“A volte io respiro nella notte, e penso a quante luci sono morte, intorno a un cimitero di bambina.“
Alda Merini
Entrare in un luogo come un cimitero per molti potrebbe essere davvero impegnativo. Di questo ne sono certa. Cosi come sono certa che molti, starebbero lontani anche da un luogo ancora piu speciale e “oscuro” di un semplice museo dei ricordi. Per quale motivo? Perché oltre al camposanto, non poco distante ci sarebbe anche un manicomio. Si, uno di quei posti che ancora a sentirli nominare incute un certo terrore. Eppure io ne voglio parlare, perché certe storie meritano di essere raccontante. Perché la memoria, anche quella che fa piu male, non deve svanire.
Il Manicomio dei dimenticati
Ci sono poche testimonianze che ripercorrono la storia di questo luogo, fatto di croci e freddo, ma quello che sicuramente possiamo dedurre è che in questo luogo sono sepolti i degenti, (persone sole, con disturbi psichici o abbandonate dalle famiglie) che anche nella fine dei loro giorni, siano essi stati lieti o tristi, trovavano riposo eterno nella struttura manicomiale del cimitero di Sanfinocchi.
Dimenticati anche tra la polvere
Fonte Foto: Blog a Spasso con i miei
Ovviamente essendo un luogo che ospitava persone che non stavano bene, nacque l’esigenza di seppellire le salme dei degenti utilizzando, in primo momento, i cimiteri della città, e solo in seguito si decise di averne uno ad uso esclusivo del Manicomio di Volterra, conosciuto come “Il cimitero dei matti di Sanfinocchi”. Anche questo passaggio ci fa capire come la discriminazione verso queste povere persone fosse talmente insita anche “dopo” la loro morte. Per quale motivo, una persona non ha il diritto di stare nella stessa polvere o terra di un cittadino di Volterra?
Dove si trova?
Fonte: Carlo Tardani Photography
Le prime notizie trapelate in merito alla costruzione del camposanto manicomiale risalgono addirittura al 1865. Ma i lavori iniziarono ben piu tardi. All’epoca la struttura avrebbe dovuto trovarsi dietro, alla chiesa di San Girolamo. Invece, qui ora si trova il parcheggio e spingendosi fino al boschetto ci si trovava davanti il padiglione denominato Scabia e sul fianco di quello denominato Zacchia.
La costruzione nei primi del ‘900
Nel secondo decennio del 1900 si comincia a parlare sul serio della realizzazione di un nuovo cimitero per la parrocchia di San Girolamo vicino località di San Uffizio, a Volterra su terreni che vennero ritenuti adeguati ed idonei per l’espletamento delle attività inumatorie e per le sepolture.
Ma fu solo agli inizi degli anni ’40 che il Comune della località toscana si rivolse all’Ospedale Psichiatrico lamentando una forte carenza della disponibilità di sepolture nel cimitero della città dato l’alto incremento della popolazione manicomiale e con conseguente incremento dei decessi. Fu proprio in quegli anni che i dimenticati, furono piu dimenticati ancora. Costretti a morire da soli, e a non essere neppure accettati in un camposanto come quello della città.
Fu così acquistato un terreno a pochi chilometri di distanza dall’area del Manicomio in prossimità della Necropoli di Ulimeto, vicino al della famiglia Sanfinocchi, ed il nome che poi verrà ereditato al cimitero.
Da allora…
Fonte: TripAdvisor
Il Manicomio prese così in gestione l’area iniziando a seppellire dei degenti a partire dal 1943.Successivamente vennero realizzate alcune opere murarie tra cui il muro di cinta, la separazione tra il campo superiore e quello inferiore (ad oggi inutilizzato) e la cappella adibita ad ossario che veniva utilizzata come luogo in cui riporre le attrezzature per le inumazioni.
E oggi?
Fonte Foto: TriAdvisor
Il cimitero di San Finocchi è un luogo suggestivo nel suo abbandono, nella sua assenza di ricordo da parte del mondo, ma potentissima solo se calpestata tra l’erba incolta. C’è vita anche dove sembra che il mondo si sia fermato, l’ho sempre detto e lo ribadisco: laddove la natura si congiunge all’eterno, nel silenzio, brulica la pace di chi sa sentire ciò che è stato dimenticato. Portate un fiore a Maria ed Oreste, o ad alcuni di quei nomi scritti sulle pietre dimenticate. Nomi che a volte nemmeno si leggono e al loro posto appare solo un numero e lo sappiamo cosa ci riporta alla mente e alla memoria essere riconosciuti come cifre e basta.
Loro erano, sono e saranno molto di piu’ di quello di quel “pazzi” che a volte inconsciamente nominiamo, non dimentichiamoci che prima di esser matti, prima di essere i degenti del manicomio, queste pietre erano persone con una storia, una vita e una dignità.
Restituiamogliela, siamo ancora in tempo!
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.