La performance dei Nirvana del 1993 all’MTV Unplugged, a New York, rappresenta un piccolo episodio a sé stante in quella che è la storia del rock e ci ha regalato uno degli album live più belli e intensi di sempre.
Abbiamo sempre avuto una visione perfetta di quell’evento che con il tempo si è circondato di un’aura leggendaria. Ci ricordiamo di quel piccolo palco squadrato, circondato da fiori e da un’atmosfera intima e raccolta; ci ricordiamo del cardigan verde slavato di Kurt Cobain, dell’apparente calma e sicurezza mostrate da tutti i membri della band originaria di Seattle. Ci ricordiamo del totale silenzio di un pubblico costretto a stare seduto, solitamente abituato a dimenarsi sulle note di Smells like Teen Spirit. Ci ricordiamo della magia che tutto ciò ha portato.
Ma come andò veramente lo spettacolo dietro le quinte?
Stando a quanto dichiarato anni fa da Dave Grohl, la serata si sarebbe potuta rivelare un completo disastro. Nel corso di un’intervista concessa alla rivista American Way, il frontman dei Foo Fighters ha rivelato:
“Quello spettacolo poteva trasformarsi in un disastro. Non avevamo provato e non eravamo abituati a suonare in acustico. Abbiamo fatto giusto un paio di prove e furono terribili. Tutti pensavano che sarebbe stato uno show orribile, compresi quelli di Mtv. Poi ci siamo seduti, le telecamere hanno iniziato a riprendere ed è successo qualcosa. Abbiamo sentito come un click e siamo partiti. Ed alla fine è stata una delle esibizioni più memorabili della band.”
Kurt Cobain e la storia del “ pollo fritto”
Ne sono state dette tante su quel pomeriggio agli Studios della Sony. Pare che Kurt Cobain si fosse presentato in astinenza e, quando le cose si misero male, cercò di spiegare che aveva bisogno di “pollo fritto”. Così la produzione di MTV prese alla lettera le parole del frontman e spedì qualcuno da Kentucky Fried Chicken. Ma non era lì che avrebbero trovato ciò che Kurt chiedeva. Quando fu chiaro a tutti che Cobain non sarebbe stato in grado di suonare senza la sua dose di eroina, i responsabili della produzione cercarono di procurare del Valium, ma nessuna delle persone mandate nelle farmacie in città trovò le pastiglie giuste. Alla fine dovette intervenire Kurt, che – sfruttando uno dei pochi momenti in cui non stava male ( aveva problemi gastrointestinali che cercava di curare assumendo diversi tipi di droghe) – riuscì ad organizzare una “consegna”. Soltanto a quel punto si rimise in piedi.
Le tensioni e l’insofferenza verso i meccanismi dell’industria musicale
Nelle parole che Kurt e i compagni si scambiano, tra un brano e l’altro, ci sono il sarcasmo e l’intelligenza di chi cerca di ribellarsi agli standard imposti dai vertici. I Nirvana andavano alla ricerca di un’autenticità, di una purezza artistica che andava oltre l’energia e la rabbia del grunge, e questa tensione viene espressa sul palco dell’Unplugged attraverso quattordici pezzi, di cui solo otto della band; i musicisti infatti, piuttosto che dare ragione alla produzione – che avrebbe voluto una diligente selezione di singoli di successo, per un risultato commerciale più sicuro – decidono di suonare le cover di alcuni brani semi-sconosciuti ai più:
“Jesus Doesn’t Want Me for a Sunbeam” (un brano della rock band scozzese The Vaselines), alcuni pezzi dei Meat Puppets (Plateau, Oh Me e Lake of Fire) , la ormai iconica “The Man Who Sold the World” di David Bowie e “Where did you sleep last night” di Leadbelly.
Sempre Dave Grohl ha dichiarato in un’intervista: “Avevamo visto gli altri concerti della serie Unplugged e non ci erano piaciuti. La maggior parte delle band li interpretava come dei concerti rock, suonavano le hit come se fossero al Madison Square Garden ma con le chitarre acustiche”.
I Nirvana volevano risultare originali e lasciare un’impronta significativa su quel pubblico in grande attesa, volevano mostrare un’ intensità e una sincera fragilità che non potevano essere espresse con una Smells Like Teen Spirit o una In Bloom in acustico.
Fonte: mentelocale.it
L’Unplugged coglie l’essenza dei Nirvana
Pare che la performance dei Nirvana per MTV sia stata l’unica ad essere registrata in presa diretta, in un solo colpo, mantenendo tutte quelle imperfezioni che alla fine saranno parte integrante dell’esibizione.
Si parte da una “About a Girl” che trova tutta la sua purezza nella versione acustica, si passa per “Come As You Are” e per l’organetto gioiosamente suonato da Krist Novoselic nella quasi religiosa “Jesus Don’t Want Me For A Sunbeam”. Quando qualcuno tra il pubblico attende con ansia qualche altra hit famosa, dalla chitarra di Cobain escono delle note stranianti e dalle sue corde vocali un canto penetrante e stridente in “The Man Who Sold The World”.
Quel canto diventerà, in un climax e attraverso gli altri brani, sempre più acuto e lacerante; fino alle ultime note dell’ultimo brano “Where Did You Sleep Last Night”. È con un beffardo sorriso sulle labbra che Kurt comunica “Fanculo ragazzi questa è l’ultima canzone della serata”, dopo aver illuso il pubblico sull’avere un potere decisionale nella scelta delle canzoni.
Un fatto curioso è che in quell’ambiente a tratti cupo e tetro, l’arredamento a base di candele, lampadari di cristallo e gigli orientali fu suggerito da Kurt stesso. Qualcuno gli chiese “Come ad un funerale?” e lui rispose senza mezzi termini “Esattamente”. Sapendo oggi che l’ MTV Unplugged In New York è il primo disco uscito dopo la morte di Cobain ci fa pensare quasi ad un funerale degli stessi Nirvana. Ma chi può sapere cosa si nascondesse già allora nella mente tormentata di Kurt?
Sicuramente quella del 18 novembre del 1993 è una performance che, col senno di poi, ci permette di cogliere quella che forse era la vera essenza dei Nirvana e di Kurt Cobain, forte e splendente nella sua fragilità. E ci lascia di certo un ricordo straordinario di quell’uomo dalla personalità complessa, ricordato quasi esclusivamente per essersi sparato un colpo di fucile alla testa.
Laureata in Archeologia, Storia delle Arti e Scienze del Patrimonio Culturale alla Federico II di Napoli. All’età di 5 anni volevo fare la “scrittrice”, mentre adesso non so cosa di preciso mi riserverà il futuro. Ma una cosa certa è che la scrittura risulta essere ancora una delle mie attività preferite, una delle poche che mi aiuta di tanto in tanto ad evadere dal mondo.