Curon: il nuovo telefilm di netflix

É un supernatural drama la quinta serie italiana targata Netflix, che vede la collaborazione in regia fra Lyda Patitucci e Fabio Mollo.

 

Curon è una serie audace che avrebbe potuto sfruttare unicamente il suggestivo scenario in cui è stata ambientata, la bellissima Curon Venosta che si trova sulle sponde del lago artificiale Resia.

 

Fortunatamente per noi la volontà dei suoi creatori (Ezio Abbate, Ivano Fachin, Giovanni Galassi e Tommaso Matano) è andata oltre. Così, dando la possibilità alla serie di raccontarsi fino alla fine, oltre al centralissimo tema del doppio possiamo vedere un importante spaccato del nostro tessuto culturale e sociale.

 

La vicenda ha inizio nel momento in cui Anna Raina (Valeria Bilello) torna a casa, dopo diciassette anni, portando con sé i figli Daria (Margherita Morchio) e Mauro (Federico Russo) che non sono molto contenti di lasciare Milano a favore di un paesino del Trentino Alto Adige. Anna deve tornare a Curon perché non ha altro posto dove andare o così dice ai suoi figli. C’è un altro motivo che Anna non dice a voce alta, non è più in grado di convivere con gli incubi che la perseguitano e che sa essere legati al quel luogo.

 

Dopo un inizio un po’ faticoso è con queste parole della prof. Klara Aster, interpretata da Anna Ferzetti, che l’avventura da brivido dei gemelli Raina entra davvero nel vivo.

“Un anziano porta suo nipote nel bosco per insegnargli che cosa sia la vita. Dentro di noi vivono due lupi, dice […] Anche il bambino ride.
Due lupi dentro di noi, cosa vuol dire?
Uno è il lupo calmo e gentile, che caccia per i suoi cuccioli e difende il suo branco. E l’altro è il lupo: oscuro, rabbioso, spietato.
Il bambino è confuso: che cosa ci fanno due lupi dentro di noi?
Lottano tra di loro, dice il nonno.
Lottano per il controllo della nostra anima.
Chi vince? Chiede.
Dipende a quale dei due tu dai da mangiare”.

 

Le scelte prese nella stesura dei dialoghi sembrano voler affondare le radici nelle profondità del lago, sino a raggiungere le terre inabissate nel 1950. Di tutto il paese sommerso rimane visibile solo la punta del campanile le cui campane non dovrebbero suonare più. Solo che a volte qualcuno può ancora sentirle suonare e quando succede, da quei 677 ettari di terra inabissata ingiustamente a favore di pochi, i doppi prendono vita.

 

Il monito che torna dal passato per distruggere così come venne distrutto, un insegnamento mistico che ci sussurra all’orecchio la domanda: “sei davvero chi vorresti essere o sei il risultato degli eventi subiti?”. Ed è un brivido vero quello che percorre la schiena di Daria e Mauro quando la madre scompare in un luogo che non conoscono e che non sentono come casa propria.

 

In definitiva Curon non è una serie perfetta, in alcuni passaggi la recitazione avrebbe potuto dare di più. Si tratta però di un lavoro capace di dare molteplici spunti di riflessione ed è caratterizzato da una forza capace di animare la stessa Curon Venosta che si trasforma da ambientazione ad attore.