Elsa Morante: la narratrice più importante del secondo dopoguerra

Elsa Morante nasce a Roma il 18 Agosto del 1912, in un quartiere popolare e subito dopo il liceo sceglie di vivere da sola. A causa di questa scelta si trova ad affrontare problemi economici a fronte dei quali non riesce a portare a termini gli studi presso la facoltà di Lettere. Si mantiene redigendo tesi di laurea, dando ripetizioni di latino e scrivendo per giornali e riviste.

 

È il suo talento che la porta in modo naturale a diventare la scrittrice che conosciamo e che anche se ancora acerbo si presenta già da ragazza, nella prima fare della sua vita, quando scrive fiabe e poesie. Deve essere questo il momento in cui il suo stile assume quella dimensione di narrazione poetica, che caratterizza ogni suo romanzo. Quel pezzo del suo vissuto che quando diventa scrittrice affermata la porta ad essere definita una misteriosa generatrice di incanti, strana ed estranea a qualunque tradizione della sua contemporaneità. Stranezza ed estraneità dettate dal fatto che, nonostante scriva nel dopoguerra, Elsa non si sottomette al realismo mantenendo sempre nei suoi romanzi l’alone del fantastico.

 

Dalle sue fiabe non è solo lo stile a farsi notare, lo è anche il contenuto che senza mezzi termini lascia capire come negli interessi della scrittrice ci siano: i bambini, i più deboli, gli emarginati e le persone schiacciate dal peso della vita e degli eventi. Tutti temi che si ritrovano in una delle sue fiabe emblema dove oltre a scrivere i testi Elsa realizza anche le illustrazioni Caterina la trecciolina.

 

Il suo osservare è sensibile all’interpretazione dei sentimenti dove il fuoco della passione, alimentato dall’infantilismo, viene sapientemente stemperato dalla maestria nello stile. Per Elsa sono proprio le pulsioni quasi infantili il vero motore della felicità e della natura delle persone. La scrittrice viene premiata già a partire dal suo primo romanzo Menzogna e Sortilegio dato alle stampe nel 1948, con il quale nello stesso anno vince il concorso letterario Premio Viareggio; a pari merito con Aldo Palazzeschi.

 

Inizialmente il nome del manoscritto è Storia di mia nonna e racchiude tutte le caratteristiche delle opere di Elsa: ispirazione al romanzo ottocentesco (sia francese che russo), analisi psicologica dei personaggi e la volontà di inserire il romanzo in un contesto storico differente da quello in cui l’autrice vive. Ancora un elemento, quello che Elsa inserisce già nelle fiabe: l’infantilismo nella ricerca del piacere. La struttura è quella del romanzo d’appendice. La storia si svolge in una Sicilia senza tempo dove Elisa, la narratrice, racconta le vicende della sua famiglia. Qui nobiltà e contadini coesistono: la nobiltà tiranna e narcisista trova la sua naturale dimora nel personaggio di Edoardo, ma dove tutti i personaggi sembrano non saper resistere all’autodistruzione. Ne è l’emblema la storia d’amore fra Anna e Edoardo: i due cugini, ormai adulti che si incontrano davanti ad una cioccolateria in una giornata di neve. A seguito di questo incontro nasce una passione travolgente e amara, fatta di umiliazioni e tortura che il capriccioso Edoardo riserva per la sua Anna. Solo alla fine umanità, amicizia e sentimento si incontrano racchiusi nella poesia finale, dove Elisa allineata alla perfezione con la personalità dell’autrice, si rivolge al suo gatto. Alvaro è l’unico essere vivente che le tiene compagnia sono per lui le parole più dolci di tutto il romanzo, ecco qui gli ultimi versi:

 

Le confidenze invidiate
imprigioni tu, come spada di Damasco le storie d’oro
in velluto zebrato. Segreti di fiere
non si dicono a donne. Chiudi gli occhi e cantami
lusinghe lusinghe coi tuoi sospiri ronzanti,
ape mia, fila i tuoi mieli.
Si ripiega la memoria ombrosa
d’ogni domanda io voglio riposarmi.
L’allegria d’averti amico
basta al cuore. E di mie fole e stragi
coi tuoi baci, coi tuoi dolci lamenti,
tu mi consoli,
o gatto mio!

 

In questo romanzo troviamo davvero Elsa in tutte le sue sfaccettature. Elsa scrive il romanzo mentre si trova nella città di Fondo, lei è in una stanza che scrive e nella stanza di fianco alla sua scrive il marito Alberto Moravia (sposato nel 1941), con il quale però vive un amore turbolento a causa delle differenze fra i due.

 

La sua carriera di scrittrice è in costante ascesa e nel 1957 è la prima donna a vincere il Premio Strega, lo vince con il romanzo L’isola di Arturo. Il protagonista è un ragazzo cresciuto senza la presenza femminile che si innamora quando in età adulta la matrigna arriva sull’isola. Dopo il suo rifiuto Arturo decide di arruolarsi per andare il più lontano possibile dall’isola. I successi proseguono e nel 1974 vede la luce La Storia, romanzo che letteralmente spopola diventando un caso letterario.

 

Acclamata e premiata scrittrice Elsa Morante è anche una stella che fa brillare il mondo del cinema. Possiamo dire che ha attraversato l’esperienza cinematografica come una cometa, aiutando attori e attrici, registi, sceneggiatori, ma quasi sempre mantenendo l’anonimato. L’esempio più eclatante sono i nove anni (dal 1961 al 1970) in cui collabora con Pasolini, per il quale i consigli di Elsa sono essenziali ma per i quali lei non pretende alcun riconoscimento. Siamo nel 1968 quando ancora una volta Elsa lascia parlare i gatti al suo posto, questa volta sono le parole della canzone d’amore che fa da sottofondo all’incontro fra Romeo e Giulietta nel film diretto da Franco Zeffirelli.

 

 

Nei titoli si legge: composta da Nino Rota scritta da Peppino Caruso (il nome del gatto di Elsa).

 

Nel 1979 scopre di essere affetta da una malattia degenerativa e  nel 1983 tenta il suicidio. Muore due anni dopo d’infarto in una clinica. Il suo caso porta all’attenzione mediatica il problema dell’abbandono delle persone anziane nelle case di riposo, dove spesso i costi sono superiori alla possibilità di farvi fronte degli assistiti. Questa lotta non viene intrapresa dall’autrice, ma dall’ex marito Alberto Moravia, dal quale la scrittirice si era separata nell’ormai lontano 1962. Infatti Elsa nel tentativo di farcela da sola, così come ha sempre fatto, cede i diritti per la realizzazione di una miniserie, ispirata al suo romanzo La Storia, nel tentativo di sostenere le spese mediche.