Cosa sono le Dark Kitchen?

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Fonte foto: Ristorando

 

Quando mi hanno chiesto cosa fossero, non avevo la minima idea della risposta. Ho provato a tradurre letteralmente dall’inglese: “cucina buia“. Ad intuito non significava certo propriamente una cucina di colore scuro, o a luci spente. Quindi ho fatto delle ricerche e ho scoperto che per assonanza le dark kitchen non erano il titolo di un film di fantascienza, oppure horror, bensì un fenomeno attualissimo che sta trasfigurando il mondo della ristorazione e del delivery food.

 

Le dark kitchen sono dunque delle cucine centralizzate, “chiuse”: ristoranti in cui non si recano i clienti, ma dove vengono prodotti i piatti che poi vengono consegnati con le consegne a domicilio.

 

L’esperienza del ristorante come momento sociale e collettivo viene meno, per “concentrarsi” su ciò che viene prodotto, ordinato e proposto nel menu. Ne deriva che il ristorante, inteso come luogo fisico dove consumare il pasto, diventa casa propria.  Gustare i piatti dei ristoranti comodamente sul divano, con la serie tv o gli amici del cuore attorno, sembra essere lo status symbol del momento, anche in virtù della stringente necessità di distanziamento sociale che la pandemia ha provocato,  e del futuro.

 

L’esplosione del fenomeno delle cucine “chiuse” e pensate solo per la produzione di piatti per la consegna a domicilio modificherà gli equilibri del settore food e ridefinirà il ruolo degli operatori di questo settore.  Il tema, di stretta attualità anche in Italia, è stato dibattuto nel corso di Mapic Food, evento internazionale dedicato alle catene e agli attori della ristorazione commerciale svoltosi a Milano.

 

C’è una ragione ben precisa che spiega perché le cosiddette “dark kitchen” sono accreditate, dagli addetti ai lavori, di potenzialità di crescita esplosive e tale ragione è l’incremento esponenziale delle consegne di piatti pronti a domicilio, una tendenza a cui ha soprattutto contribuito il popolo dei millennial. Una tipologia di clientela che non esita a ordinare cibo pronto anche due o tre volte a settimana e che si aspetta un servizio veloce, ampia scelta e un buon rapporto qualità-prezzo.

 

Cresce l’appetito per il cibo a domicilio

 

Crescendo in modo sostanziale la domanda a domicilio, ecco che anche ristoranti affermati e ben organizzati hanno spesso faticato a far fronte agli ordini da consegnare ai rider delle varie Deliveroo, JustEat, Glovo e Uber Eats. Da qui la spinta verso un nuovo modello di cucina, votata da una parte a preservare la qualità dell’esperienza di consumo all’interno del locale e dall’altra a non compromettere lo sviluppo di new business, cavalcando l’opportunità di riconfigurare i propri spazi o di affidare a soggetti terzi, le dark kitchen per l’appunto, la gestione delle consegne a domicilio. All’orizzonte si profila un mercato dalle enormi opportunità: oggi il giro d’affari del food delivery su scala globale vale 35 miliardi di dollari e la proiezione al 2030 (fonte Ubs) parla di 365 miliardi di dollari, con una crescita composita anno su anno del 20%.

I numeri delle Dark Kitchen

 

Stephane Ficaja, direttore generale Northern and Southern Europe di UberEats, ha provato  a sbilanciarsi nel quantificare la portata del fenomeno delle dark kitchen, stimando in 5mila il  numero di quelle attive in Europa entro i prossimi cinque anni, al servizio di 200mila brand di ristorazione. Una stima indicativa, sicuramente, ma che rappresenta una conferma netta di un cambiamento in atto.

 

Il food delivery online sta crescendo più velocemente del resto del mercato – ha aggiunto in proposito il manager – e le dark kitchen permettono di ridurre gli investimenti diretti, garantiscono l’eccellenza a livello operativo e una maggiore agilità nella gestione del prodotto. Il miglioramento della loro efficienza le renderà parte attiva del futuro dell’industria della ristorazione”.

 

I vantaggi

 

Le cucine dedicate esclusivamente alle consegne a domicilio possono aiutare significativamente i ristoranti a far crescere il proprio business fornendo una piattaforma di espansione a bassissimo rischio, che azzera i costi di affitto dei locali e delle attrezzature e altre spese operative come le utenze, i costi d’esercizio, le pulizie.

I ristoranti potranno gestire esclusivamente la preparazione e cucina dei piatti e concentrarsi così sull’offerta di prodotti di qualità da offrire ai clienti, senza doversi preoccupare delle complessità che derivano della gestione di un normale ristorante. Bisognerà imparare a sfruttare anche le nuove tecnologie, dai “Big Data per la piattaforma infrastrutturale” , “all’intelligenza predittiva degli algoritmi” per prevedere la domanda passando per il tracking in tempo reale della consegna.

 

In conclusione, in natura tutto cambia, tutto si evolve. Non resta che sperimentare.


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