Chi di voi ama le lettere d’amore? Se appartenete alla schiera che ancora scrive e riceve missive piene di passione su carta, allora siete tra gli ultimi inguaribili romantici.
Pare infatti che la corrispondenza in questo formato sia quasi completamente morta e che persino le cartoline ormai non se la stiano passando tanto bene.
Un tempo, invece, comunicare secondo questa modalità non rappresentava un modo elegante per distinguersi, ma era anzi la norma e spesso era l’unico modo per sentire i propri cari se lontani. Anche con le persone vicine, per poter dirsi le cose in tempo quasi reale, ci si inviava dei pizzini, pezzettini di carta con pensieri scritti in maniera informale, che passavano di mano in mano fino ad arrivare al destinatario. Una specie di Whatsapp con pergamena e calamaio insomma.
Vediamo insieme le lettere tra scrittori professionisti che si sono conservate nel tempo e sono arrivate fino a noi per farci sognare.
Sibilla Aleramo e Dino Campana
La storia tra la scrittrice e il poeta risale alla prima metà del Novecento ed è stata quanto mai travagliata. Entrambi erano psicologicamente fragili e Sibilla viveva una situazione precaria: era sposata con l’uomo che l’aveva stuprata, da cui aveva avuto un figlio ed era quanto mai infelice. Dino, dal canto suo, soffriva di disturbi nervosi ed aveva una personalità complessa, che lo portava ad atteggiamenti considerati strani per i tempi. Purtroppo, fu internato più volte in manicomio. Ecco uno stralcio della loro corrispondenza:
“Perché non ho baciato le tue ginocchia? Avrei voluto fermare quell’automobile giù per la costa, tornare al Barco a piedi, nella notte, che c’è il tuo petto per questa bambina stanca. Tornare. Come una bambina, questa del ritratto a dieci anni. Non quella che t’ha portato tanto peso di storie di memorie affannose, che t’ha parlato come se stesse ancora continuando il suo povero viaggio disperato, come se non ti vedesse, quasi, e non vedesse lo spazio intorno, le querce, l’acqua, il regno mitico del vento e dell’anima…
Tu che tacevi o soltanto dicevi la tua gioia. Sentivi che la visione di grandezza e di forza si sarebbe creata in me non appena io fossi partita? Nella tua luce d’oro. E non ho baciato le tue ginocchia. I nostri corpi su le zolle dure, le spighe che frusciano sopra la fronte, mentre le stelle incupiscono il cielo. Non ho saputo che abbracciarti. Tu che m’avevi portata così lontano. Che il giorno innanzi ascoltavi soltanto l’acqua correr fra i sassi. Oh, tu non hai bisogno di me! È vero che vuoi ch’io ritorni? Come una bambina di dieci anni. È vero che mi aspetti? Rivedere la luce d’oro che ti ride sul volto.
Tacere insieme, tanto, stesi al sole d’autunno. Ho paura di morire prima. Dino, Dino! Ti amo. Ho visto i miei occhi stamane, c’è tutto il cupo bagliore del miracolo. Non so, ho paura. È vero che m’hai detto amore? Non hai bisogno di me. Eppure la gioia è così forte. Son tua. Sono felice. Tremo per te, ma di me son sicura. E poi non è vero, son sicura anche di te, vivremo, siamo belli. Dimmi. Io non posso più dormire, ma tu hai la mia sciarpa azzurra, ti aiuta a portare i tuoi sogni? Scrivimi!”
Oriana Fallaci e Alekos Panagulis
Fonte foto: libreriamo.it
Oriana Fallaci si innamorò di Alekos Panagulis nel 1973, ma la loro storia fu breve e finì violentemente: il poeta morì in un incidente stradale all’improvviso. Lei gli scriveva:
“Alekos caro, ti scrivo nuovamente per dirti che sono stata felice di ascoltarti una seconda volta a telefono. Anche se non possiamo dirci molte cose perché tu non capisci nulla di quello che dico e io non capisco nulla di quello che dici, udire la tua voce è bellissimo. Io, dopo, mi sento meglio. Ti ringrazio per la risposta alla mia domanda su «cosa significa essere un uomo». (…) È una splendida risposta, migliore della poesia di Kipling. Forse la userò aggiungendo alle tue parole questa domanda per me: «E per te, cos’ è un uomo?». Così io potrò replicare così: «Un uomo è… una creatura come te. È te. Tuttavia un particolare della tua risposta mi ha turbato. Quello che Andreas ha tradotto: «To love without permitting one love to become an handicap». In italiano: «Amare senza permettere a un amore di diventare un ostacolo». Ho creduto di capire che dicevi questo a me, non agli altri.
Ebbene: io non sono e non sarò mai un ostacolo, un handicap. Io so che esistono cose ancora più grandi dell’ amore di una persona o dell’ amore per una persona.
Ad esempio, un sogno. Ad esempio, una lotta. Ad esempio, un’idea
Ciao a sabato. Al massimo, domenica. E, se posso, prima (…). Finito il lavoro a Bonn, mi fermerò in Italia per salutare mia madre che è malata. Poi volerò subito da te. Non pensare nemmeno un momento di abbandonare la clinica quando arrivo io. Se devi stare in clinica, starai in clinica. E io ti farò compagnia in clinica con una profonda conversazione in greco. Oppure giocando a scacchi. Ok? Aspettami. Io ti ho aspettato tanto.”
Zelda e Scott Fitzergald
Fonte foto: elle.com
L’amore tra Zelda e Scott Fitzergald fu iconico: vissero i ruggenti anni Venti a pieno, tra balli, alcol e spese folli. I due, molto simili nel modo di vivere la vita a Daisy e Gatsby della stupenda opera Il Grande Gatsby, hanno intessuto gran parte della loro relazione sullo scambio di lettere e regali. Epistole piene di passione e sentimento che, quando i due si incontravano, si traducevano in serate folli tra due anime impossibili da domare. Zelda amorevolmente lo rimproverava:
“Scott, sei proprio spaventosamente sciocco – In primo luogo, non ho dato a nessuno il bacio d’addio, e in secondo luogo, nessuno è partito – tu sai, tesoro, che ti amo troppo per volerlo. Se avessi un onesto – o disonesto – desiderio di baciare solo una o due persone, lo farei – ma non potrei mai volerlo – la mia bocca è tua.
Supponi che io lo faccia – sai che non conterebbe assolutamente nulla – perché non puoi capire che niente significa niente eccetto la tua cara persona e il tuo amore? – Desidererei che ci affrettassimo e che io fossi tua cosi sapresti – Qualche volta quasi dispero di farti sentire sicuro – cosi’ sicuro che nulla ti potrebbe mai far dubitare come dubito io.”
Giornalista, lettrice professionista, editor. Ho incanalato la mia passione per la scrittura a scuola e da allora non mi sono più fermata. Ho studiato Scrittura e Giornalismo culturale e, periodicamente, partecipo a corsi di tecnica narrativa per tenermi aggiornata.
Abito in Calabria e la posizione invidiabile di Ardore, il mio paese, mi fa iniziare la giornata con l’ottimismo di chi si ritrova la salsedine tra i capelli tutto l’anno.