“Black is King” è un film musicale complesso da catalogare, difficile da chiamare vero e proprio film, forse più un videoclip di oltre un’ora e mezza, ma comunque una forma d’espressione potente che tenta di dare forza e coraggio alle generazione moderne, quelle del “Black Lives Matter” che si battono per ottenere maggiori diritti per tutti coloro discriminati per il colore della pelle in un’America, e un mondo, ancora razzista.
Per tentare di definire questa operazione, bisogna partire dallo scorso anno, il 2019, quando nelle sale di tutto il mondo si è riaccesa la luce su un classico Disney, che la casa di Topolino ha voluto trasformare per forza in live-action, “Il Re Leone”. In quel film, Beyoncé dava la voce non solo al personaggio di Nala, ma anche all’album che accompagnava la pellicola “The Lion King: The Gift”, un’opera che ha ispirato la cantante a creare il visual album in questione, “Black is King”, una lettera d’amore alla cultura africana, che vede il supporto di molte star internazionali dell’Hip pop e del R&B, tra cui Jay-Z, Pharrel Williams, Kelly Rowland, Jessie Reyez, Wizkid, l’attrice Lupita Nyong’o e la modella Naomi Campbell.
Da qui parte uno dei problemi del film, ossia cosa vuole davvero essere. Il riferimento alla storia del piccolo Simba, è usata come semplice pretesto per essere inserito sotto il marchio Disney, con voci fuori campo che richiamano i momenti salienti del classico, e nulla più. Perché il Simba di Black is King evolve in concetto diverso, non ha molto in comune con il destino sheakespeariano del leoncino, ma riscrive la crescita di un principe africano come un moderno Mosè, abbandonato dalla madre sulle acque di un fiume per concedergli un futuro migliore da un’altra parte, adottato da una famiglia reale per sedere un giorno al trono che gli spetta, e che viene strappato alla sua famiglia. Abbandonato e spaventato, Simba è costretto a percorrere le strade della vita vera, un mondo dispersivo, la sua Africa, meno idealizzata, ma periferica, tra quartieri poveri e in degrado, e la tentazione del successo facile, o dei soldi facili del crimine. Simba seguirà il suo “Hakuna Matata” e senza pensieri vivrà la vita in tutte le moderne illusioni sociali, dimenticando la propria origine. Eppure, alla fine, la sua storia è destinata a tornare a casa, governata da maestri ancestrali che lo riconnetteranno alla sua dinastia, un’identità che diventa il fluido di un intero popolo, al fine di guidarlo alla riscoperta di se stesso, con orgoglio.
Black is King tenta di veicolare un messaggio importante di consapevolezza e rispetto per la cultura di un continente saccheggiata dagli occidentali. Beyoncé veste il ruolo di regista, e contemporaneamente, i colori dell’Africa in tutte le sfumature della sua storia, compresi gli eccessi, tra le migliaia di lingue e dialetti diversi, i suoni e i riti, il fascino della natura selvaggia e incontaminata, l’unione spirituale a forze antiche, primordiali, ma anche il colonialismo, le violenze e le deportazioni di popolazioni che nei secoli sono state costrette ad emigrare altrove, i cui discendenti ancora oggi sono umiliati, messi da parte, privati degli stessi diritti e possibilità dei coetanei bianchi, ma destinati ad essere ghettizzati, oppure uccisi in modo violento dalle forze di polizia solo per il colore della pelle, come George Floyd.
Beyoncé esprime in modo sincero dei concetti fondamentali a cui si sente legata attraverso la musica e il ballo, e se la resa visiva risulta affascinante, con scene che richiamano all’arte moderna, ma anche al misticismo classico, in Black is King manca una vera componente narrativa di altri film musicali. Un legante che tenga saldo il piede su un percorso denso di suggestioni, di ritmo, di idee, ma che oscilla su un filo troppo sottile che deve sorreggere il richiamo culturale e l’impegno civile di intere generazioni, alla semplice operazione commerciale di due aziende che vendono sogni. Alla fine, tutto rischia di cadere in un semplice videoclip allungato, in cui la Diva ruba la scena a tutti.
Nel finale, una emozionante dedica a suo figlio Carter, “e a tutti i nostri figli e figlie, il Sole e la Luna splendono per voi, voi siete la chiave del regno.” Ed è a questo punto che tutti i limiti di Black is King possono essere messi da parte. Perché se anche solo una ragazza o un ragazzo riscano a trovare l’ispirazione giusta in queste immagini e in questa musica per cambiare davvero il mondo, allora tutta l’umanità ha qualche possibilità di migliorare, e finalmente, riconnettersi all’assoluto.
Voto:3/5