4 marzo 1943 è la vera data di nascita di Lucio Dalla ma questo sarebbe l’unico dato autobiografico contenuto nella canzone presentata al Sanremo 1971 dal cantautore in coppia con la Nuova Equipe 84. Tra le più belle canzoni italiane di tutti i tempi, è stata scritta da Dalla con Paola Pallottino, figlia del noto etruscologo e docente di Storia dell’Illustrazione al Dams di Bologna.
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Tre versioni per una canzone
La canzone originale si intitolava Gesù Bambino ma per consentire il passaggio in Rai si dovettero cambiare oltre al titolo anche alcuni versi. Dalla racconta che la canzone nacque di getto durante una vacanza che aveva fatto in Puglia insieme alla Pallottino. Non era la tipica canzone sanremese ma Dalla volle portarla su quel palco a tutti i costi, accettando persino la censura. Quindi vi è poi la versione edulcorata proposta a Sanremo. Per finire vi è la versione presentata e incisa durante il tour Banana Republic. Il pezzo ha il sapore della ballata proposta da un cantastorie. Dalla sosteneva che fosse l’unica tra le sue canzoni che avesse il potere di commuoverlo quando la cantava, anche a distanza di tanti anni.
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GESU’ BAMBINO vs [4 MARZO 1943]
Dice che era un bell’uomo
e veniva, veniva dal mare
parlava un’altra lingua,
però sapeva amare;
E quel giorno lui prese mia madre
sopra un bel prato:
l’ora più dolce
prima di essere ammazzato.
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Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto,
con l’unico vestito
ogni giorno più corto,
e benché non sapesse il nome
e neppure il paese
mi riconobbe subito (alternativa: mi aspettò come un dono d’amore)
proprio all’ultimo mese (alternative: fino dal primo mese/fino all’ultimo mese)
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Compiva sedici anni quel giorno
la mia mamma,
le strofe di taverna
le cantò a ninna nanna!
E stringendomi al petto che sapeva
sapeva di mare
giocava alla Madonna (giocava a far la donna)
con il bimbo da fasciare.
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E forse fu per gioco,
o forse per amore
che mi volle chiamare
come nostro Signore.
Della sua breve vita, il ricordo,
il ricordo più grosso
è tutto in questo nome
che io mi porto addosso.
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E ancora adesso mentre bestemmio (che gioco a carte)
e bevo vino
per i ladri e le signore (per i ladri e le puttane/ per la gente del porto)
sono Gesù bambino. (mi chiamo Gesù Bambino/io sono Gesù Bambino)
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Significato del testo
Nelle intenzioni di Paola Pallottino questa canzone doveva essere un omaggio a Lucio Dalla ed ai bambini cresciuti senza padre. Lucio, infatti, aveva perso il padre a sette anni. Scrivendolo, però, si sono ritrovati a raccontare dell’assenza della madre. Il testo parla di una ragazza che rimane incinta di un soldato alleato. Un uomo che non parlava nemmeno la sua lingua e del quale non sapeva nulla, nemmeno il nome. La ragazza ha sedici anni e, poiché il soldato morirà quasi subito in guerra, si trova a dover crescere il figlio da sola ma, non per molto. Anche lei morirà molto giovane lasciando il bambino completamente solo. O forse no, attorno a lui la gente del porto, compresi ladri e puttane, saranno la sua famiglia e continueranno a chiamarlo Gesù Bambino anche una volta cresciuto.
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La canzone all’estero
Nel 71 Dalidà ne interpretò la versione francese di Pierre Delanoe.
Chico Buarque de Hollanda ne fece la versione in portoghese più famosa, dopo averla memorizzata a orecchio, ascoltando Lucio Dalla. Il titolo di quella versione era Minha Historia.
Una bella versione è anche quella di Maria Bethania.
Il tema musicale era molto semplice, l’andamento folk che sembra richiamare quello di Piazza Grande ben si adatta ai ritmi dei paesi latini nel quale la canzone ha riscosso molto successo.
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Il primo marzo scorso sono trascorsi esattamente undici anni da quando un infarto rubò al mondo Lucio Dalla in un albergo di Montreux, la città del jazz nella quale si era esibito la sera prima. Il quattro marzo invece avrebbe compiuto ottanta anni e la sua Bologna è pronta a festeggiarlo in grande stile con gli eventi musicali, sportivi, editoriali previsti nell’ambito di Lucio Ottanta.
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Che dire ancora? Il grande Lucio sono sicura che ancora canta le sue canzoni dov’è ora e sarà felice di vedere che nessuno si è dimenticato di lui.
Monica Giovanna Binotto è un nome lungo e ingombrante ma è il mio da 57 anni e ormai mi ci sono affezionata. Ho sempre amato leggere. Fin da bambina. E anche scrivere, ma senza mai crederci veramente. Questo mi ha aiutato negli studi. Ho una laurea in Economia e Commercio e una in Psicologia dello Sviluppo. Da cinque anni faccio parte di un gruppo di lettrici a voce alta, le VerbaManent, con il quale facciamo reading su tematiche importanti sempre inquadrate da un’ottica femminile e mi occupo di fare ricerche e di scrivere e assemblare i copioni. Negli ultimi due anni, per colpa o merito di questa brutta pandemia che ci ha costretti in casa per lunghi periodi, ho partecipato a diverse gare di racconti su varie pagine Facebook e mi sto divertendo tantissimo anche perché ho conosciuto tante belle persone che condividono i miei stessi interessi.