Ci sono persone che nascono con il bisogno di portare sollievo a chi soffre. Mamma Lucia sentì, inoltre, la necessità di restituire dignità soldati defunti abbandonati sul campo di battaglia, di qualunque colore fosse la loro divisa.
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Le origini
Lucia Pisapia, che tutti ricordano come Mamma Lucia, nacque a Cava dei Tirreni, in provincia di Salerno, nel 1887. Era la settima di dodici fratelli e frequentò la scuola elementare fino alla terza. Già da ragazzina mostrò il desiderio di stare accanto agli ammalati e, contro il parere della famiglia, si recava in ospedale per rendersi utile. I genitori temevano contraesse qualche infezione, in particolare la tubercolosi che all’epoca significava morte sicura. Ma lei non sentiva ragione e per questa sua disobbedienza veniva chiamata la briganta. Nel 1952 raccontò a Giuseppe Marotta:
“Non ricordo, non mi spiego come mi affezionai all’ospedale, ci andai una volta e non ebbi più l’animo di staccarmene. Portavo biscotti e arance ai ricoverati, facevo iniezioni, assistevo gli agonizzanti; è brutto che il moribondo cerchi inutilmente una mano sopra le coperte, vi giuro; ma in famiglia ne ebbi di rimproveri, per questo!”
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Lucia conosce la guerra
Lucia sposò nel 1912 Carlo Apicella ed ebbe due figli. Vide il marito partire per la Grande Guerra dalla quale tornò gravemente ferito. Assistette anche alla Seconda Guerra Mondiale che con l’Operazione Avalache vide proprio la sua cittadina, Cava dei Tirreni, trasformata in campo di battaglia. Rimasero a terra numerosi soldati morti che nessuno si curò di raccogliere. Erano soprattutto Tedeschi e, per questo, da molti disprezzati e abbandonati alle offese del clima, degli animali e dello sciacallaggio da parte degli uomini. Fino alla emanazione della legge n 204 del 1951 in Italia nessuno si preoccupò di raccogliere le spoglie dei caduti militari per la restituzione alle famiglie. Nessuno tranne Lucia.
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La sua missione
Un giorno Lucia vide alcuni ragazzi giocare a calcio e si accorse che quello che stavano usando al posto del pallone altro non era che il cranio di un soldato che avevano disseppellito. Ne rimase sconvolta. Le successe poi di sognare una radura nella quale erano presenti otto croci divelte nei pressi delle quali otto soldati la supplicavano affinché li restituisse alle loro famiglie. Lucia non poteva resistere a un simile appello.
Ed ecco che si rivolse al Comando Alleato per chiedere il permesso, come una semplice mamma, di raccogliere e sistemare i cadaveri abbandonati sui campi di battaglia. Le venne risposto che la competenza era del sindaco. E quindi Lucia si recò dal sindaco e tanto dice e tanto fece che ottenne non solo il permesso richiesto ma pure l’assegnazione di due becchini che la aiutassero. Questi però durarono poco, timorosi di incappare in qualche bomba inesplosa.
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Sempe figli ‘i mamma erano
Lucia continuò da sola o con l’aiuto di parenti, come Carmela Pisapia Matonti, e conoscenti raccogliendo i poveri resti in cassettine di zinco che si faceva costruire a sue spese. Inoltre catalogava oggetti personali e documenti che potevano favorirne il riconoscimento e li consegnava al Commissariato. Erano in molti a non capire perché questa donna si desse tanto da fare per quelli che, in fin dei conti, erano stati dei nemici. Lucia rispondeva:
“Sempe figli ‘i mamma erano. E mente murevano accisi ’a mamma nun ’a manco tenevano avvicino”.
Forse quando si fa del bene senza aspettarsi nulla in cambio si acquisisce una particolare benevolenza dall’alto. Fatto sta che un giorno mentre sta cercando i resti di tre militari a San Nicola Varco accompagnata da un uomo, padre di cinque figli, Lucia ha una sorta di presentimento. Allontana l’uomo con una scusa e continua a scavare a mani nude piano piano. Prima dei tre soldati rinvenne due proiettili inesplosi molto grossi e per fortuna, o Grazia di Dio, andò tutto bene.
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Riconoscimenti
Mamma Lucia o, come la chiamavano in molti La mamma dei morti, dette fondo a tutti i suoi risparmi per quest’opera di bontà. Oltre al costo delle cassettine per i circa 700 soldati che riuscì a recuperare, si fece carico di rimborsare i contadini ai quali rovinava il raccolto nel corso delle ricerche. Le voci sul suo operato si diffusero presto sia in Italia che all’estero e molti furono i riconoscimenti che ricevette.
Il 20 luglio 1951 venne ricevuta in udienza privata da Papa Pio XII che avendo saputo dal Vescovo di Cava di Sarno, Mons. Francesco Marchesani della sua opera, volle esprimerle la sua riconoscenza definendola cristiana e caritatevole.
A settembre 1951 in Germania le fu conferita la Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca. Con l’occasione incontrò i genitori del caporale Joseph che le avevano scritto pregandola di ritrovare i resti del loro figlio ventiduenne. Lei lo fece e portò loro l’anello, l’orologio e il portasigarette del loro figlio caduto in battaglia. Raccontò che incontrare quei genitori fu l’esperienza più angosciante della sua vita.
Nel 1959 fu proclamata Cittadina Onoraria di Salerno e ricevette dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi la Medaglia d’Oro della Commenda al Merito della Repubblica.
A luglio 1980, a 92 anni, ricevette un’ulteriore Medaglia d’Oro del Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
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Mamma Lucia morì nel 1982 e l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, scrisse al sindaco di Cava dei Tirreni:
“La scomparsa di Mamma Lucia colpisce dolorosamente quanti riconoscono nell’amore e nella solidarietà valori fondamentali per l’edificazione dell’uomo”.
È bene ricordare persone come Lucia perché mai come in questo momento è forte la necessità di conservare la nostra umanità. Mamma Lucia dopo aver visto con i suoi occhi la crudeltà dei due conflitti mondiali si era convinta, infatti, che l’unica ad uscire sconfitta da ogni guerra fosse l’umanità. E sono pienamente d’accordo con lei.
Monica Giovanna Binotto è un nome lungo e ingombrante ma è il mio da 57 anni e ormai mi ci sono affezionata. Ho sempre amato leggere. Fin da bambina. E anche scrivere, ma senza mai crederci veramente. Questo mi ha aiutato negli studi. Ho una laurea in Economia e Commercio e una in Psicologia dello Sviluppo. Da cinque anni faccio parte di un gruppo di lettrici a voce alta, le VerbaManent, con il quale facciamo reading su tematiche importanti sempre inquadrate da un’ottica femminile e mi occupo di fare ricerche e di scrivere e assemblare i copioni. Negli ultimi due anni, per colpa o merito di questa brutta pandemia che ci ha costretti in casa per lunghi periodi, ho partecipato a diverse gare di racconti su varie pagine Facebook e mi sto divertendo tantissimo anche perché ho conosciuto tante belle persone che condividono i miei stessi interessi.