Buonasera signora maschera

Dal 1094, anno in cui per la prima volta compare il vocabolo carnevale in un documento ufficiale, al 2021 il carnevale ha avuto quasi un millennio a disposizione per manifestarsi e dirci di sè e di noi molto più di quanto un osservatore distratto si immagini.

 

L’importanza di questo momento di svago e di uguaglianza sociale, in cui il caos e la possibilità di sovvertire le regole rende più sopportabile la rigidità delle norme e delle distinzioni sociali, è chiaro a chi governa la Serenissima. Le regole e le limitazioni crescono di anno in anno perché la maschera diventa il mezzo attraverso il quale poter dare sfogo ai propri istinti.

A partire da questa data l’importanza del Carnevale di Venezia cresce in eccessi, sfarzo e fama in modo esponenziale tanto che dal 10 aprile 1436 il lavoro dei mascareri viene riconosciuto e stimato tanto quanto gli altri lavori di botteghe d’arte ed artigianato. Diventa famoso in tutto il mondo ed è meta ambita per un numero sempre crescente di persone.

 

Il carnevale raggiunge il suo massimo splendore nel XVIII secolo per essere successivamente soppresso senza mezzi termini durante l’occupazione francese e austriaca del territorio. Il timore dei nuovi regnanti era quello che nascosti dalle maschere e complici della durata del carnevale, che spesso iniziava ad ottobre per terminare il mercoledì delle ceneri, i veneziano potevano creare una contromossa per riappropriarsi della città. Fu riportato in vita nel 1979 per volontà del comune appoggiato dalla gestione del teatro La Fenice, dalla Biennale e da vari enti legati al turismo.

 

Questo piccolo excursus storico ci aiuta a capire il delicato evolversi del concetto di maschera e del significato che assumono oggi il carnevale e il mascheramento in questo preciso momento storico. Perché se da una parte il mascheramento ha tenuto alto il valore estetico della larva, della bauta e della moretta del XVIII secolo; il significato intrinseco è totalmente cambiato.

Il carnevale del fascino e degli eccessi che anticipa la frizzante freschezza della primavera e della rinascita non esiste più, si è trattato di un mutamento lento e graduale che tocca il suo apice proprio quest’anno:2021.

 

Perché parlarne adesso? Prima di tutto perché il carnevale si svolge proprio in questi giorni: 6 e 7 febbraio e dall’11 al 16 di febbraio, nell’unica modalità possibile quest’anno attraverso: streaming e dirette on-line. Sul sito del Carnevale di Venezia è possibile trovare il calendario degli eventi e delle dirette e i link alle pagine social, per saperne di più cliccate qui.

Secondo poi, è stata proprio questa variazione della fruibilità del Carnevale di Venezia che mi ha portata a riflettere sul fatto che: come nazione ci troviamo ad indossare da quasi un anno il costume scolorito di un Arlecchino dai rombi rossi gialli e arancio. Questa situazione ci ha portati a una esasperazione della solitudine. Quella solitudine fisica che prima della pandemia, essendo volontaria pesa di meno sulla nostra emotività rispetto a oggi poiché la tendenza, per un lungo periodo, è stata quella di dare più valore all’esaltazione del post e della percezione che si vuole dare agli altri della propria vita rispetto al creare una fisica e reale interazione sociale.

 

In questo mese di febbraio, in particolare per chi è abituato ad essere parte attiva del carnevale, questa solitudine è ancora più accentuala dall’impossibilità di prendere parte a quella mascherata che si è evoluta da rito di uguaglianza a miscuglio. Un miscuglio fatto di favole e tradizione, di quel momento in cui, indossando la maschera, si esprime la volontà giocosa di volersi riconoscere nell’altro anche se non lo si è mai visto prima perché accomunati dalla voglia di sognare, sorridere e incontrare quella moltitudine che permette a questa dimensione magica di prendere vita.

 

Ancora oggi il carnevale è necessario anzi è fondamentale perché è in questa dimensione che si può smettere di tenere per mano il nostro bambino interiore per viverlo in tutta la sua fragilità. Questa evoluzione del Carnevale di Venezia e del carnevale in generale è stata resa possibile dalla necessità sempre più forte di manifestarci in quanto essere umani unici. Chi vuole e ne ha la forza di volontà può lasciare cadere le maschere convenzionali, un tempo irrinunciabili, per mostrare la propria personalissima festa di diversità e desideri attraverso il proprio look.

 

Spero che da questa mancanza possa iniziare a germinare l’idea di provare ad essere davvero ciò che si è scelto di essere e di viversi nel quotidiano amando quello che ci caratterizza. La vita è un carnevale. Adesso che lo sappiamo perché non provare esaltare con i colori chi siamo davvero invece di indossare le nuove ma già stantie maschere convenzionali dei social media?