“Cent’ anni di solitudine”: il grande capolavoro di Márquez

Cent’anni di solitudine è il risultato definitivo di una lunga lavorazione iniziata da giovane; già nel 1944 García Márquez era ossessionato dalla costruzione di una storia familiare; arrivò anche a pubblicare degli “appunti per un romanzo” con il titolo La casa de los Buendía (Crónica n. 6, Barranquilla, 3 giugno 1950).

 

Lo stile del romanzo, definito in seguito “realismo magico“, racconta un microcosmo arcano e segregato in cui la linea di demarcazione fra vivi e morti non è così distaccata  e ai vivi è dato il dono tragico della chiaroveggenza, il tutto sullo sfondo di un drammatico messaggio di isolamento e arretratezza. Il romanzo è diviso in capitoli separati da un’interruzione di pagina, che non sono tuttavia numerati né intitolati. Dalla fondazione di Macondo alla sua fine passano circa 100 anni, appunto, di “solitudine”; pressapoco equivalente, nella lente trasfigurata della fantasia dell’autore, al periodo colombiano dal 1830. Gli abitanti di Macondo cercano in ogni modo di riscattarsi dall’isolamento, di avere relazioni con il resto del mondo, l’altrove. Ma dall’universo che li circonda arrivano malattie, domini, sfruttamenti, sconvolgimenti e uomini e donne che nulla hanno a che vedere con gli abitanti locali e che stravolgeranno la storia della cittadina.Di tutta la famiglia, una spiegazione verrà data solo ad Aureliano Babilonia, l’ultimo dei Buendía, che sarà in grado di decifrare le pergamene dello zingaroMelquíades nelle quali si trova, con cent’anni di anticipo, la fine di un paese e di una famiglia, perché “il futuro non esiste, né mai è esistito sotto il cielo di Macondo”.

 

Ogni personaggio insegue una meta, che alla fine si rivela effimera: dagli amori irraggiungibili o proibiti dei personaggi femminili ai sogni, il più delle volte mai realizzati, dei personaggi maschili.

 

La realtà trapassa, quasi con leggerezza, nell’onirico, assume connotati da favola. Tutto è dettagliato, nelle descrizioni; poi, all’improvviso, avviene il salto, lo scatto, e il mondo si invola verso il natastico, l’irreale, e l’impossibile si inserisce nel concreto anche più crudo. E i confini tra ciò che appare nei sogni e ciò che è reale sfuma. Solo chi è in grado di sognare potrà coglierne l’essenza nella sua pienezza, la straordinaria capacità di mescolare culture hispanoamericane, credenti in miti e tradizioni popolari alla magia implica una nuova visione sul mondo poichè in realtà l’irrazionalità fa parte del quotidiano.