L’autrice
Angela Matera è un’insegnate di origini lucane che vive a Busto Arsizio, in Lombardia. In precedenza ha pubblicato, insieme a Elisabetta De Lucia, il libro “Proverbi e detti lucani” per la casa editrice Il Grillo.
L’opera
La storia parte dall’infanzia della scrittrice, nata a Miglionico, in Basilicata, durante la seconda metà del Novecento. Gli anni della fanciullezza sono per Angela poveri di beni materiali, ma allo stesso tempo ricchi di felicità. Le sue giornate da bambina ruotano attorno ai rituali tipici di chi vive in un piccolo paese di campagna e si nutre esclusivamente dei frutti della terra. Tutto diventa occasione di gioco e, nei suoi ricordi, ogni piccolo rituale è carico di magia. Grazie alla penna di quest’autrice, ci ritroviamo improvvisamente catapultati in un paesaggio dalla bellezza selvaggia, tra i conigli che brucano le cicorie incolte e le caprette che si lasciano mungere per sfamare intere famiglie. Siamo noi stessi ad annusare il profumo del finocchietto selvatico, a rabbrividire a causa degli spifferi passati sotto le porte “infalzit”, a gustare ogni sfumatura di sapore dei tarallini glassati tipici del Natale lucano.
In un secondo momento, l’autrice racconta del viaggio compiuto in Tunisia da adulta, e delle numerose similitudini con la sua regione d’appartenenza.Quest’opera, infatti, non parla soltanto del Sud Italia ma, come dichiarato da lei stessa, parla di tutti i sud del mondo, e per farlo, decide di soffermarsi sulla descrizione di ciò che ha visto durante il suo viaggio in Africa.Inizialmente, tra le righe troviamo un’aspra critica ai tunisini, e la narrazione si sofferma su ciò che colpisce l’autrice proprio appena arrivata, direttamente in aeroporto: la sua attenzione viene subito catturata dalla sporcizia, dalle cartacce a terra, dalle aiuole prive di fiori e da alcuni ragazzi trasandati, seduti direttamente sull’asfalto. Le viene semplice comparare il luogo che sta visitando con ciò che ricorda della sua terra natìa, divenuta ormai non più luogo fisico ma luogo ideale nella sua testa. In entrambi i casi ne descrive gli ambienti con dovizia di particolari, si sofferma sulle usanze dei due popoli soltanto all’apparenza diversi tra loro. Un tuffo nella storia di due regioni del mondo, insomma, che sembrano distanti tra loro per religione e usanze e che sono invece accomunate dalla stessa desolazione urbanistica e dalla stessa ricchezza culturale.
La questione meridionale
La Matera tira in ballo la questione meridionale per giustificare l’arretratezza dello sviluppo socio-economico della Basilicata rispetto al Nord. Come è noto, infatti, l’unificazione d’Italia nel 1861 ha lasciato insoddisfatto il Mezzogiorno, che si è trovato in una sorta di circolo vizioso che ne ha segnato la storia, compromettendone il benessere.Tra le righe si percepisce il malcontento della scrittrice per le fatiche e gli stenti subiti dal suo popolo, in una regione che non avrebbe niente da invidiare al resto del mondo e che invece si è trovata in una situazione di svantaggio perenne. Lei stessa si definisce “sudista”, nel senso che si porta sempre dentro il suo Sud ovunque vada, conservandone dentro di sé l’amore vasto e immutato.
In conclusione
La scrittura è ricca di dettagli e rende il lettore partecipe di tradizioni per lo più dimenticate. Tuttavia, il racconto è magnificato e tende a esaltare anche vicende – la fame, la miseria – che non dovevano essere così piacevoli come vengono descritte nel testo. Tutto viene narrato con il romanticismo tipico di chi pensa al passato con nostalgia, senza lasciare spazio al realismo. I ricordi sono ingentiliti dal tempo, che ha l’abilità di rendere sfavillanti le cose belle e ridimensionare quelle che erano sembrate brutte. Questo non è necessariamente un difetto. Anzi, chi legge si sente come cullato e rassicurato da un’antica nenia cantata a mezza voce.Io sono meridionale e conosco bene il conflitto di chi nasce e cresce in una terra tanto ricca quanto sfortunata. Conosco perfettamente la complessità della questione economica, la fragilità del tessuto sociale, lo sconforto nel cogliere desolazione dove non si vorrebbe. E capisco ancora di più la gioia piena che si prova quando, al risveglio, gli occhi vengono investiti dalla meraviglia di ciò che li circonda, dalla bellezza dolorosa di una terra che ama senza freni e soffre allo stesso modo. Il racconto della Tunisia, infine, è disturbato da alcune generalizzazioni e luoghi comuni che non rendono giustizia al resto del testo.Il libro conta circa 190 pagine, è edito dalla casa editrice Albaccara e termina con una deliziosa poesia in dialetto lucano.
Giornalista, lettrice professionista, editor. Ho incanalato la mia passione per la scrittura a scuola e da allora non mi sono più fermata. Ho studiato Scrittura e Giornalismo culturale e, periodicamente, partecipo a corsi di tecnica narrativa per tenermi aggiornata.
Abito in Calabria e la posizione invidiabile di Ardore, il mio paese, mi fa iniziare la giornata con l’ottimismo di chi si ritrova la salsedine tra i capelli tutto l’anno.