Under the bridge

“Under the bridge” e la storia al di là del ponte

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Anthony Kiedis inizialmente pensava che “Under the Bridge” non sarebbe mai entrata nel repertorio dei Red Hot Chili Peppers, né tanto meno nell’album in produzione “Blood Sugar Sex Magik”, perché troppo sentimentale rispetto al resto dei brani, densi di vigore e di groove.

Egli inoltre era restio nel mostrare il testo da lui scritto, poiché era qualcosa di intimo e personale, che lui aveva scritto di getto durante una fase di stress emotivo e mostrava delle emozioni che non gli andava di condividere con gli altri membri della band.

Fu poi per merito del produttore Rick Rubin che il brano fu pubblicato come singolo. Egli infatti visitava regolarmente Kiedis per discutere del materiale per l’album e una volta, mentre sfogliava un quaderno di quest’ultimo, trovò il testo di “Under the bridge” e ne fu conquistato, implorando di mostrarlo agli altri. Il resto è storia.

La solitudine nella “Città degli Angeli”

Sometimes I feel like I don’t have a partner” (Qualche volta mi sento come se non avessi un compagno) è il primo verso della poesia che Anthony Kiedis costruì nella sua mente mentre guidava (come lui stesso racconta nella sua autobiografia “Scar Tissue”), dopo una session con la band. Si sentiva sconfortato dopo il suo lungo periodo di astinenza dalle droghe, stressato emotivamente per via dei ricordi legati all’uso di stupefacenti.

C’era in particolare quello della morte di Hillel Slovak, chitarrista e fondatore dei Red Hot, presente nei due primi album di esordio del gruppo; Slovak era stato trovato morto nel suo appartamento per un’overdose di eroina, non era quindi riuscito, a differenza del suo amico Anthony, a riscattarsi dall’incubo della droga. Inoltre Kiedis notò come John Frusciante e Flea si stessero avvicinando, fumando spesso marijuana insieme e questo lo faceva stare male.

Fu in quel momento che si rese conto che la sua città, Los Angeles, nonostante tutti i suoi aspetti negativi, era l’unica che non lo avrebbe mai abbandonato. Los Angeles è il “compagno” da cui non dovrà mai nascondersi perché già a conoscenza dei suoi segreti inconfessati ed è l’unica con cui poter lasciarsi andare in un pianto.

 

 «Sometimes I feel like I don’t have  partner, Sometimes I feel like my only friend  is the city I live n, the city of angels, lonely as I am, togheter we cry.

 

I drive on her streets ‘cause she’s my companion, I walk through her hills ‘cause she knows who I am

She ses my good deeds and she kisses me windy,

I never worry, now that is a lie. »

 «Qualche volta mi sento come se non avessi un compagno, qualche volta mi sento come se il mio unico amico fosse la città in cui vivo, la città degli angeli, solo come sono, piangiamo insieme.

Guido per le sue strade, perché lei è la mia compagna. Cammino per le sue colline perché lei mi conosce, Lei vede le mie buone azioni e mi bacia con la sua brezza. Non mi preoccupo mai, bè questa è una bugia.»

 

 Nel video del brano, girato dal regista Gus Van Sant (Will Hunting- Genio ribelle, Milk) che era molto stimato da tutti i membri della band, alternate alle immagini del frontman e dei musicisti, ci sono delle scene in cui lo stesso Kiedis cammina per le strade di L.A. con indosso una t-shirt con su scritto “ To Hell and back”; la videocamera si sofferma sui vicoli e su varie persone e questo era considerato vitale per l’autore del brano, poiché racchiudeva il senso del legame presente tra lui e la città. Ma si tratta pur sempre di un rapporto pieno di contraddizioni, da qui la frase finale della prima strofa “non mi preoccupo mai, ora questa è una bugia…” che ci porta alla parte centrale del brano.

Un inno alla salvezza

È risaputo che il passato del giovane Kiedis non è stato tra i più sereni. Nato nel 1962, nel Michigan, viveva inizialmente con la madre. Quest’ultima, stanca dei continui tradimenti del padre chiese il divorzio da lui. Il ragazzo, nonostante sapesse delle sue pessime abitudini, vedeva nel padre un esempio da seguire (allora era un attore noto col nome d’arte di “Blackie Dammett”) e fu così che all’età di 11 anni si trasferì da lui a Los Angeles. A quei tempi l’uomo per “arrotondare” i guadagni spacciava qualsiasi tipo di droga alle star locali. Fu durante questo periodo che Kiedis cominciò a sperimentare le droghe, e a 14 anni era ormai entrato nel tunnel di eroina e cocaina.

E riflettendo su tutto ciò che di negativo avevano portato quelle abitudini, il Kiedis adulto chiede alla sua città una sorta di conforto e di protezione, una “preghiera” che scrive nel suo ritornello.

 

«I don’t ever want to feel
Like I did that day
Take me to the place I love
Take me all the way»

 

«Non voglio mai più sentirmi
Come mi sono sentito quel giorno
Portami nel posto che io amo
Portami là»

 

Il coro e la liberazione finale

Nonostante la confusione di emozioni che Kiedis provava nel momento in cui “Under the bridge” fu concepita, lui restava comunque fermamente convinto che la sua vita fosse migliorata tanto senza la droga. Quindi in lui c’era tanta speranza. Quel sentimento lo ha spinto ad andare avanti e ha dato forza anche agli altri “peperoncini”, che soprattutto grazie a questi momenti di condivisione sono sempre rimasti uniti al di fuori della vita professionale.

Fu così che, dopo che Anthony ebbe mostrato, cantando la melodia, la canzone a Frusciante e Flea, i due “si alzarono e si diressero verso i loro strumenti e iniziarono a cercare il ritmo e gli accordi” (da una citazione di Kiedis). Frusciante in particolare pensò bene di bilanciare la tristezza del testo con degli accordi che suonassero “felici”. Fu così che ne venne fuori un capolavoro misto di malinconia e gioia al tempo stesso, il tutto scandito dai tempi in 4/4  di Chad Smith.

Under the bridge

                 Fonte: pixys.nymag.com

L’apice di questa melodia estasiante è raggiunto con l’epica outro, con un coro di voci femminili che cantano “la fuga” dal passato (coro tra l’altro composto dalla madre e da alcune amiche di Frusciante stesso), mentre nel video vediamo Kiedis che corre via dal dolore e dalle sofferenze, e va finalmente incontro alla vita.

 

« (Under the bridge downtown) x4

Is were I drew some blood

I could not get enough

Forgot about my love

I gave my life away. »

 

« Sotto il ponte in città…

È dove ho versato il mio sangue,

Non ne avevo mai abbastanza,

Ho dato via la mia vita.»

Quando la batteria si ferma, Flea e Frusciante contiuano a suonare il loro assolo e a noi verrà da chiederci “ma qual è questo ponte?”. Kiedis non ne ha mai rivelato la posizione esatta, di quel luogo buio si rifugiava per procurarsi quella droga fonte di una felicità effimera. Ma l’importanza di “Under the bridge” non è data da un ponte, bensì dalle doti che i Red Hot Chili Peppers mostrano in questo brano, sia a livello musicale che a livello umano: intuito, empatia e una comprensione naturale delle idee all’interno del gruppo.

È con questo senso di celebrazione delle paure e dei sentimenti personali che la canzone ci lascia, incitandoci a non avere paura di condividerli con il mondo esterno.


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