Melmoth

Melmoth l’errante

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Melmoth è uno degli esempi più alti della letteratura gotica. Questo perché, nonostante si tratti di un tomo di settecento pagine, la lettura rimane scorrevole per tutto il romanzo, facendo arrivare alla fine il lettore quasi a sua insaputa. Ciò succede ancora oggi, a ben 202 anni dalla sua prima pubblicazione avvenuta nel 1820.

Melmoth

Le scatole cinesi

Per rendere la lettura così fluida, Charles Robert Maturin l(autore del romanzo) utilizza per la stesura del testo la tecnica delle scatole cinesi. Si tratta di quella tecnica secondo cui lo scrittore racconta una storia che contiene al suo interno personaggi che a loro volta raccontano altre storie.
Nel caso di Melmoth l’errante, questa tipologia di narrazione aiuta anche l’autore a enfatizzare il perpetuo vagabondare del personaggio errante che si trova ad essere il protagonista di questi racconti.

Il testamento

Il gioco narrativo entra in azione nel momento in cui John Melmoth legge le volontà dello zio. Quando lo incontriamo Jhon è uno studente universitario che, poiché orfano, deve la sua possibilità di continuare gli studi ad un vecchio e avaro zio. Torna al capezzale dello zio che improvvisamente si ammala fino a morire.

È con queste parole che l’autore cattura il lettore:

Voglio che Jhon Melmoth, mio nipote ed erede, rimuova, distrugga o faccia distruggere il ritratto contrassegnato J. Melmoth 1646 appeso nel mio studio. Voglio inoltre che egli cerchi un manoscritto […] Lo riconoscerà subito perché legato con un nastro nero e la carta è stinta e ammuffita. Gli permetto di leggerlo, se vuole, ma gli consiglio di non farlo […] lo prego […] di bruciarlo.”

A precedere queste parole c’è l’accidentale incontro tra il giovane e il dipinto in questione.

Chi è Melmoth l’errante

Il lettore impara a conoscere questo personaggio misterioso insieme al protagonista della storia, John Melmoth. Perché, com’è ovvio che sia, tanto il lettore quanto il giovane Melmoth sono troppo curiosi per seguire il consiglio dello zio. La lettura del vecchio documento non è semplice per John, a causa delle condizioni del manoscritto che, in molti punti, risulta illeggibile e con pagine mancanti.
Nonostante questo, dalle poche informazioni che si possono reperire, è chiaramente intuibile la natura di questo antenato. Un esempio esaustivo lo si trova nell’incontro fra padre Olavida e Melmoth l’errante:

“Si trovò seduto proprio di fronte all’inglese […] padre Olavida […] volle recitare fra sé una breve preghiera prima di bere; ma esitò, rabbrividì, si fermò e posando il bicchiere si asciugò con la manica della tonaca le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte. […] mentre cercava ancora una volta di avvicinare il bicchiere alle labbra… Invano. […] in quell’istante l’inglese si alzò, e attirando ai suoi occhi quelli del frate, lo fissò con uno sguardo che aveva l’irresistibile forza di un incantesimo. Olavida si sentì mancare”

Infine il frate si copre gli occhi per sfuggire a quello sguardo dopo aver capito chi c’è seduto al tavolo con loro. L’incontro sopra citato non è il più bello o il più significativo del romanzo ma si tratta di quello che rende davvero consapevole il lettore e il giovane Melmoth della natura di quell’antenato che è destinato ad incontrare.

Una fonte di ispirazione

Sempre grazie al tipo di narrazione, ritroviamo fra queste pagine un gran numero di ambientazioni: rovine, luoghi abbandonati, luoghi esotici, cripte, naufragi, manicomi, manieri e molto altro. Anche i personaggi che hanno la sfortuna di incontrare Melmoth l’errante sono fra loro tutti diversi e caratteristici. Ecco perché questo romanzo può essere visto anche come una guida per chi volesse cimentarsi nella stesura di un racconto gotico. Ed ecco anche perché un vero appassionato del genere non può essere sprovvisto di questo volume nella propria libreria.


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