53 anni fa, il 3 giugno 1970 i Deep Purple regalano alla musica una vera e propria pietra miliare: Deep Purple in Rock.
Agli inizi degli anni ’70, con l’arrivo di due nuovi componenti, il bassista Roger Glover e il cantante Ian Gillan, i Deep Purple abbandonano le passate sperimentazioni pop, progressive e rock’n’roll dei primi tre album, per intraprendere la strada del rock, quello dei riff e degli assoli che arrivano diretti a chi li ascolta, senza nessun filtro.
L’album In Rock, noto anche come Monte Rushmore, rappresenta la decisa virata della band verso quello che si può definire semplice e puro hard rock. La cover non lascia spazio all’immaginazione: il celebre monte su cui solitamente si vedono scolpiti i volti dei quattro presidenti americani Washington, Jefferson, Roosvelt e Lincoln, ritrae ora i componenti dei Deep Purple, scolpiti a suon di chitarre, acuti e tastiere dei 43 minuti e 23 secondi di album.
Le tracce
Non è, infatti, un caso il gioco di parole “In rock”, inteso sia come genere musicale che come roccia: l’album apre con Speed King, quasi sei minuti introdotti da un minuto di puro frastuono, tipico dei finali di concerto, per poi passare ad un intermezzo di organo interrotto dalla potentissima voce di Gillan. I suoi celebri acuti danno sfoggio nel secondo brano Bloodsucker, ma la vera perla dell’album è Child in Time, che chiude il lato A.
“You’d better close your eyes” recita il leader dei Deep Purple, invitando chi ascolta a farsi attraversare dalla potenza delle Stratocaster e dell’organo Hammond di Jon Lord, amplificato con casse Marshall. Come dichiarato dallo stesso Gillan, il giro di accordi di questo capolavoro è per buona parte tratto dal brano “Bombay Calling” del gruppo americano It’s a Beautiful Day, ma il testo della canzone, che tratta della recente guerra in Vietnam, e gli ineguagliabili acuti di Ian fanno dimenticare la questione plagio e la rendono un vero e proprio inno dell’hard rock mondiale.
Il lato B parte con Flight of the Rat, brano che dà modo ad ogni singolo componente della band di dar sfoggio delle proprie capacità. Si procede, poi, con Into the fire, dal carattere più blues e lento, Living wreck, con un accenno alla psichedelia dei primi album e si chiude con Hard Lovin’ Man, una vera e propria cavalcata di distorsioni, acuti e riff che pongono le basi per l’heavy metal.
I sette brani raggiunsero con facilità la vetta delle classifiche: In Rock fu disco d’oro in Inghilterra, USA, Francia e Olanda e oggi, a distanza di oltre 50 anni, resta scolpito nelle menti degli amanti del rock.
Laureata in marketing e masterizzata in comunicazione e altro che ha a che fare con la musica. Fiera napoletana, per metà calabrese e arbëreshë, collezionista compulsiva di vinili, cd o qualsiasi altro supporto musicale. Vanto un ampio CV di concerti e festival.