Quanti film horror possono vantarsi di arrivare al nostro subconscio? Longlegs arriva a spaventare anche lo spettatore più temerario, toccando quella sfera nostalgica-infantile ancora presente in molti di noi, quella timorosa ma allo stesso tempo affascinata dai racconti sull’uomo nero o simili. Senza contare poi che una cosa è temere di essere fatti a pezzi da uno sconosciuto, un’altra è immaginare che i tuoi stessi genitori alzino un’ascia contro di te.
Questo innesto di orrore, in questo thriller poliziesco che ad un certo punto fa inversione e si trasforma in un horror satanico, è la fondamentale chiave per il successo di “Longlegs”, insieme, ovviamente, alla spettacolare performance di Nicolas Cage.
Osgord “Oz” Perkins, figlio d’arte ovvero di Anthony Perkins ( il Norman Bates di Psycho, di Hitchcock), ci regala un film che prima di essere un grande horror è una eccellente prova cinematografica, mettendo a frutto una serie di codici cinematografici che riescono a rendere inquietantissima una storia in realtà semplicissima e, ad essere onesti, abbastanza banale e non troppo sviluppata.
Un horror “già visto” o un capolavoro?
La trama in breve, che dà le stesse vibes di capolavori come Il silenzio degli innocenti, Seven o Zodiac (senza arrivare naturalmente ad eguagliarli a pieno), parla di una detective dell’FBI, interpretata da Maika Monroe, che indaga su una serie di omicidi inquietanti e che sembra essere sensitiva, possedendo una sorta di “luccicanza” alla Shining che le permette di percepire segnali occulti e talvolta di prevedere cosa sta per accadere. Gli indizi sugli assassinii puntano ad un serial killer, un tale Longlegs appunto che lascia ogni volta delle lettere con dei codici da decifrare. Ben presto, poi, emergono elementi sovrannaturali che trasformano la storia poliziesca in qualcosa di infernale.
Longlegs non è un film di genere prettamente commerciale come può esserlo oggi Terrifier, ma un horror d’autore, che si candida a diventare un cult come altri suoi precedenti: It Follows forse ha dato inizio a tutto e, non a caso, Maika Monroe era anche in quel film. Il film non è di sicuro un capolavoro, causa la scelta di idee che Perkins non riesce a portare fino in fondo, affidandosi ad una sceneggiatura molto generica e a soluzioni superficiali che rendono la narrazione piuttosto approssimativa. Ma nonostante tutto, Longlegs riesce a rientrare nella categoria di “horror elevato” grazie alla costruzione di un contesto fittizio dal grande impatto emotivo, che tocca i tasti giusti, quelli del terrore più arcano.
In questo il film è sostenuto soprattutto da un’estetica curatissima e da interpretazioni attoriali straordinarie. Il primo elemento disturbante è senza dubbio Nicolas cage, che porta in scena un personaggio quanto mai folle e grottesco. Merito anche di un lavoro di inquadrature che giocano sul vedo-non vedo, le sue apparizioni sono agghiaccianti e sconcertanti, da far venire i brividi. Con quell’aspetto trasandato, il cerone e la passione per il glam rock, Nicolas è decisamente il punto forte di questo film. Lui è Longlegs.
Un altro elemento che gioca un ruolo importantissimo in questo film sono le inquadrature, estremamente simmetriche, le riprese con delle zoomate molto lente su delle scenografie claustrofobiche. Spesso i protagonisti stessi ci danno le spalle e non riusciamo mai ad avere una visuale ampia su ciò che li circonda, L’effetto è quello di una suspense inesauribile, con la sensazione costante che spunti qualcosa da dietro l’angolo all’improvviso. Ma in realtà ciò che funziona molto bene è proprio che in Longlegs i jumpscare sono veramente pochi e dosati alla perfezione, collocati sempre nel momento giusto.
Insomma, tutto sommato Longlegs è un film che merita tanto e che vi farà fare tanti splendidi incubi.
Laureata in Archeologia, Storia delle Arti e Scienze del Patrimonio Culturale alla Federico II di Napoli. All’età di 5 anni volevo fare la “scrittrice”, mentre adesso non so cosa di preciso mi riserverà il futuro. Ma una cosa certa è che la scrittura risulta essere ancora una delle mie attività preferite, una delle poche che mi aiuta di tanto in tanto ad evadere dal mondo.