Irriverente, eclettico, anticonformista e nello stesso tempo attento e legato alla tradizione poetica e lirica, Enrico Baj (1924-2003) è uno dei maggiori artisti italiani del novecento.
La sua ricerca già negli anni cinquanta lo vede vicino ai maggiori esponenti delle avanguardie, come Marcel Douchamp, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Yves Klein, gli esponenti francesi della Patafisica, che abbraccerà con entusiasmo, o il gruppo Cobra. Nel ‘57 redige il manifesto Contro lo stile, un violento attacco alla presunta serietà del fare arte. Per tutta la vita porterà avanti la sua personale filosofia dissacratoria e grottesca contro le convenzioni, la violenza e la superficialità della società contemporanea.
Il suo stile inconfondibile, ironico e dissacratorio unisce alla tecnica puramente pittorica e al segno grafico, collages di materiali di vario genere, e si articola, nel corso del tempo, in diversi cicli come: i generali e le parate, gli specchi, i mobili, i meccani, le dame, le maschere tribali.
I generali e le parate
Fonte foto: settemuse.it
Con una malcelata vena di sarcasmo sin dal 1959 inaugura la serie dei “generali” e successivamente quello delle “parate” nei quali evoca il pericolo e la bruttura del potere militare con espressioni minacciose e corpi caricaturali. Nella sua visione ludica dell’arte sottolinea però con efficacia, la propria avversione per le guerre e i loro simboli che disumanizza. Successivamente su questa scia, concretizzerà tre grandi opere: “I funerali dell’anarchico Pinelli” (1972), “Nixon parade” (1974) e “L’Apocalisse” (1979)
Le Dame
Fonte foto: Mazzoleni Art
Anche in questo caso il ciclo dedicato a “dame e cavalieri”, che intraprende nell’arco degli anni sessanta e settanta, la critica al bon ton di una certa società borghese e a un finto intellettualismo è voluta e palese. Il grosso impegno sociale che caratterizza molti dei suoi lavori non si stempera affatto con l’aspetto formalmente giocoso delle opere.
Maschere tribali
Fonte foto: Mazzoleni Art
Appartiene invece agli anni novanta la ricerca sulle “Maschere tribali”, simulacri di un ritorno all’essenza naturale dell’uomo, contro una società che ha sembra aver perso i suoi valori.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.