti vie dell’epoca. E sono proprio 25 metri di questo tratto, una massicciata risalente ad epoca Tardo-Imperiale, ad essere stati rinvenuti dagli archeologi a Caltavuturo (PA) durante lo svolgimento di alcuni saggi archeologici preventivi, richiesti alla Snam Rete Gas dalla Soprintendenza dei Beni Culturali di Palermo in occasione della progettazione dei lavori di rifacimento del metanodotto di Gagliano-Termini Imerese.
Il ritrovamento di alcuni frammenti di ceramica farebbero risalire la strada ad un arco di tempo tra il II e III secolo d.C., ma non è l’unico motivo a rendere la scoperta così straordinaria: oltre ad essere il primo tratto ad oggi attestato di strada romana costruita in Sicilia, come affermato da Lina Bellanca, Soprintendente dei Beni Culturali di Palermo, e Rosa Maria Cucco, archeologa direttrice gli scavi, è inoltre coincidente e parallelo alla Strada Statale 120 dell’Etna e delle Madonie. Citando le parole della dott.ssa Bellanca, “Il tratto stradale romano, di cui si conserva solo la massicciata (statumen) sottostante il basolato, certamente divelto dai secolari lavori agricoli, corre infatti parallelo alla Strada Statale 120 e ad una quota di poco inferiore, confermando almeno tra il chilometro 36 e il chilometro 37 una corrispondenza tra le due strade prima d’ora solo ipotizzata dagli studiosi di Topografia Antica”.
Vie importanti, dunque, e all’epoca fondamentali sia per i corrieri della posta, sia per le derrate dirette al porto. Ma, spiega la dott.ssa Cucco in un’intervista all’AGI, “Non abbiamo attestati su stazioni di posta. Tuttavia, dopo mezza giornata di cammino a cavallo, è ipotizzabile che vi fossero le mutationes, ovvero stazioni per il cambio dei cavalli. La cosa straordinaria è che la viabilità romana in Sicilia è indiziata da ritrovamenti archeologici, ma in questo caso abbiamo una massicciata. Sopra questa massicciata, che doveva corrispondere a qualche struttura, c’era probabilmente un basolato, che però non appare. E al di sopra di gran parte del tracciato corre la SS120“. Altro dato interessanti per future riflessioni è la presenza, a nord-ovest dello scavo archeologico, della fattoria romana di Pagliuzza, insediamento anticamente servito dalla via Catina-Thermae e dove anni fa sono stati rinvenuti oltre 500 denari d’argento di età repubblicana, oggi esposti al Museo Civico di Caltavuturo.
“Siamo ancora una volta davanti a un rinvenimento importantissimo – asserisce Alberto Samonà, assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – che ci dimostra quanto enorme sia ancora il potenziale inesplorato, in termini di testimonianze storico-archeologiche, della Sicilia. Un ambito nel quale è necessario potenziare l’attività di ricerca e per il quale il Governo Regionale intende destinare maggiori risorse. La strada romana, emersa nel corso dei saggi di scavo, testimonia in maniera inequivocabile la fervida attività di comunicazione e commercio esistente tra le diverse aree della Sicilia sin dai tempi antichi, restituendoci un altro importante tassello della nostra storia”.
Ai microfoni del TGR Sicilia, Snam Rete Gas ha dichiarato che non intaccherà la salvaguardia dello scavo e che il tracciato del metanodotto sarà variato per consentire gli studi necessari nell’area. E i ricercatori sperano ora nella possibilità di finanziamenti pubblici o privati, per poter proseguire nella già difficile operazione di rinvenimento di altre antiche e cruciali arterie stradali. Le operazioni sono state seguite da Filippo Iannì e dirette da Rosa Maria Cucco della Sezione per i Beni Archeologici della Soprintendenza, sotto responsabilità di Maria Marrone.
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