Persuasione

Persuasione: la recensione (imbruttita) del nuovo film con Dakota Johnson

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Gli adattamenti cinematografici dei romanzi, si sa, sono sempre un po’ rischiosi. Specialmente quando si va a toccare un mostro sacro della letteratura mondiale, una delle autrici più amate e venerate di sempre: Jane Austen (1775-1817). Dopo la sfilza di film tratti dalle sue opere usciti negli anni – Orgoglio e Pregiudizio (1995 e del 2005), Ragione e Sentimento (1995), Emma (1996 e 2020), Mansfield Park (1999 e 2007) – il 15 luglio scorso è approdato su Netflix l’adattamento di Persuasione, la sua ultima fatica letteraria uscita postuma nel 1818.

Diretto dalla regista teatrale britannica Carrie Cracknell, alle prese con il primo lungometraggio della sua carriera, Persuasione non fa altro che far parlar di sé dalla sua uscita, dividendo la critica in chi lo ha adorato e chi vorrebbe indietro le quasi due ore di vita perse per la visione (fra cui la sottoscritta).

Ma ora la domanda che mi pongo è la seguente: se ne sentiva davvero l’esigenza? O meglio, si sentiva l’esigenza di concepire un film che snaturasse a tal punto l’opera austeniana?

Andiamo per gradi, sebbene la piega che prenderà questa recensione è già intuibile da queste prime righe.

Persuasione

Fonte foto: quotidiano.net

Di cosa parla Persuasione?

Anne Elliot è la figlia di Sir Walter Elliot, un baronetto pieno di sé dal carattere profondamente orgoglioso, e vive con le sorelle Elizabeth e Mary. Dopo essere rimasto vedovo, l’uomo decide di affidare la giovane figlia Anne alle cure e all’educazione di una tutrice. Otto anni prima Anne si era innamorata di un ufficiale di Marina, il Capitano Frederick Wentworth, che ricambiava il suo amore. Ma la posizione sociale dell’uomo, nettamente inferiore alla sua, e le parole di Lady Russell, la migliore amica di sua madre, l’avevano persuasa a rompere il fidanzamento. Eppure quando Anne lo rivede, il tempo sembra non essere mai trascorso. Pentitasi amaramente della sua scelta, la giovane decide di giocarsi ogni possibilità per riconquistarlo.

Il significato dietro il termine “persuasione”

Come ogni romanzo di Jane Austen, anche in Persuasione emerge una chiara satira sociale dell’Inghilterra di inizio Ottocento – il periodo definito della “Reggenza“, per intenderci. Ma Persuasione è anche il romanzo della piena maturità letteraria della scrittrice, scritto nel periodo in cui è sempre più malata e prossima alla morte.

In realtà il titolo non fu scelto dalla Austen, che morì prima di pubblicarlo, ma rende bene l’idea delle tematiche trattate. Racconta, infatti, la persuasione di Anne, indotta a rifiutare l’amore del Capitano Wentworth, ma anche quella degli altri personaggi che si alternano fra le pagine.

Ma torniamo alla nostra recensione. Cos’è che non ha funzionato in questo film? Ecco i 3 punti dolenti da non sottovalutare.

1) La scelta del cast

Persuasione

Fonte foto: cineblog.it

Lo ammetto, ho un problema personale nei confronti di Dakota Johnson. Non mi riferisco alle sue doti di attrice, bensì al fatto che il suo volto ormai riesco ad associarlo solo ad Anastasia Steele. La scelta di scritturarla nei panni della timida e dolce Anne, dopotutto, non mi aveva convinta fin dal principio. Ma, dopo aver visto il film, posso confermare le mie remore.

Innanzitutto, non mi spiego perchè abbiano scelto un’attrice americana (non che abbia qualcosa contro gli americani) e non una inglese. Vi assicuro che i dialoghi in lingua originale sono davvero pessimi. Ma d’altronde non mi aspettavo la medesima accuratezza delle trasposizioni della BBC, forse fin troppo meticolose.

E cosa dire di Cosmo Jarvis, l’attore scelto per impersonificare il Capitano Wentworth? La sua espressione smarrita e la sua totale assenza di appeal mi hanno irritata fin dalle prime scene. Sarà che nella mia testa parte subito il confronto con il Mr. Darcy di Colin Firth, il solo e unico.

Del cast salverei soltanto Sir Elliot… forse.

2) Troppa modernità

Persuasione è la sagra degli anacronismi e dei modernismi.

Carissima regista Cracknell, capisco che l’influenza di Bridgerton sia notevole, considerato il successo planetario riscontrato nell’ultimo periodo. Ma mi spiega come può mettere in bocca a una donna di inizio Ottocento parole quali “ex“, “single” e “playlist“? Fosse stato un romanzo di Julia Quinn, lo avrei anche capito. Ma sempre di Jane Austen parliamo, quindi un atteggiamento di rispetto per la sua epoca e per la veridicità storica credo sia doveroso.

Quella poverina si starà rivoltando nella bara.

3) I dialoghi

Jane Austen ha scritto romanzi che parlano anche d’amore, è vero. Ma mi sembra assurdo trivializzare questa componente con dialoghi che sembrano usciti da una telenovelas anche un po’ trash.

A giudicare da come parlano fra loro i personaggi, sembra che non credano nemmeno loro a ciò che dicono. Per di più, come se non bastasse, la regista ha deciso di strafare abbattendo la quarta parete: la protagonista Anne, infatti, più volte si rivolge allo spettatore con ammiccamenti e battutine che dovrebbero coinvolgerlo in maniera attiva. Sarebbe un’idea anche carina, se non fosse che a un certo punto l’abuso di questa tecnica rende il tutto ancora più artificioso e irritante.

Persuasione

Fonte foto: axy.news

Insomma, se avete amato il romanzo austeniano e non volete farvi il sangue amaro per come è stato stravolto, prendete le dovute distanze da questa produzione. Se invece avete voglia di passare due ore di puro intrattenimento, consapevoli che questo film non contiene nemmeno un frammento dell’anima della Austen, vi auguro una buona visione.

Io vado a rifarmi gli occhi con Orgoglio e Pregiudizio!

 

 

 

 

 

 


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