L’arte senza schemi: Lucio Dalla

Lucio Dalla è sempre stato identificato con Bologna, la sua città natale, tanto da diventarne un simbolo al pari delle due Torri o dei tortellini. Ciò è in realtà molto riduttivo, perché il cantautore bolognese è forse l’unico esempio italiano di trasformismo musicale, talmente poliedrico da rendere difficile una sua categorizzazione con un genere che può – semmai – avvenire dividendo la sua produzione artistica in fasi. Buffo, tozzo, solare, frizzante e ironico. Estremamente curioso ed esploratore, specie del sud Italia che amava follemente.

Ma chi era Lucio Dalla? Ripercorriamo alcune tappe della sua carriera.

Inizia a suonare da piccolissimo, quando gli viene regalato un clarinetto. Negli anni ’60 si esibisce con un gruppo Jazz; successivamente subisce notevoli sconfitte artistiche. Il pubblico ancora non lo capiva. All’inizio degli anni ’70 arriva uno dei suoi capolavori a Sanremo; partecipa al Festival con 4 Marzo 1943, canzone che riscuote molto successo nonostante le censure applicate al testo (che inizialmente doveva chiamarsi Gesù bambino). Nel primo album di successo Storie di casa mia, Dalla non è ancora un cantautore, si occupa solo della musica. Successiva a questo periodo, in cui il cantante inizia a farsi conoscere per la profondità dei testi, è Piazza Grande. La canzone è ancor oggi un classico della musica italiana e descrive la vita di un senzatetto realmente esistito, a cui resta come rifugio e casa solo la sua piazza.

I testi di Dalla non sono solo evocativi e poetici, ma pezzi di denuncia sociale. Esempi di quel periodo sono Il gigante e la bambina che tratta il tema della pedofilia, e Itaca, che narra di un dialogo tra marinaio e capitano simboleggiando il conflitto tra proletariato e industriali.

Nel 1977 arriva al grande pubblico scrivendo Com’è profondo il mare, altro brano in cui si scaglia contro il potere e difende la libertà di espressione e di pensiero. Sulla scia di questa fama, dopo soli due anni Dalla crea un altro magico pezzo descrivendo la storia di due semplici giovani che s’incontrano e s’innamorano: Anna e Marco. A fine anni ’70 esce L’anno che verrà; il clima politico a Bologna negli anni della contestazione studentesca è accesissimo. E Lucio non arresta la sua produzione artistica. La sua via d’Azeglio, è ancor oggi illuminata con le frasi della canzone uscita nel 1980, Futura. Il brano appare molto contemporaneo; narrando il periodo della guerra fredda e la divisione della Germania in Est ed Ovest. Tra tutte le contraddizioni emerse dal conflitto, Dalla ripone le sue speranze in questa figlia che ancora deve nascere. Lasciando ai “posteri” il potere di cambiare il proprio destino.

Il pregio dell’artista era di cibarsi di spunti, ispirazioni, attimi, come solo un genio della musica può fare. E forse per il suo stretto legame con il luogo natìo, egli sentiva spesso l’esigenza di allontanarvisi. Di viaggiare. Soggiornava spesso in Sicilia, alle Isole Tremiti. Mi piace immaginarlo mentre passeggiava osservando il mare infrangersi sugli scogli, respirando la brezza col cappello e la sigaretta d’accendere.

Le collaborazioni artistiche durante la carriera sono state innumerevoli e internazionali; questo anche perché Lucio sapeva adattare la propria vocalità e musica, maneggiandola sapientemente e trattandola come si fa con l’amata. Passeggiare nella via di casa sua, divenuta in parte una Fondazione, resta un momento di grande fascino ed emozione. Perché se il Lucio artista stupiva, il Lucio uomo conquistava con la voglia di spendersi per gli altri, per gli ultimi.

Vorrei concludere con le parole della poetessa Alda Merini, con la quale aveva instaurato una grande amicizia, che lo ricordò così in una lirica:

Eppure le tue canzoni hanno marchiato l’intero universo.