Dickens e la critica del "Canto di Natale" (pt 2)

Dickens e la critica del “Canto di Natale” (pt 2)

Ben ritrovati cari impasticcati alla seconda e ultima pasticca letteraria sul nostro caro Dickens e sul suo capolavoro: Il canto di Natale“, che tanto pervade l’animo vittoriano mio e di molti adepti del caro Charles! Nella prima pasticca abbiamo posto l’accento sulle condizioni degli umili di quel periodo. Nei primi secoli del 800, infatti, in Inghilterra si consumava la seconda rivoluzione industriale, ma chi ovviamente ne giovava sempre di più erano, come al solito, i ricchi.

L’epoca vittoriana per Dickens

Chi lavorava nelle fabbriche era spesso sottopagato, e viveva in condizioni davvero disastrose. E allora, ecco  arrivare, il Canto di Natale, per dare voce, attraverso la vera redenzione di Scrooge, uomo avaro e burbero, a questi poveri che tutti facevano finta di non vedere.

Un viaggio verso la redenzione

Che cosa vi ricorda il viaggio nell’espiazioni dei peccati che fa Scrooge nella notte di Natale? Il riferimento è molto chiaro, c’è qualcun altro che nella settimana di Pasqua decide di fare un viaggio nell’oltretomba per uscire dalla selva oscura del peccato? Un certo Durante Alighieri.

Charles Dickens, ovviamente non si perde nei gironi infernali di Dante, ma racconta, in altri suoi libri, l’inferno terreno vissuto dalle persone povere di quell’epoca, e soprattutto dell’egoismo e dei “volta faccia” di coloro che erano considerati nobili (ma non  di certo nell’animo!).

Inoltre l’immagine di questi spiriti che nella notte della vigilia si aggirano e sembrano non poter far nulla per cambiare le cose, ci rimanda ad un’immagine dantesca potentissima.

Il freddo di Scrooge

Il primo spirito che si presenta a Scrooge è quello del defunto Marley il suo socio “di non so quanti anni”. Soci in affari, soci in soldi. Marley è morto e Scrooge si ritrova senza il suo di lui, a gestire quel che resta della loro società. Ma questa perdita sembra non toccarlo affatto. Proprio per questo motivo vi riporto una descrizione molto sentita, che Dickens fa del protagonista nelle prime pagine:

“Caldo o freddo esterni avevano ben poca influenza su Scrooge. Non c’era calore capace di riscaldar, non gelido inverno che lo raffreddasse. Nessun vento poteva essere più tagliente di lui. Nessuna nevicata più indefessa nel realizzare il suo scopo, nessuna pioggia battente meno disponibile a lasciarsi convincere dalle preghiere. Il maltempo non poteva trovar modo di avere la meglio su di lui. la pioggia più fitta, la neve, la grandine, il nevischio avevano una sola superiorità nei suoi confronti, spesso erano in grado di offrire un’interessante riduzione sui loro prodotti. Scrooge mai!”

Ecco in questa descrizione sentiamo tutto il freddo, tutto il gelo, che si porta addosso l’avarizia del nostro Ebenezer che non ama il Natale, ma molto probabilmente non ama neppure se stesso, ma solo ed esclusivamente i suoi soldi.

Marley e le catene

Il primo fantasma che si presenta a Scrooge, come già detto è proprio Jacob Marley che deve sopportare il peso delle catene del male che ha fatto pensando solo ai suoi arricchimenti, senza mai guardare oltre quello che stava accadendo. Ovviamente la critica velata in queste prime scene è proprio quella a cui porta l’esser sopraffatti dal denaro.

Il denaro che ti da la libertà, alla fine ti mette in catene, perché oltre che ad esserne succube e dipendente, non ti permette di vedere che oltre al gelo, la fuori c’è molto altro. Un albero di Natale, le luci, la gioia dei canti, le persone che si aiutano. Scrooge ha quelle catene addosso, ma a differenza di Jacob Marley può avere la possibilità’ di liberarsene.

La visita dello spirito del passato – I ricordi

Dickens

Frame dal Film

Marley ammonisce Scrooge riguardo il suo comportamento, e gli consiglia di ravvedersi finché è ancora in tempo, preannunciandogli la visita di 3 spiriti in quella notte londinese, che assaporava la festa della mattina seguente. Una notte che voleva essere “il cambiamento” non solo di Scrooge, ma di tutta la società dell’epoca.

Il primo spirito, mostra al tirchio anziano quanto fosse spensierata e felice la sua gioventù. Ebenezer viaggia nel tempo e rivede i momenti del suo gioioso rapporto con la sorella, Fanny, la quale lo abbraccia e lo riporta a casa. Rivive anche  il suo primo amore, la sua vecchia fidanzata, Belle, che lo ha lasciato quando ha capito che sarà mai amata tanto quanto i soldi, e che ora ha una grande e felice famiglia con tanti figli.

Ed è proprio lei che  in quel momento, fa un commento sarcastico e poco carino sull’ormai  vecchio Scrooge, che non è nemmeno andato a salutare sul letto di morte il socio di una vita Jacob Marley.

Scrooge non resistendo a tanto dolore e al rimorso decide di soffiare e spegnere il fantasma dei Natali Passati,  presentatosi a lui sotto forma di una candela. Risvegliandosi nel proprio letto.

La luce dei ricordi

Ci sono due elementi molto importanti in questo primo approccio. La candela ed io ricordi. Scrooge non ha sempre vissuto nel buio della sua avarizia, ma ha avuto dei bei momenti di luce, e quella luce in fondo, anche se sembrava spenta non lo era. E’ una luce, che in un certo qual modo fa anche male a Scrooge, che, appunto decide di spegnerla e cade in sonno profondo.

Fino a che…

Il fantasma del Natale Presente

Dickens

Il fantasma del Natale presente si presenta sotto forma di un gigante ricco di prelibatezze. Di ricchezze, nel lusso più sfrenato. Scrooge è quasi abbagliato da cotanta ricchezza. E’ quasi simile a un Babbo Natale, e sprigiona felicità da ogni dove. Quello che vede Dickens in questo è esattamente quello che era il Natale (o qualsiasi altra festa) per gli inglesi dell’epoca ma non solo. (Consumismo e bisogno di mostrare, ed è tutt’ ora cosi). Ma lo Spirito fa un passo necessario quello di condurre Scrooge  a vedere la cene di Natale delle persone a lui piu vicina. La prima famiglia è quella del povero Bob Cratchit l’impiegato contabile della societa’, che sta trascorrendo un felice, anche se misero, Natale.

I bambini poveri di Londra come il piccolo Timmy

Dickens

E’ felice anche il piccolo e dolce Tiny Tim, storpio e malato, figlio di Bob che non ricevendo le cure adeguate a causa dell’indigenza del capofamiglia e della paga troppo bassa che percepisce da Scrooge. A tavola però c’è del pudding e addirittura un oca, tipico cibo dei poveri, eppure in questa loro povertà e condizione appaiono piu felici di Scrooge. E’ Natale nei loro cuori.

Lo spirito, inoltre, dice esplicitamente a Scrooge che Timmy morirà a breve se non riceverà le cure necessarie, e quando il vecchio si dispera, il fantasma gli ricorda le parole che aveva rivolto ai due benefattori che gli avevano chiesto del danaro.

“Così diminuisce la popolazione in eccesso“.

Il fantasma del Natale futuro e la redenzione di Scrooge

Questo fantasma porta con se la solenne visione della morte. Quella  di Scrooge. Una morte gelida, una morte che non ha luce, una morte che non ha ricordi. Della quale nessuno appare interessato. Una morte solitaria, drammatica. Le persone lo vedono, ma passano oltre. Le persone non piangono, girano la testa dall’altra parte. Scrooge è solo. E solo in quel momento si accorge di aver sbagliato tutto. E fortunatamente si risveglia il giorno di Natale e prova a rimediare a tutti i suoi errori.

Il cimitero

La redenzione di Scrooge avviene in un posto che nell’epoca vittoriana non faceva cosi paura come incute oggi ad alcune persone. Mary Shelley per esempio utilizzava il cimitero come luogo d’incontro con Percey.

Ma quello che accade qui, è sicuramente più drammatico, ma allo stesso tempo ha davvero un insegnamento fondamentale: quello che davanti alla vita, siamo esattamente tutti uguali. Tutti abbiamo paura, tutti facciamo errori. Il punto è che in quel cimitero, Scrooge si accorge di avere ancora una possibilità, tanto che si desta dal sonno, dopo essere sprofondato nella sua tomba attaccandosi alla colonnina del letto. E da li la rinascita. Un circolo che si chiude, ma che da a Ebenizer una nuova vita e una seconda possibilità. Che non è quella di festeggiare il natale, ma quella di non voltare mai la faccia, verso chi ha bisogno di aiuto, per mero egoismo o paura.

Buon Natale a tutti quanti, impasticcati.