Narciso e Boccadoro – Logos e Eros

Condividi su

Narciso e Boccadoro è il secondo romanzo che vediamo insieme di Hermann Hesse. Viene pubblicato per la prima volta nel 1930 e, come per molti dei romanzi di Hesse, il tema centrale è la dualità. Allora perché scegliere proprio Narciso e Boccadoro? Perché in questo caso il doppio che crea l’uno è incarnato nelle vite dei due personaggi dai quali prende il nome il romanzo. Ed è così che il contrasto tipicamente interiore tra spirito e sé stesso, tra Io e Super Io, tra conscio e medioconscio, tra lo spirito e la vita diventa quello tra due personaggi distinti.

Narciso

Narciso

Narciso è il perno intorno al quale ruota l’intera vicenda: talentuoso monaco, padroneggia filosofia e teologia come un veterano. La sua capacità nell’arte della retorica lo rendono tra i più temuti e onorati del monastero e il suo futuro da abate è cosa praticamente certa. Solo una persona riesce a far vacillare le certezze di Narciso: il vagabondo Boccadoro.

Boccadoro

Boccadoro ha un grande senso estetico che lo porta ad avere buone doti artistiche, è sempre incerto su tutto e queste due caratteristiche lo portano a sperimentare nella vita senza avere mai un punto di riferimento fisso.

Dualità

I due protagonisti della vicenda rappresentano la logica, il pensiero che ritroviamo nel personaggio di Narciso e l’azione, la parte emozionale che ritroviamo in Boccadoro. I due sono uno la compensazione dell’altro, sono un po’ come i binari sui quali corre il treno, servono entrambi affinché non deragli. La prassi vuole che si tenda ad applicare la logica sulle emozioni per non essere travolti da ciò che si prova, ma ci sappiamo fermare prima di abbattere la parte emozionale ed illuderci che tutto possa essere logica e basta? Nei suoi romanzi Hesse crea situazioni che portino, almeno sulla carta stampata, alla fusione di queste due metà per raggiungere un intero.

La somma di due fa uno

Non è possibile vivere di un concetto puro perché creerebbe una vita fatta di assolutismi unilaterali. I concetti puri sono concetti e in quanto tali astratti e non applicabili puramente della vita, che per sua natura è fatta di incognite e di imprevisti nuovi da affrontare ogni giorno. L’essere umano è una creatura che si è evoluto attraverso l’esperienza e all’elaborazione dei dati legati all’esperienza fatta. Dunque come potrebbe un essere umano asserire di aver vissuto se basa tutto il suo vivere solo sulla logica o solo sull’azione. La magia tra le pagine di Narciso e Boccadoro avviene proprio quando i due personaggi discutono tra di loro, creando un rimbalzo tra logica ed emozione che porta un personaggio ad entrare in empatia con l’altro.

La parola a Narciso e Boccadoro

Un bellissimo esempio di contrapposizione tra logos ed eros lo troviamo nel momento in cui gli occhi di Narciso si focalizzano sulle mani di Boccadoro. Vista e logica, tatto e azione.

“Oh, ma che mani hai? Per amor di Dio, tutte scorticate, gonfie e sanguinanti! O Boccadoro, come ti hanno trattato!”
“Lascia andare, Narciso. Io stesso me le sono ridotte così. Ero legato e dovevo liberarmi”.

Le mani di Boccadoro creano arte, si rivela infatti essere uno scultore di buon talento, le mani di Boccadoro uccidono e avrebbero ucciso se ad entrare non fosse stata la sua controparte razionale. Inizia così il dialogo finale tra i due e che inizia sul piano fisico per poi astrarsi verso la mostruosità dell’esistenza umana. Narciso porta all’attenzione dell’amico di non avere mai negato il male nel mondo  ma di aver “sempre venerato la perfezione del Creatore, ma non mai la creazione.”

A queste parole Boccadoro risponde sottolineando all’amico il fatto che i trattati sui quali i pensatori studiano sono pieni di di giustizia e perfezione e che scelgono di lasciarla nei libri. Narciso fa notare all’amico che è la rabbia a farlo parlare e gli porta un riscontro materiale della bellezza che anche Boccadoro appoggia: l’arte.

Temo che non mi abituerò

Boccadoro, legato alla materia e alla figura, non comprende la visione del mondo priva di immagini di Narciso. Boccadoro chiede un esempio come spiegazione al pensiero puro perché il pensiero fine a se stesso invece che direzionare ad un’azione non gli sembra sensato. Narciso liquida la questione dicendo a Boccadoro di lasciare che il tempo agisca su di lui. Succede però che, con il trascorrere del tempo, è Narciso a imparare dal suo amico qualcosa di inaspettato.

La via mistica e la via dello studio:

“Imparo molto da te Boccadoro. Comincio a comprendere che cos’è l’arte. Prima mi pareva che, in confronto col pensiero e con la scienza, non fosse da prendere troppo sul serio. Pensavo press’a poco così: poiché l’uomo è una dubbia mescolanza di spirito e materia, poiché lo spirito gli schiude la conoscenza dell’eterno, mentre la materia lo trascina in basso e lo incatena a ciò che è transitorio, egli dovrebbe cercare di staccarsi dai sensi e di entrare nel mondo spirituale, per elevare la sua vita e darle un significato. Affermavo bensì di apprezzare altamente l’arte, per consuetudine, ma in realtà la guardavo dall’alto verso il basso. Ora soltanto vedo quante vie ci sono per raggiungere la conoscenza, e quella dello spirito non è l’unica e forse nemmeno la migliore”.


Condividi su