L’investigatore privato, un mestiere che non passerà mai di moda

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Quando pensiamo all’investigatore privato, nella nostra testa si materializza l’immagine dell’uomo misterioso in giacca, cravatta e cappello che nasconde una pistola alla cintola e vaga per le città con aria sospettosa. Ma non è così. Le agenzie investigative ricoprono un ruolo delicatissimo e necessitano di personale con qualifiche particolari e specifiche. Le armi e gli inseguimenti c’entrano poco e niente con questo lavoro. Vediamolo nel dettaglio.

Che cosa fa precisamente l’investigatore privato?

investigatore privato

Innanzitutto è necessario dire che per fare questo mestiere, in Italia è necessario prendere una licenza di investigazione. Un decreto del Ministero del 2010, infatti, ha chiarito la disciplina che regolamenta la pratica investigativa, definendo i requisiti tecnici necessari da chi interpreta questo ruolo. Le investigazioni possono avvenire in ambito privato, come ben sappiamo, e riguardano spesso informazioni sul partner (soprattutto su eventuali tradimenti o su beni tenuti nascosti). Sono però anche tantissimi le aziende e gli enti che si rivolgono a questa figura per scovare i lavoratori inadempienti, i furti in sede oppure al contrario per trovare le prove della propria onestà. Nel nostro Paese, per essere un Investigatore Titolare e poter quindi aprire una propria attività, è necessario avere il diploma di laurea in Giurisprudenza, in Psicologia o in Scienze Sociali (e in altri corsi di laurea equiparati).

In Italia esiste ancora questo mestiere?

In Italia questo mestiere è ben radicato ed esiste da sempre. Una delle più antiche agenzie investigative si trova a Milano ed è aperta dal 1962: si tratta dell’Europol. Durante i tantissimi anni di lavoro, hanno vissuto delle vere e proprie avventure. Recentemente, il fondatore Mario Caliò ha raccontato uno dei suoi primi incarichi. All’epoca si è visto costretto a indagare nella città di Amsterdam, all’interno di uno dei famosi locali in cui è lecito consumare cannabis. Ha detto dell’esperienza:

“[…] Continuavano a fumarmi canne, che non avevo mai provato. Non potevo rifiutarmi di fumare o sarei sembrato fuori luogo. Quella sera feci una serie di mosse estreme (stava giocando a scacchi nel cafè, ndr.), cose che non sono mai stato più riuscito a fare, e si creò presto un gruppo di fumati che mi guardavano giocare e mi chiamavano ‘maestro’.”

Se non è un lavoro dell’altro mondo questo.


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