Giacinto Gigante abdicò da questa vita terrena il 29 settembre 1876, a Napoli, proprio nel quartiere divenuto il soggetto principale delle sue prime opere pittoriche, Posillipo. Sarà un segno del destino, forse un caso. Sta di fatto che al nome del pittore italiano napoletano è legato indissolubilmente il quartiere di Napoli che dalla collina arriva fino al mare e separa il golfo di Napoli da quello di Pozzuoli.
Fonte foto: it.wikipedia.org
Chi era Giacinto Gigante?
Pittore, incisore e docente italiano, l’artista napoletano è ricordato principalmente per le sue opere riguardanti paesaggi e vedute, ma soprattutto per aver dato un nuovo impulso alla cosiddetta Scuola di Posillipo, di cui è stato massimo esponente.
Dopo aver ricevuto i primi insegnamenti pittorici dal padre Gaetano, illustre frescante napoletano, frequentò diversi studi artistici, fra cui quello del pittore svizzero Huber, dove apprese l’uso dell’acquerello e della camera ottica.
Iniziò la sua carriera da giovanissimo, eseguendo soprattutto paesaggi e ritratti. La sua prima opera risale al 1818, quando il pittore aveva solo dodici anni, e si intitola Vecchio pescatore seduto. Sulla tela, oltre alla firma, troviamo una scritta suggestiva, che racchiude tutto l’entusiasmo di un ragazzino che approcciava per la prima volta alla sua passione: «Questo marinaio fu la prima figura che io feci dal vivo nel 1818».
Fonte foto: artvee.com
Nel 1820, appena quindicenne, trovò impiego presso il Real Ufficio Topografico di Napoli, dove ebbe l’opportunità di approfondire la tecnica della litografia, largamente utilizzata negli anni successivi (Marina grande di Capri, Napoli, Museo di Capodimonte).
Nel 1822, dopo la partenza di Huber da Napoli, Giacinto Gigante riuscì ad entrare nella scuola di Sminck van Pitloo a Vico del Vasto, dove apprese altre tecniche pittore. Fu proprio qui che eseguì il suo primo dipinto ad olio (Il lago di Lucrino, 1824, Napoli, Museo di San Martino).
L’esperienza nella scuola del pittore olandese Anton Sminck van Pitloo non fu solo decisiva per consolidare le sue capacità artistiche, ma fu anche punto di incontro con coloro che avrebbero costituito, negli anni a venire, il nucleo centrale della Scuola di Posillipo: Duclère, Carelli e Smargiassi.
Giacinto Gigante non si limitò a realizzare esclusivamente soggetti paesaggistici campani, ma si allargò anche verso nuovi orizzonti; le vedute e i paesaggi romani, ad esempio, costituirono una costante della sua produzione a partire dal 1926, quando si trasferì nella capitale per frequentare lo studio di Wolfenberger.
Ma è sicuramente l’incontro con Sil’vestr Feodosievič Ščedrin a segnare un punto di svolta nella sua carriera: grazie al pittore russo, infatti, Giacinto Gigante ebbe la possibilità di entrare in contatto con l’ambasciata russa e gli aristocratici di passaggio a Napoli, divenendo uno dei loro artisti preferiti a partire dal 1830.
Nel 1846, inoltre, gli furono commissionati dei lavori particolari e di grande portata: lo Zar Nicola I, ad esempio, lo inviò in Sicilia come maestro di disegno della Zarina Alessandra; fu proprio in questi anni che il pittore napoletano fu consacrato come uno dei maggiori artisti della sua epoca.
Dagli inizi degli anni Sessanta e fino alla morte, sopraggiunta nel 1876, si concentrò sulla pittura di interni, prediligendo chiese e conventi; ricordiamo, in tal senso, opere quali Interno di San Giovanni a Carbonara e Interno di Donnaregina, conservati a Napoli nel Museo di San Martino; oppure Cappella del tesoro di San Gennaro, 1863, conservato sempre nel capoluogo campano nel Museo di Capodimonte.
Da bambina leggevo i fumetti di Dylan Dog, poi – senza nemmeno accorgermene – sono entrata nel vortice dei grandi classici e non ne sono più uscita. Leggo in continuazione, in qualsiasi momento, e se non leggo scrivo. Scrivo per riempire gli spazi bianchi e vuoti della mente, ma anche perché è l’unica cosa che mi fa sentire viva. Cosa voglio diventare da grande? Facile: una giornalista.