Fonte foto: lamialiguria.it
In autunno, tanto tempo fa, quando l’Appennino ligure non era altro che un’unica distesa di boschi di castagno tanto da venire soprannominata la “civilità della castagna“, quest’ultima era, appunto, l’alimento a disposizione più diffuso e abbondante tra la popolazione contadina.
Si sceglieva di cucinare le castagne durante le serate di festa nella classica padella forata e venivano chiamate le “rustie” che accompagnavano le runioni serali nelle cucine o nelle stalle. Quando le castagne venivano semplicemente lessate in acqua, con la buccia, aggiungendo semplicemente un pizzico di sale, nascevano i cosiddetti “balletti” (per i movimenti che facevano le castagne all’interno della pentola quando l’acqua bolliva); in questo caso, l’acqua di cottura assumeva un colore marrone e, per questo, ancora oggi, tra i genovesi c’è il detto “chiaro come l’acqua dei balletti” per apostrofare qualcuno poco trasparente, un po’ losco.
Le ricette che si preparavano con le castagne e con la loro farina, fino a qualche decennio fa erano molteplici, ed una in particolare era il castagnaccio, o come viene chiamato in dialetto, il “cacìn“, preparato con farina di castagne, uvetta, pinoli, semi di finocchio (o foglioline di rosmarino nelle zone più vicine alla Toscana) e, come ultimo tocco, si aggiungeva l’olio. Oggi, purtroppo, questa ricetta è poco conosciuta tra le nuove generazioni, e rimangono in poche le mani abili a prepararla, però si può trovare ancora in svariate sagre e feste sparse per tutto il territorio ligure.
C’è anche una leggenda legata al cacìn: proprio grazie alle proprietà che hanno le erbe aromatiche presenti in questo piatto, le anziane signore liguri raccontano alle proprie nipoti, generazione dopo generazione, che il castagnaccio ligure funzioni come filtro d’amore! Infatti, leggenda narra che se una ragazza offre un cacìn cucinato amorevolmente con le proprie mani al ragazzo che le piace, quest’ultimo non potrà fare altro che ricambiare il suo amore. Non ci credete? Provare non costa nulla…
Cucinare un cacìn non è complicato, e gli ingredienti necessari sono semplici e genuini. Per la cottura viene usato un tegame di rame stagnato, appositamente fatto per essere messo al forno; se non avete un utensile del genere, va bene anche una comunissima teglia rivestita di carta da forno.
La ricetta
Ingredienti
- 300 gr di farina di castagne
- 500 ml d’acqua fredda
- 100 gr di zucchero semolato
- 100 gr di pinoli
- 100 gr di uvetta già ammollata e strizzata
- scorza grattugiata di un limone (non trattato)
- 7 gr di finocchietto selvatico tritati
- 2 gr di sale fino
- gli aghi tritati di un rametto di rosmarino
- 30 ml di olio extravergine d’oliva
Procedimento
Come primissima cosa, accendete il forno in modalità “statico” e preriscaldatelo fino a 200°C. Prendete una ciotola e versateci dentro la farina di castagne e l’acqua fredda, poca alla volta, continuando a mescolare. Non aggiungete altra acqua fino a quando quella precedente non è stata assorbita dalla farina. Il risultato finale dovrà essere una pastella semi-liquida, morbida e senza grumi.
Prendete i pinoli, toglietene un pugno dal totale e mettetelo da parte. Prendete lo zucchero, toglietene un cucchiaio abbondante dal totale e mettetelo da parte. Prendete l’uvetta, toglietene un pugno dal totale e mettete anche questo da parte. Questi serviranno da decorazione appena prima di infornare il cacìn.
A questo punto, prendete i pinoli e lo zucchero ed aggiungeteli alla pastella nella ciotola. Continuate a mescolare con la frusta fino a che tutto non sarà ben amalgamato. Aggiungere il sale, l’uvetta, la buccia del limone grattugiata, l’olio ed il finocchietto. Amalgamate bene anche questi ultimi ingredienti e versate tutto il composto nel tegame di rame stagnato ben unto con dell’olio o nella teglia da forno. Livellate la pastella e, prima di infornare, guarnite con i pinoli, l’uvetta e lo zucchero che avevate lasciato da parte. In superficie spolverate anche con gli aghi di rosmarino tritati.
È giunto il momento di cuocere il cacìn: infornate a mezza altezza, a 200°C con il forno statico, per 35/40 minuti, ma controllate sempre la cottura. Sarà pronto quando lo vedrete diventare di un bel colore ambrato e quando sulla superficie appariranno delle piccole crepe. Si può mangiare sia caldo che freddo, ma il modo migliore di gustarlo è quando diventa tiepido.