Ed eccoci qua! Ad una nuova pasticca letteraria scritta (finalmente) da una seguace del Martignetti, colui che le canta ad Omero e pure ad Ulisse, ammaliando anche la cara Circe.
Nella scorsa “puntata” il professor Martignetti vi ha parlato di una figura che ci ha rotto le palle non poco alle superiori e che ricordiamo ogni qualvolta prendiamo tra le mani una laurea grazie quel piffero di corona d’alloro, che i neolaureandi si mettono sul capo alla loro proclamazione. Insomma, lui nonostante il copricapo non è il Papa, non è laureato, e anche se è dipinto con una mantello rosso, non è la dolce Cappuccetto: ma si, stiamo riparlando del sommo poeta, il nostro carissimo Dante Alighieri. E in questo articolo tratteremo, il suo “amor che per nulla ho…” (Lascio a voi il continuo) Beatrice.
Ma chi è la Bea?
Beatrice, anzitutto è il suo nome d’arte (ovvero quello che leggiamo più volte tra le pagine della Divina Commedia) perché la “tanto gentil e tanto onesta pare” in realtà aveva un nome che manco la strega di Biancaneve poteva permettersi nella favola. Si chiamava Bice che, senza nulla togliere alle Bici di tutto il globo, capite bene, in un opera come la Divina Commedia, il nome della donna angelo che ha accompagnato il caro Dante nelle rose paradisiache stonava un pochetto e non poteva essere quello citato. Convenendo nel fatto, che nonostante tutto, avrebbe fatto ridere tante generazioni e avrebbe sicuramente reso più allegri la lettura e lo studio di quel malefico malloppo.
La nostra cara Bice era però sposata con un altro uomo: tale Simone de Bardi, una delle casate più importanti di tutta Firenze, così come il nostro carissimo poeta era impegnata con la cornutazza (solo con il pensiero), ma stra-quotata Gemma Donati (che visto l’andazzo, pare abbia deciso di reincarnarsi nella Galgani e di partecipare a Uomini e Donne, dove gli è andata anche peggio).
Di Beatrice, ne ha dette tante anche Boccaccio, che sottolineava in alcuni suoi testi la consanguineità, con il marito legittimo. Pare fossero cugini di primo grado. E qui, parte l’incesto e l’inciucio di famiglia.
L’ amore con Dante
Il primo incontro tra Bice e Dante avviene, ad una festa di compleanno nel 1291 (da fonti certe sappiamo che a quell’evento era presente anche It con i palloncini). I due avevano entrambi nove anni. Nove anni, che per Dante così come per Dan Brown e il suo caro mister Robert Lagdon assumevano un simbolismo massonico inquietante. E in quel momento il cuoricino di Dante fu preso da un primo attacco di tachicardia, il suo corpo cominciò a sudare freddo, i battiti alla gola triplicarono per rendere omaggio al numero tre, e ebbe la costante sensazione di avere la bocca secca. All’epoca non c’erano neppure le gomme americane a darti una mano. La sintomatologia, non era sicuramente quella del Covid-19, ma siamo sicuri, che visto i tempi che corrono se fosse capitato nel 2020 un tampone sarebbe stato la prassi. E invece quel giorno, Dante scoprì di essersi innamorato follemente. E non siamo a conoscenza di nessun tampone effettuato dallo stesso a Beatrice.
Ripassarono altri nove anni prima che i due ormai maggiorenni e vaccinati, si potessero rivedere. In nove anni, Dante, da ciò che ci viene riportato da antologie linguistiche, a differenza di molti, quando si tratta di visioni mistiche sulla persona amata, accompagnate da un sonnambolismo pornografico, ha sognato Beatrice morta, tra le mani di uno sconosciuto con il suo cuore in mano. Proprio una vero horror hard party non si sa di quale night club, e dopo averla rivista nel fiore della sua gioventù decide di dedicarle la sua opera prima (e ultima): La Divina Commedia.
Il sogno fatto da Dante, assume un significato alquanto inquietante, perché la dice lunga sulla preveggenza di sto povero cristo, che nonostante s’ammazzi d’amore e quant’altro per la cara Bice, resta con le pive nelle mutande quando la donna decide comunque di regalare la sua “beltà splendea” al cuginastro di primo grado.
Dante, da vero macho latino, decide altresì, di andare avanti (con il pensiero fisso di Beatrice), sposandosi con Gemma Donati. E lo farà nel modo più umano possibile, continuerà ad andare in chiesa, a recitare santini e rosari, e immaginare un kamasutra platonico divino, ma sposterà il suo sguardo verso l’amata moglie. Tant’è che i suoi pensieri sporcacciosi , sul sagrato rivolti ad un’altra donna (chiamata donna schermo) non passano inosservati neanche alla Bea, che presa da un’ondata di gelosia assurda, decise di toglierli il saluto. Fa nulla se lei si fa sciogliere le briglie da un altro uomo, nossignore! Il povero Dante, a quanto pare sia obbligato a pensare solo a lei: ci riuscirà?
Bice, la donna Angelo
Volete la risposta alla vostra domanda? Si la cara Beatrice (Bice per gli amici di Hermes) riuscirà ad arrivare al suo intento: diverrà la donna angelo, costituita di una beltà eterea, che porterà il caro Alighieri al cospetto di Dio dopo essere svenuto più o meno trecento volte all’inferno, con Virgilio, nella sua Commedia. Un accompagnatrice doc, di quelle che ti fanno pagare fior fiori di soldi, per farti vedere il paradiso. A Beatrice è bastato toglierli il saluto, per essere poi catapultata nei sogni platonici e molto hard del nostro che boccheggiava nella selva oscura. Chissà forse la Gemma Donati non si depilava?
La morale
Perché c’è sempre una morale!
Oltre al fatto che Dante e Beatrice sono stati precursori del “sexthing” e dell’amore virtuale e pure del kamasutra Platonico, che cosa ci ha realmente lasciato la Divina Commedia e la figura di Beatrice al suo interno?
La Divina Commedia, ci insegna non solo che il mondo è diviso in bene o male, ma che spesso, passeggiare nei meandri del dolore, con l’aiuto della persona giusta al fianco, in questo caso Virgilio, può essere anche buona cosa: ma tutti noi, amanti del “dolce stil novo” avremmo preferito, vedere Beatrice, tra le braci dell’inferno. Sicuramente, visto il caratterino, avrebbe sputato in faccia pure a Lucifero, e con il Sars-Cov 19 di sti tempi, gli avrebbe pure prestato il tampone (o forcone) da infilarsi nel deretano. E Dante, che è maschio, e pure fifone, sarebbe svenuto una trecentunensima volta.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.