Pasticca alla seconda: guida pratica alla stesura dei Promessi Sposi (Pt1)

Pasticca alla seconda: guida pratica alla stesura dei Promessi Sposi (Pt1)

Bentrovati miei cari impasticcati e benvenuti a questo rituale appuntamento con la Pasticca alla seconda, ovvero ciò che ne è stato delle opere meno illustri di autori che hanno fatto grande il firmamento della letteratura italiana. In questa pasticca alla seconda vi porto con me, in un viaggio nelle operette minori di colui che ha inventato il romanzo d’amore di cui tutti vorremo far parte, tranne Don Abbondio. Eh già, oggi ci occuperemo del padre dei Promessi Sposi, ovvero il nostro mitico ed unico Manzo.

Un pippone che parte da lontano

 

I Promessi Sposi: Feltrinelli edizioni 2006

Ovviamente non starò qui a tediarvi di inutili discorsi autobiografici, bensì cercherò di mostrarvi come queste operette minori, hanno contribuito poi alla stesura del pippone romantico che tutti ci siamo dovuti studiare a scuola.

Come ci si arriva ai promessi tonti… ops Sposi?

Dobbiamo innanzitutto ricordarci che anche se opere minori, sono pur sempre opere di un grande autore, e che gravitando intorno ad esso, sono state palestra e costante per poter scrivere poi il capolavoro che abbiamo tra le mani. Le opere minori di cui tratteremo possono essere suddivise in tre ovvero: le tragedie, gli inni sacri e la lirica.

La tragedia

Manzoni sceglie di trattare la tragedia storica, ovvero cercando di immettere nei suoi scritti l’azione necessaria del tempo. Manzoni cerca di rifarsi al vero contesto storico in cui ambienta le sue storie alle quali poi lui aggiungerà la parte sentimentale. Inoltre proprio per questo suo voler farcire la storia di storie (scusate il gioco di parole) fatte soprattutto di sentimenti, Manzo venne anche criticato, da un certo Monsieur Chauvet. Proprio a lui il nostro Manzo, inviò una lettera nella quale ribadiva il suo personalissimo concetto di romanticismo:

“Spiegare quel che gli uomini hanno sentito, voluto e sofferto attraverso quel che hanno fatto, in questo consiste la poesia drammatica; inventare i fatti per adattare ad essi dei sentimenti dei giorni nostri è il grande difetto dei romanzi”.

Questo che cosa ci fa comprendere? Che la storiella dei promessi sposi, si arricchisce, grazie ad un contenuto e ad un background di lavoro che va a carpire i punti fondamentali di quella determinata società storica e del percorso psicologico, che ne consegue di tutti i protagonisti ed antagonisti e delle loro reazioni di fronte a tutto ciò che avviene.

Il rifiuto delle nozioni di Aristotele ed il buio

Il classicismo greco, aveva dettato fino ad allora le regole per la stesura di un buon romanzo, mettendo al centro di ogni storia l’inverosimile. In realtà qui, è tutta realtà, è tutta storia e che storia. Inoltre sempre ripensando alla tragedia Manzo, sceglie periodi bui, non facili per la società dove appunto poi fa innamorare e sposare i suoi personaggi. Questo tipo di buio lo troviamo anche nel “Conte di Carmagnola e nell’Adelchi”. Un altro elemento fondamentale è stato sicuramente la cura dei dialoghi, che trova il suo massimale proprio nelle tragedie, in quanto devono essere messe in scena situazioni in cui è proprio il dialogo a fare da sfondo a tutta la storia.

Gli inni sacri

Un altro elemento che fruisce per la stesura dei promessi sposi sono gli inni sacri che nascono dalla conversione stretta di Manzoni avvenuta nel 1810. Manzoni vuole parlare della verità di fede che ha scoperto attraverso delle poesie, o meglio degli inni, che parlano proprio di religione, o meglio delle festività sacre. L’idea di base di Manzoni è quella di diffondere ciò che hai imparato e riscoperto sulla fede attraverso queste sue poesie dedicate alle festività religiose. Per Manzoni, non era importante avere un linguaggio alto in questa fase narrativa, ben si di fare arrivare il messaggio un po’ a tutti i fedeli

La Pentecoste

Il più riuscito di queste inni è stato proprio la Pentecoste, scritta nel 1824. Quello che vorrei passasse da questa pasticca è il fatto che i promessi sposi, non è un romanzo a se, bensì esso viaggia in parallelo con i cambiamenti dell’autore, con i cambiamenti politici e sociali dell’epoca, ma anche con i vari momenti di scrittura, che oggettivamente non hanno fatto parte del romanzo ma che ne hanno sicuramente dettato molti aspetti stilisticamente parlando e non solo.

Perché vi parlo della Pentecoste?

Pasticca

Fonte foto: Studia rapido

In questo inno egli ci parla, ovviamente del profilo basso e della chiesa nascosta, per paura dopo la morte e la resurrezione di Jesus Superstar. Gli stessi apostoli si sono nascosti, per paura di fare la sua stessa fine. Ma cinquanta giorni dopo, discesa delle spirito santo, ecco che i cristiani ritrovano il coraggio grazie allo spirito santo e vanno e annunciano ciò che è stato a loro insegnato senza paura delle conseguenze alle quali andranno incontro. Ma per quale motivo la Pentecoste è cosi importante per questo romanzo: ma ovviamente per la prima parte in cui ci parla di una chiesa timorosa e sofferente e ci rimanda ad un personaggio cardine, se non il primo incontro tra le pagine del romanzo: Don Abbondio.

….e Padre Cristoforo

Pasticca

Fonte foto: EccoLecco

Se da una parte abbiamo la chiesa timorosa rappresentata da un personaggio come lo è il nostro Abbondio (che non aveva chissà quale vocazione) dall’altra abbiamo anche la rappresentazione di una chiesa più coraggiosa, ovvero quella di Padre Cristoforo. Un personaggio che pare non avere paura di nessuno, un uomo che prende l’iniziativa, va e fa, agisce, senza timore come quando va da Don Rodrigo per liberare Lucia.

Alla prossima Pasticca alla seconda

E qui, miei cari impasticcati mi fermo per non tediarvi oltre, faro un prossimo articolo dove ritroveremo anche la religiosità peccaminosa della Monaca di Monza e la bellezza dell’amore tra Renzo e Lucia.