natura morta

La natura morta nella storia dell’arte

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Il genere definito “natura morta” ha origini relativamente recenti nella storiografia dell’arte: risale, infatti, agli inizi del XVII secolo e si riferisce a quelle opere pittoriche che ritraggono oggetti comuni come utensili, mobilia, conchiglie, cacciagione, fiori, frutta o altro.

Una lunghissima tradizione

Già nelle tombe dell’antico Egitto troviamo bassorilievi con raffigurazioni di cibarie e oggetti; ma anche in alcuni mosaici a pavimento e in affreschi del secondo e terzo secolo a.C. compaiono raffigurati resti di cibo o altri manufatti, emblemi forse gli uni del culto dei morti, a cui veniva dedicato il cibo caduto dalla tavola, e gli altri come  rappresentazioni delle possibilità concrete della casa.

Dopo di allora è solo nel medioevo che ritroviamo la riproduzione di soggetti inanimati, soprattutto nelle miniature di libri o in immagini intarsiate, che assumono qui una funzione simbolica: gli oggetti rappresentati pittoricamente sono interpretati a guisa di monito morale, elementi allegorici della caducità della vita (come teschi e fiori appassiti), ma anche esaltazione della timorata sapienza  (testi sacri, strumenti o spartiti musicali) o a esortazione della vacuità della umana “vanitas”.

La concezione “moderna”

Nel ‘500 e nel ‘600 si assiste, specialmente nella pittura fiamminga e nella realizzazione di tarsie lignee, a una crescente attenzione verso le atmosfere create da insiemi di elementi naturali e oggetti che vengono raffigurati per creare un equilibrio pittorico e formale, senza altri legami allegorici. È allora che il genere si consolida nelle tematiche rappresentative, sia pur considerato minore, rispetto alla ritrattistica o alle rappresentazioni paesaggistiche o storiche. Ricordiamo, per esempio, la celebre “canestra di frutta” di Caravaggio ( 1571-1610), le tavole  a tema di Rembrandt (1606-1669) o le bellissime composizioni con strumenti musicali di Evasio Baschenis  (1617-1677).

È però solo durante il diciannovesimo secolo che, in tutta Europa, la natura morta viene equiparata come valore e importanza ad altri soggetti nel campo rappresentativo e molti autori vi si cimentano. Con la rivoluzione impressionista poi, il genere, insieme al paesaggio, diventa uno dei punti di forza della pittura. Celebri sono le nature morte di Paul Cézanne (1839-1906) o i vasi di girasoli di Vincent Van Gogh (1853-1890) solo per citare i casi più noti.

natura morta

 Fonte foto: analisidellopera.it

Anche nell’ ambito della pittura del ‘900 l’elemento compositivo insito nel tema ne ha ispirato molte versioni. Come nelle elaborazioni cubiste di Pablo Picasso (1881-1973) e Georges Braque (1882-1963) o nelle arie malinconiche dei quadri di Giorgio Morandi (1890-1964).

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 Fonte foto: scullery-IX.it

La visione contemporanea del genere si è spostata verso le installazioni dell’Arte Povera nelle quali vengono impiegati appunto materie considerati “povere” come legno, ferro, materiali di risulta, o verso la fotografia d’arte che interpreta diversamente una realtà silenziosa come quella della “natura morta”.


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