MANN, nel museo di Napoli ha inizio il restauro dello straordinario mosaico di Alessandro Magno

Fonte dell’immagine: Pedicini Fotografi e MANN

 

Anatolia meridionale, Novembre del 333 a.C. Dopo la Battaglia del Granico dell’anno precedente, prima grande vittoria di Alessandro Magno contro l’Impero Persiano, il re macedone aveva invaso l’Asia Minore e si era poi diretto verso l’Anatolia, odierna Turchia. Dopo un’iniziale presa di spalle persiana ad Isso, dove Alessandro era acquartierato, l’attacco macedone riuscì a superare gli sbarramenti nemici, mettendo in fuga il sovrano Dario III e sconfiggendo un esercito quattro volte superiore. I caduti persiani furono oltre 110.000.

 

La celebre Battaglia di Isso rimase nella storia non solo per la sua importanza, ma anche per le straordinarie capacità belliche e strategiche messe in campo da Alessandro Magno. Una battaglia che, nel corso dei secoli, venne ritratta più volte da artisti di ogni dove; e di cui si è trovata memoria persino nell’Antica Pompei.

 

Il ritrovamento

 

Sepolta dalla tragica eruzione del 79 d.C., la Casa del Fauno fu una delle dimore più vaste nell’area e deve il suo nome ad una piccola statua in bronzo, raffigurante in realtà un satiro, ritrovata ancora integra al centro dell’impluvium, una grande vasca quadrangolare adibita alla raccolta di acqua piovana.

 

 

Casa del Fauno, Fonte dell’immagine: arteopereartisti.it

 

Con un’estensione di 2970 metri quadrati, l’edificio rivide la luce il 24 Ottobre 1831 e da allora ha continuato a donare al mondo odierno reperti di inestimabile valore e bellezza: decorazioni, gioielli e opere d’arte, tra cui, nella pavimentazione dell’atrio d’ingresso, un meraviglioso mosaico raffigurante Alessandro Magno e Dario III nella Battaglia di Isso. Ampia quasi sei metri e alta tre, l’opera è sorprendentemente sopravvissuta quasi intatta alle numerose vicissitudini del tempo e manca solamente di una sezione nel lato sinistro, che non intacca tuttavia la totalità della rappresentazione.

 

 

Realizzata in opus vermicolatum, una tipo di tecnica che prevede la disposizione asimmetrica delle tessere seguendo il contorno di un’immagine, il mosaico ritrae a sinistra Alessandro Magno in sella al suo cavallo Bucefalo, entrambi lanciati assieme al loro esercito contro i soldati nemici; a destra, invece, la figura dal volto angosciato di Dario III, mentre il fratello al suo fianco viene trafitto da una lancia e i suoi cavalieri si danno alla fuga. Non è chiaro il motivo per cui il proprietario della villa, senza dubbio una persona facoltosa, abbia scelto tale raffigurazione; tuttavia, considerate anche le diverse decorazioni di tipo ellenistico che caratterizzavano la sua dimora, si presume potesse avere origini macedoni.

 

Necessità di restauro

 

Il 1844 fu l’anno in cui mosaico venne disancorato dalla sua postazione originale e giunse per la prima volta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, originariamente denominato Real Museo Borbonico, dopo essere sopravvissuto ad un turbolento trasporto su di un carro trainato da sedici buoi che ne minacciò seriamente l’integrità. Nel 1916, in seguito ad un’iniziale collocazione a pavimento, l’opera venne posizionata a parete nelle sale museali dedicate ai mosaici – e lì vi è rimasta solenne fino ad oggi.

 

Ma dopo quasi duemila anni, il mosaico ha ora bisogno di cure.
Tenuto costantemente sotto osservazione dagli esperti, il milione e mezzo di tessere che compongono la Battaglia di Isso ha sviluppo nel tempo non pochi segni di deterioramento, tra cui lesioni superficiali, rigonfiamenti, distacchi, microfratture e abbassamenti della superficie. Le cause sono probabilmente da ritrovarsi sia nell’ossidazione dei supporti metallici dell’intelaiatura lignea che nel degrado naturale, ma anche nella posizione verticale e nel peso stesso dell’opera, il quale raggiunge addirittura le sette tonnellate.

 

Nel 2015, grazie alla collaborazione con il consorzio IPERION CH.it e l’istituto informatico CNR-ISTI di Pisa, gli studiosi hanno potuto analizzare i materiali costitutivi del mosaico, distinguendoli tra quelli originali e quelli applicati in epoca successiva, antica o moderna. Assieme all’Università del Molise e al CNR, si è successivamente proseguito nel 2018 con il rilievo in dettaglio del reperto tramite fotogrammetria ad alta risoluzione, una particolare tecnica che permette di acquisire dati metrici di forma e posizione di un determinato oggetto. Tutte le analisi effettuate, sia sull’opera che sul supporto, hanno quindi permesso di definire ed evidenziare le criticità visibili e non visibili, permettendo la realizzazione di un piano di restauro complesso ma strutturato e a cui si potrà ora dare effettivo inizio.

 

Diviso in due fasi, di due e quattro mesi ciascuna, il progetto partirà a Gennaio 2021 e terminerà a Luglio dello stesso anno. Le operazioni saranno supervisionate dall’Istituto Centrale per il Restauro (ICR), mentre le attività diagnostiche sono promosse in rete con l’Università del Molise (UNIMOL) ed il Center for Research on Archaeometry and Conservation Science (CRACS). TIM ha invece fornito gli smart glass, una tecnologia che permetterà ai restauratori di vedere e operare sulle tessere con precisione millimetrica anche quando coperte dal tavolato di protezione.

 

Visibilmente, e comprensibilmente, entusiasta anche Paolo Giulierini, direttore del MANN, il quale conferma come questo “Sarà un restauro grandioso, che si compirà sotto gli occhi del mondo. Un viaggio entusiasmante lungo sette mesi ci attende: dopo il minuzioso lavoro preparatorio, studiosi ed esperti si prenderanno cura con le tecniche più avanzate del nostro iconico capolavoro pompeiano. La tecnologia e le piattaforme digitali ci consentiranno di seguire le delicatissime operazioni, passo dopo passo, in una sorta di “cantiere trasparente”, come mai accaduto prima. Per realizzare un’operazione così ambiziosa e complessa è stata attivata dal MANN una rete di collaborazioni scientifiche e di partnership di grande prestigio”.

 

Un motivo in più, dunque, per attendere con trepidazione i mesi estivi.