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Ci troviamo a Vigevano, in provincia di Pavia. Proprio qui, precisamente dal 1981, il Palio delle Contrade è diventata tradizione. A far da cornice anche la meravigliosa Piazza Ducale, una delle piazze più belle d’Europa. L’idea di questa usanza fu di don Stefano Cerri, allora parroco della Chiesa di San Pietro Martire. Il suo intento era quello di proporre qualcosa che potesse portare vita nella cittadina lomellina, proprio durante la festa patronale. Il Palio ha infatti luogo in ottobre, quando cioè ricorre la feste del Beato Matteo. Grazie a questa usanza i visitatori poterono anche ammirare una parte del Castello Sforzesco, un monumento meraviglioso che fino ad allora non era però accessibile.
Una tradizione in abiti medievali
Ma in cosa consiste questa tradizione? Ognuna delle contrade di Vigevano partecipano con tre concorrenti: due ragazzi e una ragazza. I primi sostengono una portantina dove vi è seduta la dama, e la trasportano nel più breve tempo possibile lungo un percorso ad ostacoli che da via Carrobbio fino ad arrivare in Piazza Beato Matteo. Seguono poi sfilate e coreografie, il tutto in abiti d’epoca medievale. Questo per far sì che chi vi partecipa venga catapultato nel XV secolo, periodo in cui il Beato Matteo percorreva queste strade.
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Nel 1993 iniziò inoltre ad esserci anche l’appuntamento di maggio, con la suggestiva cerimonia del giuramento del Castellano. Questo per far conoscere a tutti i retroscena e la ricerca storico-documentaria che vi sono dietro il Palio. Questa iniziativa ebbe un successo talmente grande da permettere l’apertura del Castello anche in periodo primaverile. Anche grazie all’allegria di giocolieri, giullari, cantastorie e arcieri, i quali contribuiscono attivamente in questa festa ricca di colori e gioia.
Una vera e propria tradizione che si protrae da decenni, quindi. Amata da tutti i vigevanesi, è un’ottima occasione per raccontare a tutti i visitatori le loro tradizioni e le usanze. E per far conoscere anche ogni singola bellezza artistica e storica di Vigevano.
Sono quella che in prima elementare si annoiava mentre la maestra spiegava le lettere dell’alfabeto ai suoi compagni di classe, perché le conosceva già da almeno un anno. Sin da quei tempi, durante i temi in classe sarei stata capace di riempire con pensieri e parole dieci fogli protocollo. Scrivere per me è un’esigenza, la mia costante, una delle poche cose che mi fanno realmente sentire giusta in questo mondo, insieme alla gentilezza e ai miei sorrisi. Trentatré anni, diplomata come tecnico dei servizi sociali e qualificata assistente di studio odontoiatrico, ho cambiato diverse volte strada, ma il bisogno di scrivere mi ha sempre seguito come se fosse la mia ombra.