I bagni di Cefalà Diana

 Immagine: copyright siciliafan.it

 

A una trentina di chilometri da Palermo, si trova un borgo di poco meno di mille abitanti: Cefalà Diana, famosa per i Bagni arabi, considerati il più antico esempio in Italia di struttura architettonica, costruita per sfruttare una sorgente termale a scopi curativi. Li possiamo trovare nella Riserva Naturale Regionale Orientata Bagni di Cefalà e Chiarastella,istituita nel 1997 nei territori di Cefalà Diana e Villafrati ed estesa su un territorio di oltre 136 ettari.

 

La struttura

 

Si tratta di un edificio rettangolare, con all’interno un’unica sala con volta a botte, dotata di fori per l’areazione; lo spazio è diviso in due parti da una triplice arcata, formata da archi a tutto sesto ai lati e uno centrale a sesto acuto.

 

La parte anteriore della sala, molto più grande dell’altra, è formata da tre vasche comunicanti; ai lati si possono vedere delle nicchie, probabilmente usate per la custodia degli indumenti. La parte posteriore è più rialzata e comprende un’unica vasca adibita alla raccolta delle acque termali – che sgorgavano dal terreno – per essere, poi, incanalate nelle tre  situate anteriormente.

 

All’esterno, la struttura è caratterizzata da una massiccia costruzione in pietra, su cui si può vedere un’iscrizione araba, scolpita in rilievo, che occupa tre lati delle mura. Su uno di essi, si può distinguere la scritta – in caratteri cufici, cioè quelli arabi – In nome di Dio clemente e misericordioso.

 

Un pò di storia

 

L’edificio dei bagni risale all’età arabo – normanna. Siamo nel XII secolo ed è un esempio di innovazione dell’ingegneria musulmana,  che con maestria, riuscì a raccogliere e a far confluire nelle sale interne le acque sulfuree, la cui temperatura si aggirava intorno ai 38°, e che furono considerate un toccasana per i dolori alle ossa e altri disturi fisici.

 

In tempi recenti

 

A partire dagli anni ’90, le acque termali sono scomparse per via di un pozzo scavato nel vicino comune di Villafrati;  la loro assenza ha avuto ripercussioni strutturali, per via del peggioramento delle condizioni microclimatiche, idonee alla conservazione del monumento. Si sono, infatti, dovuti eseguire alcuni rinforzi sulle colonne della triplice arcata a scopo cautelativo. Al tempo stesso si è però deciso di sfruttare lo stesso pozzo per riportare l’acqua alle vasche, elemento che contribuisce in maniera determinante alla suggestiva bellezza del luogo.