Fonte foto: Ilibridimeg.it
Nelle sue ossa segna l’esordio letterario di Maria Elisa Gualandris, giornalista di cronaca nera, conduttrice del programma quotidiano Giornale e Caffè su Rvl la radio nonché autrice del blog I libri di Meg, su cui condivide da diversi anni la sua passione per la lettura. Nelle sue ossa è anche il frutto di un’interessante e innovativa modalità editoriale, inaugurata nel 2014 e da allora sempre più in crescita: quella di Bookabook, casa editrice in crowdfunding che propone i testi, passati alla prima selezione degli editor, al vaglio ulteriore di una comunità di lettori prima di pubblicarli. In questo modo rende i fruitori dell’opera letteraria parte attiva del processo di scelta, garantendosi al contempo la sicurezza di avere già uno “zoccolo duro” di fan del libro in questione. Dopo aver superato brillantemente entrambe le selezioni, quindi, l’opera prima di Maria Elisa Gualandris ha visto la luce ed è attualmente acquistabile in tutte le librerie, oltre che online e sul sito di Bookabook.
Nelle sue ossa
L’autrice, oltre alle letture, deve essere un’appassionata di gialli, vista la professione e i suoi precedenti letterari – è stata finalista al concorso GialloStresa nel 2013 con il racconto Pesach. Anche per quanto riguarda Nelle sue ossa ha scelto il genere thriller poliziesco, pur se le indagini sono in effetti condotte più dalla protagonista, Benedetta Allegri, giornalista precaria di cronaca nera per una rivista online, che da chi di dovere.
Tutto inizia con il ritrovamento, nella cantina della splendida Villa Camelia, sul Lago Maggiore, di ossa umane non meglio identificate. La procura, connivente con il ricco proprietario della casa, tenta di chiudere velocemente il caso, in realtà vecchio di quarant’anni e da quarant’anni irrisolto e dimenticato. Ma Benedetta, armata quasi esclusivamente delle sue forti intuizioni, riesce pian piano a incrinare la pesante coltre di omertà della piccola cittadina e ricostruire le vicende che hanno portato al (presunto) assassinio del legittimo “possessore” delle ossa e alla scomparsa del (presunto) colpevole. Nel frattempo, si sforza di dare un senso alla sua vita lavorativa, ormai più che incerta, dopo il licenziamento dalla testata online; alla sua vita amorosa, leggermente stagnante, nonostante il quasi perfetto e super comprensivo fidanzato architetto; alla vita amorosa e lavorativa della sua miglior amica Viola, avvocato alle prese con appuntamenti su Tinder e sfruttamento dei soci senior del suo studio; nonché alla vita amorosa della sorella, in preda a dubbi sulla fedeltà del marito medico, e a quella del suo miglior amico Francesco, timido e schivo gestore dell’impresa familiare di pompe funebri – certo non un eccezionale biglietto da visita per agevolare le conquiste sentimentali.
I lati positivi e negativi del romanzo
Maria Elisa Gualandris ha una scrittura semplice e fluida, che scorre con facilità e si fa leggere bene. Buona parte del romanzo, inoltre, deve essere ispirato alle sue esperienze personali, essendo lei stessa, come la protagonista Benedetta, una giornalista di cronaca nera che ben conosce il mondo delle testate web, e abitando anche lei sul Lago Maggiore, dove è ambientato il romanzo.
Proprio le parti che attingono maggiormente alla sua vita reale sono le più riuscite del libro: estremamente puntuale e interessante è la rappresentazione della precarietà della generazione dei trentenni, usciti dall’università con mille speranze e il desiderio di cambiare il mondo e ritrovatisi con un mondo cambiato senza avvisarli né considerarli. Costretti a confrontarsi con una miriade di nuove professioni, cui non erano stati preparati, e con l’incertezza crescente di lavori in cui conta di più la rapidità che la qualità, l’improvvisazione che la professionalità, e talmente malpagati da risultare umilianti. Anche se l’autrice fa sicuramente parte di quelli che hanno saputo ben districarsi nel mondo dell’online – che siano testate, blog o quant’altro – si percepisce chiaramente che conosce la materia e riesce a ben trasmettere le angosce di chi vi ha a che fare.
Altrettanto precisamente Gualandris descrive i luoghi e le atmosfere della provincia lacustre: non è difficile, grazie alle sue parole, immaginarsi il contesto in cui la storia si dipana, compresa quella sensazione di pesantezza, di lieve soffocamento che gli ambienti piccoli spesso inducono, a maggior ragione se influenzati da quella calma apparente tipica del lago, piatto e tranquillo in superficie, melmoso e insidioso giusto un filo più sotto.
Il lago potrebbe ben simboleggiare non solo l’intera vicenda, ma anche ciò contro cui più acerrimamente si batte Benedetta: la situazione stagnante, la tendenza – classica della piccola provincia, ma non solo – a girare gli occhi dall’altro lato, a non voler mai “smuovere le acque” (quando mai si è visto un lago agitato?). La protagonista sembra giusto aborrire l’ipocrisia del “quieto vivere”: per questo non si risolve ad accettare soluzioni facili, né sul lavoro (le tante volte che le viene proposto di scrivere senza preoccuparsi di verificare, solo per attirare visualizzazioni, ad esempio) né nella vita privata (la casa comprata da Andre, il suo fidanzato, l’accasarsi perché a 35 anni è tempo di farlo e/o perché sono insieme da abbastanza per procedere al passo successivo, ecc.). Non accetta le vie di fuga, neanche quando le si prospetta un nuovo lavoro o di non perdere il suo attuale, accontentandosi delle risposte che ha trovato sul mistero delle ossa, senza ostinarsi ad andare ancora più a fondo per scoprire la verità. Nel personaggio di Benedetta, idealista ad oltranza, tenace e testarda a dispetto di ogni evidenza, possiamo intravedere, se non degli aspetti dell’autrice, sicuramente delle qualità che lei apprezza e vuole sottolineare come positive.
Se i precedenti possono a buon titolo essere considerati i punti forti del libro, il romanzo contiene, ciononostante, qualche fragilità, imputabile forse in parte all’essere un’opera prima.
Per essere un thriller di stampo poliziesco, si intuisce troppo facilmente e troppo velocemente chi è il colpevole: praticamente alla sua entrata in scena, il personaggio in questione sembra avere un neon sulla fronte indicante “sono stato io”, anche se nessuno dei personaggi, a parte la protagonista, pare rendersene conto. Ci si augura, andando avanti con la lettura, che a un certo punto ci sia un colpo di scena che ribalti ciò che altrimenti sarebbe davvero troppo scontato, ma purtroppo il twist non arriva e si conferma autrice dell’efferato crimine la persona che pare fin da subito potenzialmente la più crudele e senza scrupoli. Altre fragilità si presentano in merito alla caratterizzazione dei personaggi, prevedendo un’analisi psicologica forse non abbastanza approfondita, in particolar modo riguardo a Benedetta, la protagonista del romanzo, che grazie al suo solo istinto riesce a risolvere casi rimasti irrisolti per quarant’anni e a produrre grandi intuizioni sull’affidabilità degli altri personaggi.
In conclusione, Nelle sue ossa tradisce alcune ingenuità e schematismi da opera d’esordio, pur rimanendo una lettura scorrevole e leggera. Nelle intenzioni dell’autrice, Benedetta potrebbe diventare la protagonista di altre indagini: se Maria Elisa Gualandris saprà attingere maggiormente alle sue esperienze personali e dare maggiore consistenza a trama e personaggi, sarà sicuramente interessante leggere le nuove avventure della sua eroina.
Scrivo da sempre. Da quando ancora non sapevo farlo, e scrivevo segni magici sulle tende di mia nonna, che non sembrava particolarmente apprezzare. Da quando mio nonno mi faceva sedere con lui sul lettone, per insegnarmi a decifrare quei segni magici, e intanto recitava le parole scritte da altri, e a me sembravano suoni incantati, misteriosi custodi di segreti affascinanti e impenetrabili, che forse, un giorno lontano, sarei riuscita a comprendere e che, per il momento, mi limitavo ad assaporare sognante. Sogno ancora, tantissimo, e nel frattempo scrivo. Più che posso, ogni volta che posso, su ogni cosa mi appassioni, mi incuriosisca o, più semplicemente, mi venga incontro, magari suggerita da altri.
Scrivo per Hermes Magazine e per altri siti, su vari argomenti, genericamente raggruppabili sotto il termine di “cultura“. Scrivo anche racconti, favole, un blog che piano piano prende forma, un libro che l’ha presa da un po’ e mi è servito a continuare a ridere anche quando tutti intorno a me sembravano impazzire (lo trovate ancora su Amazon, mai fosse vogliate darmi una mano a non smettere di sognare).
Scrivo perché vorrei vivere facendolo ma scriverò sempre perché non riesco a vivere senza farlo.
Scrivo perché, come da bambina, sono affascinata dal potere di questi segni magici che si trasformano in immagini, in pensieri, in storie. E, come da bambina, sogno di possedere quella magia che permette loro di prendere vita dentro la testa e nell’immaginazione di chi li legge.