La leggenda di Zum vede la sua prima edizione come albo illustrato nel 2015 grazie alla penna di Txabi Arnal e ai colori di Roger Olmos.
Surreale ma attuale
Sia il testo che i disegni catapultano i giovani lettori in un mondo irreale, anche l’inizio della storia sembra in tutto e per tutto impossibile, e le prima pagine ci fanno assaporare quella sensazione che si prova quando sai di stare per entrare in un’avventura in totale sicurezza. Gli indizi tangibili li troviamo nelle teste troppo grandi, nella stondatura di strutture ed elementi naturali che nella realtà sono quasi impossibili da trovare e che spesso, quando ci sono, si tratta di forzature volute dall’uomo per soddisfare un piacere estetico.
La storia
In questa cornice si sviluppa la storia che trova le sue origini in Maximus Testardus, un esploratore che desidera raggiungere l’angolo più remoto della terra per erigervi un villaggio in tutto simile al suo paese natio. Maximus non riesce nel suo intento ma la testardaggine è una caratteristica ereditaria nella famiglia Testardus e così il sogno di Maximus viene realizzato da Martina, la quinta pronipote dell’intrepido esploratore, che raggiunge il luogo più remoto vi fonda un nuovo insediamento dandogli il nome di Zum.
Zum diviene in breve tempo un paese famoso in tutto il mondo purtroppo però il motivo per il quale lo diviene, nonostante la grande distanza da tutti gli altri paese e le altre città, per un motivo terribile.
La nebbia
Ogni cinque anni precisi nelle ore del crepuscolo del primo giorno di primavera una fitta coltre di nebbia inghiotte l’intero paese e all’alba del giorno seguente scompare nel nulla, lo stesso nulla imprecisato dal quale arriva il giorno prima.
Questa strana nebbia nello scomparire non porta via solo se stessa ma anche il primo fiore della stagione, una canzone e il bambino più disobbediente del villaggio. Gli abitanti di Zum riescono con facilità a superare la perdita del primo fiore grazie alla fioritura primaverile imminente. Anche per la canzone si adoperano in modo da avere già un nuovo pezzo pronto per sostituire quello preso dalla nebbia ma il vuoto che lascia la perdita del bambino diventa in pochi anni il terrore degli abitanti di Zum. La nebbia non perdona e in assenza di un vero discolo basta il mezzo capriccio di una sera per essere portato via per sempre.
Sonia
Dunque a Zum c’è chi resta nel terrore, nel rimpianto, nel senso di colpa e nell’impotenza e poi c’è Sonia. Sonia è una bambina dolce che ascolta sempre i suoi genitori, si tratta di una bambina solare e benvoluta da tutti. Sonia però ha anche una cara amica che non vuole vedere portare via di nome Beatrice ecco perché la brava e dolce Sonia, a modo suo, tenta di lottare contro la nebbia. In che modo? Beh! Questo non sarebbe giusto raccontarvelo, altrimenti vi tolgo il gusto della lettura.
Le domande che lascia la nebbia di Zum
La lettura di questo albo è intensa e coinvolgente e solleva nei più piccoli un buon numero di domande, la prima di queste non posso scriverla perché legata al finale ma alcune di queste vale la pena di accennare. Perché la gente resta lì? Ma allora la nebbia oltre a essere cattiva è anche stupida? (Questa immagino che vi stia incuriosendo). Perché gli adulti non fanno niente per cercare i bambini scomparsi? A questa domanda è giusto rispondere anche qui.
La nebbia non è stupida, infatti portare via il primo fiore e la canzone che è entrata nel cuore di tutti è un modo per far capire agli abitanti di Zum la sua superiorità, la nebbia arriva togliendo loro la speranza e prendendo con sé chi non obbedisce. La nebbia di Zum è in tutto e per tutto un dittatore che con il terrore immobilizza le menti facendo credere a chi controlla che non c’è nulla che possano fare per ribellarsi. Ecco perché La leggenda di Zum è un albo che insegna quanto sia importante avere un pensiero critico, nonostante questo porti ad agire in modo meno convenzionale e alla possibilità di essere puniti.
Lavoro come grafica-creativa, illustratrice e content editor freelance.
Sono diplomata in grafica pubblicitaria e parallelamente ho studiato disegno e copia dal vero con Loredana Romeo.
Dopo il diploma ho frequentato beni culturali presso l’università di lettere e filosofia e parallelamente seguivo un corso di formatura artistica, restauro scultoreo e creazione ortesi per il trucco di scena.
A seguire l’Accademia Albertina di Belle Arti con indirizzo in grafica d’arte (che mi ha permesso di approfondire: disegno, illustrazione, incisione, fumetto).
Sono sempre stata interessata e assorbita dal mondo dell’arte in tutte le sue forme e dopo la prima personale nel 1999-2000 non ho mai smesso di interessarmi alle realtà che mi circondavano.
Nel 2007 ero co-fondatrice e presidente dell’Associazione Arte e Cultura Culturale Metamorfosi di Torino e in seguito ho continuato e continuo a collaborare con vari artisti e ad esporre.
L’amore per l’arte in tutte le sue forme, il portare avanti le credenze e le tradizioni familiari hanno fuso insieme nella mia mente in modo indissolubile: filosofia, letteratura, esoterismo, immagine e musica.