Adele e i suoi “30” anni

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Nel minuto in cui un noioso giovedì di metà novembre si trasforma nell’attesissimo venerdì 19, basta un clic sulla piattaforma streaming preferita e ci si ritrova in cuffia l’album più atteso dell’anno: 30. Adele si è fatta attendere come solo le grandi star riescono a fare, regalandoci a piccole dosi qualche nuova nota, comodamente dal divano di casa, con la semplicità e l’intensità che da sempre la contraddistinguono.

Easy On me ha dominato ampiamente classifiche mondiali,  tv musicali e radio, trasformando il nostro autunno in un malinconico viaggio in auto, tra riflessioni profonde e doti attoriali riscoperte al finestrino.

Con il primo singolo, fazzoletti alla mano, Adele ci ha rassicurati: gli anni di pausa non l’hanno portata su strade diverse, o perlomeno tanto lontane dal suo rettilineo struggente. 30 è infatti un melodramma di 58 minuti e 18 secondi durante i quali Adele, attrice protagonista, ci guida attraverso strade secondarie e vicoli ciechi della sua vita sentimentale.

Le tracce

Su archi degni di un cortometraggio Disney, ci ritroviamo nella prima scena (Strangers by nature) sotto un cielo grigio, fuori città, a portare fiori alla tomba di un amore ormai defunto. Ci immettiamo subito dopo sulla strada principale (Easy on me) per deviare improvvisamente verso una dolcissima chiacchiera soul con il figlio Angelo (My little love). Un richiamo alla Alicia Keys di You Don’t Know my Name, trasformato in una confessione a cuore aperto di Adele, che afferma di avere ancora tanto da imparare (Mama’s got a lot to learn/ Teach Me).

L’attrice protagonista prosegue il suo cammino e ci conduce in un vicolo inesplorato: sembra di fare ingresso all’interno di una vecchia sala di incisione della Motown Records e con un tocco di vocoder e autotune, la ascoltiamo ammettere i suoi errori “I created this storm, it’s only fair I have to sit in its rain”.

Un percorso di ritrovata consapevolezza anche quello di Can I Get It, sulla strada di un pop catchy e radiofonico, prodotto da Max Martin.  Ed ecco che ritorniamo su vie familiari: I Drink Wine è piano e voce, intensità e cori che ci portano alle sonorità che ben conosciamo. Deviazione inaspettata alla traccia 8 (All night parking): una campionatura del celebre pianista Erroll Garner ci porta in un fumoso locale jazz e non ci riesce difficile immaginare Adele adagiata ad un pianoforte, in abito lungo, ad intonare un suo segretissimo sogno.

Storditi dall’atmosfera smoky, ritorniamo immediatamente nella comfort zone. Chitarre, piano e voce la fanno da padrona, ora per accusare l’ex (Woman like me), ora per farsi forza (Hold on).

Il viaggio sta per concludersi, gli ultimi chilometri li percorriamo in 12 minuti di rettilineo: To Be Loved, degna erede di Easy On Me, è  una struggente accettazione di sé, di un tentativo vano di recuperare ciò che ormai è irrecuperabile, ma senza rimpianti (Let it be known that I tried, that I tried). Love is a Game, con un malcelato richiamo a Amy Winehouse, è la giusta chiusura di questo lungo percorso. Una perla soul, forse la più bella.

Voce fuoricampo, attrice protagonista, Adele non ha semplicemente parlato (citandola) di “Divorce, baby”. 30 è un racconto disarmante e sincero tra i meandri sentimentali della sua storia; un viaggio che ripercorre tutte le fasi di un amore finito alla fine dei 20 anni. Un matrimonio concluso, un figlio e la consapevolezza di poter tornare ad amare. I can love again, I love me now. Se stessi prima di tutto.


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