Il Museo Civico Archeologico “Michele Petrone” di Vieste (FG), dal 1 agosto al 30 settembre 2022 è lieto di accogliere un’imperdibile mostra dedicata ai più grandi maestri del Novecento, curata da Giuseppe Benvenuto e Sara Maffei.
Il ricchissimo repertorio comprende circa trenta prestigiosi capolavori di artisti internazionali, articolati entro un percorso espositivo che, partendo dagli anni Trenta, ci offre uno spaccato dell’evoluzione artistica fino ai nostri giorni. Gli osservatori potranno fare esperienza di un itinerario artistico sorprendentemente vasto e differenziato, a partire dalla splendida Natura morta (1953) di Giorgio Morandi (1890-1964), una matita su carta che suggerisce, attraverso il tratto leggero del disegno, un’autentica poesia delle cose, quasi una sacralità con cui posiziona i suoi oggetti fuori dal tempo, in un’eterna immobilità. Del metafisico Giorgio de Chirico (1888-1978) il Museo pugliese ospita Biro su Carta (1964), un abbozzo di personaggi della messinscena de Il Prigioniero di Dallapiccola.
Del grande genio del XX secolo Pablo Picasso (1881-1973) è possibile ammirare la celebre Madame Ricardo Canals (1966), litografia a colori su carta intessuta, firmata e numerata dal maestro in cui il volto austero della donna è avvolto dalla predominanza del nero, dal quale emerge con autorevole fissità di sguardo.
Si mostra in tutta la sua irriverenza la serigrafia Ladies and Gentlemen II.130 (1975) del massimo rappresentante della Pop Art americana Andy Warhol (1928-1987), parte di una provocatoria serie di 10 tele realizzate in edizione limitata di 125 esemplari – firmati e numerati in originale. Il soggetto, con lo sguardo sfrontato e diretto verso chi guarda, è dapprima fotografato con una polaroid ed in seguito dallo scatto è realizzata la serigrafia, completando il tutto con larghi tocchi di colore. Con questa serie l’artista prende le distanze dagli iconici ritratti dedicati alle celebrità, fotografando le drag queen al The Gilded Grape, il night club di New York sulla West 45th Street, e consentendo l’ingresso nell’arte a figure ai margini.
Restando sull’onda della Pop Art italiana ed europea, incontriamo Smalti e acrilico su tela (1990) di Mario Schifano (1934-1998), principale esponente della Scuola di Piazza del Popolo. Egli si allontana dalle fredde immagini patinate di Warhol, dando all’atto creativo un accento più emotivo, ravvisabile nelle pennellate irregolari, testimoni della materialità del gesto pittorico. Appartengono alla medesima scuola anche Giosetta Fioroni (1932) e Valerio Adami (1935), dei quali la mostra presenta rispettivamente Bambino (1969) e Dedica (1970). L’opera della Fioroni è una matita e smalto alluminio su carta che rivela la sua caratteristica visionarietà, attraverso la quale esprime la sua infanzia memore dei lavori di Klein, apprezzati negli anni parigini. Il soggetto si fa portatore di una narrazione e di un messaggio legato al ricordo e al substrato della memoria. Adami inizialmente si esprime prediligendo un’arte astratta, in seguito accoglie la figurazione, ispirandosi alla Pop Art americana di Lichtenstein.
Al movimento della Scuola di Piazza del Popolo si avvicina anche Jannis Kounellis (1936-2017), importante esponente dell’Arte Povera e del quale si può osservare una Tecnica mista su carta (1999): fautore di un’arte intesa come uscita dal quadro in cui l’artista passa dalla rappresentazione alla presenza, nei suoi disegni si nasconde il substrato più intimo e profondo di sé, in un horror vacui di traiettorie confuse sulla superficie bianca.
È a Lucio Fontana (1899-1968), ideatore dello Spazialismo, che si deve un’autentica rivoluzione spaziale, attraverso incisioni e tagli nella tela, alla ricerca di possibilità inedite oltre il quadro. Con lui la tela smette di essere un supporto, divenendo materia plasmabile, modificabile, oltrepassabile e in grado di inglobare lo spazio nell’opera d’arte. La serigrafia con incisioni intitolata Concetto spaziale (1965), presente in mostra, è firmata e datata in basso a matita.
Con Alberto Burri (1915-1995) ed Enrico Castellani (1930-2017) il processo creativo risponde alla necessità di esprimersi in maniera totalmente libera, fino ad intaccare la normale configurazione dell’oggetto e del supporto. Entrambi sviluppano l’eredità di Lucio Fontana, trasformando la bidimensionalità della tela in uno spazio fisico e concettuale: il primo manipolando sacchi e plastiche attraverso processi di combustione, tagli e cuciture; il secondo facendo uso di superfici estroflesse e introflesse. Di Castellani la mostra accoglie Superficie bianca (1969), opera che offre una partecipazione attiva, invitando lo spettatore ad indagare realtà intime mai esplorate, essendo, quelli dell’artista, lavori portatori di una notevole carica emotiva. Negli anni Sessanta, assieme a Piero Manzoni, dà vita alla Galleria Azimut di Milano. Esponente dell’informale materico, Burri dà un significato nuovo e poetico alla cosa banale e all’oggetto ritenuto uno scarto. Dell’artista è possibile ammirare Museo di Capodimonte (1978), opera appartenente alla Fondazione Palazzo Albizzini, Collezione Burri, Città di Castello 1986, con tiratura e firma in basso a matita.
Anche la Dadamaino (1930-2004) entra in contatto con gli artisti del gruppo Azimuth. Osservabile nel Museo è il suo Progetto per serigrafia (Inversione Cromatica) (1975), un acrilico su tela cartonata proveniente dall’Archivio Dadamaino in cui nega il colore, optando per un bianco totale da cui scaturisce un ritmo dinamico.
Gli artisti presenti al Museo Archeologico di Vieste
Fra gli altri artisti presenti presso il Museo Archeologico di Vieste incontriamo Fortunato Depero (1892-1960), Filippo de Pisis (1896- 1956), Fausto Pirandello (1899-1975), Graham Vivian Sutherland (1903- 1980), Guttuso (1911- 1987), Achille Perilli (1927-2021), Dennis Oppenheim (1938 – 2011), Keith Haring (1958-1990), Elio Marchegiani (1929), Piero Gilardi (1942), Sandro Chia (1946), Enzo Cucchi (1949).
Depero è un esponente del secondo Futurismo del quale è osservabile un Invito, realizzato per la mostra “Depero futurista” presso Galleria Fonte d’Abisso (1992), con legatura in cartoncino editoriale bullonata. L’artista è il più autorevole cartellonista pubblicitario tra i Futuristi, lavora a New York per copertine di riviste e lancia il “Manifesto dell’arte futurista della pubblicità” (1931), facendosi promotore di una comunicazione dinamica e immediata, caratterizzata da grandi campiture piatte di colore.
De Pisis si serve di pennellate velocissime, leggere e memori dell’impressionismo nell’olio su tela Vaso di fiori con calamaio (1949). Per le Due bagnanti (1960) Pirandello utilizza dei pastelli su carta in cui le figure umane sono caratterizzate da una potente plasticità cromatica. Sutherland in Tecnica mista su carta lascia emergere le sue tipiche espansioni lineari, caratterizzate da un fantasioso astrattismo. Guttuso suggerisce i corpi dei suoi personaggi sommariamente, attraverso pennellate veloci pregnanti di materiale emotivo, come si evince in Olio su tela (1957); dell’artista la mostra presenta anche China su carta (1972). La Tecnica mista su tela (2002) di Perilli rivela le tipiche figure geometriche dell’artista, fondate sull’ambiguità nel loro essere al contempo aperte e chiuse, realizzando uno spazio irreale.
Tra i pionieri della Land Art incontriamo Oppenheim che, a partire dagli anni Ottanta, si dedica soprattutto alla realizzazione di grandi installazioni in spazi pubblici. Il Museo accoglie il suo progetto su carta Gallery sculptures (1975), con firma a pennarello in basso a destra, proveniente da un’edizione Deluxe.
L’esponente del Graffitismo Metropolitano Haring è padre della street art statunitense il cui stile è immediatamente riconoscibile nei suoi buffi personaggi dalle forme arrotondate come in Senza titolo (1984).
Marchegiani in Grammature di colore (1976) realizza una sintesi astratto-geometrica che rivela il suo costante riferimento di ricerca. Gilardi è uno scultore che dà vita a frammenti di nature artificiali, intagliando il poliuretano espanso, com’è evidente in Ostriche Bretoni, visionabile presso il Museo pugliese. L’Olio su tela degli anni Novanta di Chia, esponente della Transavanguardia italiana, è fedele al suo soggetto principale, ossia la figura umana, resa con impasti cromatici corposi e accesi.
Per Cucchi disegnare è un istinto naturale, uno strumento molto potente in grado di fornire un nuovo modo di vedere il mondo. Egli si dedica alla figurazione dopo l’esordio concettuale, diventando uno dei massimi rappresentanti della Transavanguardia Italiana e dei suoi disegni la mostra ospita Il gatto (1980).