Leonardo da Vinci a Torino: tra storia e contemporaneità

Leonardo Da Vinci oltre la Gioconda: storia e simbologia di Vergine delle Rocce

Genio indiscusso in (quasi) tutti i campi del sapere della sua epoca, Leonardo da Vinci non solo ci ha lasciato importanti studi anatomici, progetti che potremmo definire “industriali” e sì, lei, la famosa Gioconda (se vi dico che, a parer mio, è un po’ sopravvalutata?). La sua produzione pittorica è stata decisamente più cospicua di quella per la quale il suo nome viene immediatamente associato: se vi dicessi Ultima Cena? Salvator Mundi? Dama con l’ermellino? Sicuramente, la maggior parte di voi ha sentito nominare questi capolavori almeno una volta nella vita. Ma quanti, tra voi, li hanno collegati subito al nome di Leonardo?

Per la rubrica Arte, l’opera di cui vi parlo oggi è sicuramente meno rinomata rispetto alle sue “colleghe” dal titolo più famoso; tuttavia, è un dipinto che apprezzo moltissimo e mi piacerebbe che, a fine lettura, anche voi possiate conoscerlo e riconoscerne le sue qualità: mi riferisco a Vergine delle Rocce, un olio su tavola – poi messo su tela – riconducibile agli anni dal 1483 al 1486.

Come scoprirete leggendo l’articolo, del dipinto vi sono due versioni: la prima conservata al Louvre, la seconda alla National Gallery di Londra.

Leonardo Da Vinci

Fonte foto: arte.it

La genesi dell’opera

Arrivato a Milano da Firenze circa un anno prima, Leonardo ricevette quella che potremmo definire un’accoglienza tiepida. Vergine delle Rocce fu il primo lavoro che gli fu commissionato nel capoluogo lombardo, da parte di una confraternita laica chiamata Immacolata concezione. Questi strinsero un vero e proprio accordo con l’Artista, sigillato da contratto, per una pala da porre poi sull’altare della cappella della stessa confraternita.

L’accordo prevedeva la realizzazione di un trittico e a Leonardo fu affidato l’incarico di dipingere la scena centrale (le ali laterali furono commissionate ai fratelli pittori De Predis). Stando agli accordi, la scena di Leonardo avrebbe dovuto raffigurare la Madonna con Gesù bambino, il Padre in alto a vigilare su di loro, due profeti e un gruppo di angeli.

Se osservate il dipinto, però, noterete che i soggetti sono diversi: il motivo non è noto, ma il Maestro decise di raffigurare l’incontro tra Gesù e Giovanni da bambini (probabilmente, è stata la Confraternita stessa a suggerire una diversa rappresentazione in corso d’opera, in quanto Giovanni Battista era il protettore della Confraternita stessa).

Le controversie che portarono ad una doppia versione

Senza scendere in noiosi dettagli, basti sapere che tra la Confraternita dell’Immacolata – committente dell’opera – e Da Vinci vi fu una controversia “legale” in merito al pagamento dell’opera. La realizzazione avrebbe comportato un lavoro più dispendioso, pertanto l’artista chiese un compenso di conguaglio.

Sembra che, inizialmente, la Confraternita non accettò la somma richiesta, concedendone una di molto inferiore; da qui, alcuni studiosi pensano che Leonardo chiese quindi in restituzione l’opera, altri ritengono che non l’abbia consegnata ai committenti, tenendola nel suo studio milanese. In breve, la disputa si chiuse solamente nel 1506, quando una sentenza dichiarò Vergine delle Rocce incompiuta.

Durante questo periodo, tuttavia, Leonardo aveva lasciato Milano per rientrare nella sua Firenze; la seconda versione del dipinto era già in lavorazione e venne completata al ritorno nel capoluogo meneghino nel 1506. In questa seconda Vergine delle Rocce la figura della Madonna appare più maestosa, i due bambini più riconducibili ai personaggi che rappresentano e sparisce il gesto della mano dell’angelo indicante Giovanni, che potete osservare nella prima versione.

Ma come sono arrivate le due Vergine delle Rocce a Parigi e a Londra rispettivamente? Sul destino di quella che è oggi conservata alla National Gallery si hanno notizie certe: il dipinto si trovava sicuramente nella chiesa di San Francesco poco prima che questa venisse restaurata nel 1576. Dopodiché, fu trasportata nella sede della Confraternita fino al 1785, anno nel quale venne venduta al pittore britannico Gavin Hamilton, che la portò con sé nel Regno Unito.

Riguardo alla Vergine delle Rocce conservata al Louvre, invece, ad oggi non si hanno certezze circa il suo arrivo in terra francese. La prima presenza oltralpe certa e documentata del dipinto risale al 1625; una tra le ipotesi più accreditate è che, durante la famosa disputa di cui sopra, il duca Ludovico il Moro fece una generosa offerta per l’opera, ottenendola ed esponendola poi a Palazzo Ducale; una volta arrivati i francesi, la stessa sarebbe stata saccheggiata insieme a tutte le altre proprietà del nobile.

I soggetti

Già dal titolo dell’opera, possiamo ben immaginare come la scena si svolga sullo sfondo di un paesaggio roccioso, che si può intravedere anche dalle due cavità che si aprono sullo sfondo, raffigurato utilizzando la tecnica della prospettiva aerea, di cui Leonardo può essere considerato l’iniziatore.

A fare da co-protagonista è l’ambiente floreale che il Maestro ci propone, minuziosamente rappresentato grazie alla sua esperienza da botanico. Il centro di tutta l’opera è la Madonna coi due bambini: allunga la mano destra verso il piccolo Giovanni battista in preghiera, mentre questi è rivolto al Bambin Gesù – posto più in basso nell’immagine – che lo sta benedicendo. La mano sinistra di Maria è rivolta, invece, verso il figlio, come in un atto di protezione materno.

Il terzetto è protetto dalla presenza dell’angelo vestito di rosso, che rivolge lo sguardo allo spettatore per coinvolgerlo nel momento.

Lo stile e la simbologia

Ma veniamo ora alla parte più interessante, quella che mi spinge a raccontarvi delle mie opere preferite: la simbologia! Innanzitutto, potete ben vedere come anche in quest’olio su tavola, l’atmosfera “sfumata” tipica dello stile leonardesco la faccia da padrona. L’effetto che la luce diffusa crea alla vista è quella di un ambiente avvolgente e, al contempo, misterioso.

Non a caso, infatti, con Vergine delle Rocce Leonardo ha voluto omaggiare il mistero dell’Immacolata concezione e, in senso lato, dell’intera maternità. Una piccola curiosità: sebbene i colori della prima versione siano più cupi rispetto a quelli della seconda, la luce molto più calda fa sì che l’opera risulti meno asettica rispetto alla seconda.

Come introdotto qualche riga sopra, la grotta rappresenta l’utero materno; la roccia ha una connessione profonda con la presenza del Cristo tra gli esseri umani e rappresenta la sorgente della bevanda purificatrice per le anime perdute.

Ovviamente, non serve spendere molte parole sul significato della Vergine, visto che anche in questo dipinto incarna la funzione di madre protettiva. L’angelo, infine, è una sorta di messaggero della Redenzione: indicando Giovanni Battista, infatti, è come se annunciasse il suo futuro – sarà proprio costui colui che porterà la redenzione tra gli uomini attraverso l’atto del Battesimo, reso possibile dal sacrificio di Cristo.