Scopriamo insieme “Puccetto” questo interessante artista pugliese, che dipingeva per sanare la propria anima da un’infanzia difficile.
Antonio Rocco D’Aversa, in arte Puccetto nasce a Tricase, in provincia di Lecce, il 20 ottobre 1957 conosciuto da tutti come il pittore casellante che creava, nel suo studio accanto al passaggio a livello, gettando e modellando i colori con le mani, mentre passavano i treni alla fermata 34.228 delle Ferrovie del Sud Est.
Un uomo dalla doppia anima, casellante della fermata 34 Tutino-Tricase delle ferrovie Sud Est, ed artista notevole dall’indole avanguardista. Si riteneva semplicemente un “imbratta tele” anche se diversi critici e professori universitari scorgevano in lui una profonda capacità artistica.
Puccetto era un uomo umile che non amava definirsi un pittore, perché mancava di un’istruzione storico-artistica, si sentiva piuttosto, un istintivo, vedeva nell’arte la cura alla propria interiorità.
Soprannominato appunto “il Pollock del Salento” per la sua maniera gestuale di fare arte, fu accostato all’inventore del dripping e simbolo dell’action painting, Jackson Pollock, nonostante Puccetto non sapesse niente né di lui né dell’arte moderna, lui aveva bisogno solo di buttare vernice su un pezzo di stoffa.
“È un artista istintivo, dal passato difficile che ha trovato la sua libertà ai bordi di un binario.”
Fonte foto: Bari- La Repubblica
Alcune tele dell’artista sono state esposte in diverse occasioni a Bologna, Fiuggi, Bari e Bassano del Grappa. Nella sua vita Puccetto non si è dedicato solo alla pittura ma anche alla scrittura di poesie e monologhi. Si è anche esibito in diversi teatri della provincia di Lecce ed in luoghi evocativi come l’ex manicomio di Lecce o la Sala del Trono del Castello dei Gallone di Tricase. Appresa la notizia della sua morte, i social sono stati inondati di messaggi di affetto e stima nei suoi confronti. La sua ultima personale risale al 2009, nel Castello Carlo V di Lecce. Ma Puccetto non ha mai gradito la fama, preferiva rimanere sempre in disparte, così com’è cresciuto, pur apprezzando i complimenti che riceveva.
Segue una delle sue poesie:
“La mia pelle è una terra
il mio corpo un sentiero senza destino
la mia vita è un errore
la mia mano una radice disposta sull’orizzonte
l’odio è una bocca piena di sabbia
la mia pelle rubata al tempo
nel pozzo profondo esistono immagini e
un grido che nessuno ascolta
lo sono affascinato dal pozzo poiché è là che
le mie grida mi abbandonano
il mio corpo è blu e non riflesso di luce
lo sono un secolo di silenzio e di argilla
un campo tracciato dalla notte
il mio corpo è un incendio.”
La concezione dell’arte come istinto primordiale
Gli è stato spesso parlato del cubismo, del Kandinskij, ma Puccetto non conosceva le scuole pittoriche degli ultimi decenni. Come lui stesso afferma “Ho la terza elementare e non so niente di tutte queste cose qua”. Non accettava compromessi, spesso sfuggiva a gallerie e mercanti perché aveva il timore di perdere la sua spontaneità, la sua innata creatività.
Fonte foto: Quotidiano di Puglia
Puccetto ha iniziato a buttar colore, di qualsiasi natura e consistenza, su vecchie lenzuola, utilizzando le mani. I suoi quadri sono dipinti con le dita che colano, in un vorticoso ciclo di linee e strappi, in una sorta di tela di ragno imperfetta. L’artista sentiva la pittura come un istinto primordiale, una liberazione. Un continuo approcciarsi a sé e alla pittura attraverso gli istanti della vita, trasformando i codici della sua esistenza in un fluire di colori, gli “spruzzi dell’anima”.
Fonte foto: Bari- La Repubblica
Dipingere per sanare le ferite dell’infanzia
Puccetto ha cominciato a dipingere per un’urgenza esistenziale che nasceva dalle ferite dell’infanzia. Dipingeva facendo affiorare i dolori e le fratture della vita, perché la pittura gli restituiva benessere, e quando sulla superficie delle tavole accumulava la polvere del tempo, i lavori arrivavano a identificarsi anche con il paesaggio forse perché dominati dall’energia della materia. Nel 2003 divenne famoso grazie al film Italian Sud Est, del collettivo Fluid Video Crew, che girò una docufiction sul percorso delle Ferrovie Sud Est attorno ai protagonisti dei luoghi attraversati dai binari.
Studentessa di Didattica e Mediazione culturale del patrimonio artistico. Amante della musica, teatro, della danza, dell’arte in ogni sua manifestazione, appassionata di Monet, Klimt- Secessione viennese ed arte contemporanea orientale.