Quando, nel 1874, fu allestita nello studio del fotografo Nadar la prima mostra del gruppo dei pittori impressionisti, l’unica donna a essere invitata a partecipare è stata Berthe Morisot (1841-1895), la quale espose un unico quadro: ”La culla”. In quell’occasione Edouard Manet (1832-1883) non volle partecipare perché ambiva a essere presente al Salon d’Automne, sconsigliando invano anche a Berthe di partecipare a quel simposio che avrebbe poi però sancito la nascita ufficiale del movimento Impressionista.
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La conoscenza tra i due risaliva al 1868, quando si incontrarono al Louvre dove Berthe e la sorella si esercitavano nell’arte pittorica copiando un quadro di Rubens.
Manet fu subito affascinato dai modi garbati di quella ragazza riservata, che parlava sottovoce ma che possedeva un talento innato per la pittura e il coraggio di sperimentare i principi di quella nuova filosofia artistica che predicava la libertà di descrivere il mondo naturale così come lo si poteva interpretare dipingendo en plein air, all’aria aperta, senza tema delle critiche accademiche.
La modella preferita
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La Morisot proveniva da una famiglia di artisti (era nipote del celebre pittore Jean-Honorè Fragonard), che ha incoraggiato le tre figlie a coltivare le loro attitudini e le frequentazioni in ambiti creativi. La stirpe Manet era invece fortemente condizionata dall’austerità del padre, fatto che obbligò Edouard a sposare la sua insegnante di pianoforte, Suzanne Leenhorff, solo dopo la morte del genitore.
L’incontro tra Berthe e Edouard risultò folgorante. Lui la elesse a sua musa e modella preferita, ritraendola in ben undici quadri (tra i più noti: Il balcone, Berthe Morisot con il ventaglio e Berthe Morisot con un mazzo di violette ). Lei, così diversa dall’algida moglie olandese, appassionata pittrice che amava quella nuova espressione artistica a contatto con la natura e con le cose semplici del mondo circostante, fu affascinata da quell’uomo nel quale vedeva non solo un mentore ma anche il paladino del nascente corso stilistico nonostante le difficoltà e i pregiudizi.
Tra loro nacque uno stretto sodalizio che si concluse solo con il matrimonio di Berthe con il fratello di Edouard, Eugéne Manet.
Dopo il matrimonio la loro dimora diventò punto di incontro per artisti e intellettuali, tra cui Émile Zola e Stephane Mallarmè (a cui addirittura affidò la figlia Julie dopo la sua morte).
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.