Eleonora Fonseca Piementel: intellettuale senza tempo

Molto si è scritto su Eleonora Pimentel Fonseca, molti invece non ne hanno mai sentito parlare. Come tutte le figure femminili del passato è sempre difficile recuperare informazioni che non siano parziali o poco approfondite. Il segno però lasciato da “onna Lionora”, come la chiamano i napoletani, è stato così importante da non poterne cancellare la memoria.

 

Eleonora Fonseca Pimentel: le origini

 

Eleonora Pimente Fonseca nasce a Roma nel 1752, da una famiglia nobile portoghese. Subito dopo la sua nascita la famiglia decide, a causa dei difficili rapporti tra il regno del Portogallo ed il Papa, di trasferirsi nel Regno di Napoli. Le sue capacità intellettuali si mostrano sin da subito, quando, ancora da bambina, impara a leggere e scrivere in latino e greco. Ma non erano solo le lingue antiche ad affascinarla. Eleonora parlava in portoghese e italiano, lingue native, ma anche in francese e sapeva leggere dall’inglese. Inoltre aveva un’acuto ingegno anche in fisica e matematica. A dirlo era addirittura il matematico Guidi, uno dei più importanti insegnati universitari di matematica dell’epoca. Insomma Eleonora era un vero e proprio genio.

 

Eleonora, Pietro Metastasio e Voltaire

 

 

Cosa c’entra Eleonora Fonseca Pimentel e il famoso poeta e drammaturgo Pietro Metastasio?

 

Sin da ragazza Eleonora ama comporre versi e viene persino ammessa all’Accademia dell’Arcadia. Questa passione la porterà  ad intrattenere scambi epistolari con molti intellettuali dell’epoca tra cui Pietro Metastasio. La giovane Eleonora invia a lui i suoi lavori che il poeta loda per la sua “vivace immaginazione” e “nobile franchezza”. Molti i nobili e persone di spicco che tessono le sue lodi. Uno di questi è Voltaire, a cui dedica dei versi sul giornale letterario di Siena. Scrive anche un’opera chiamata “Il tempio della gloria” per le nozze tra Ferdinando IV e Carolina d’Austria. La vita di Eleonora quindi s’intreccia a quella degli intellettuali e politici del suo tempo.

 

Rivoluzionaria del 1799

 

 

Verso la fine del ‘700, come tutti gli intellettuali dell’epoca, anche Eleonora Pimentel Fonseca sente la necessità di sostenere i principi della rivoluzione francese. Ne segue gli svolgimenti dal quotidiano il Monitore, che le viene consegnato dal rappresentante diplomatico del Portogallo. Inizia a studiare diritto pubblico ed economia. Nel 1794 è tra i sospettati che hanno partecipato ad un tentativo di rivolta giacobina. E’ in questo momento che si interrompe anche un altro rapporto importante: quello che Eleonora aveva con la regina Maria Carolina d’Asburgo. Le due infatti frequentavano i salotti illuministi dell’epoca. Tuttavia con la decapitazione di Maria Antonietta, la regina interrompe i rapporti con tutti gli intellettuali, incluso quello con Eleonora.

 


Nel 1798 Eleonora è imprigionata e condotta nel carcere della Vicaria accusata di giacobinismo. Viene liberata solo a metà gennaio 1799, dagli stessi Lazzari che diedero l’avvio alla rivoluzione. Pochi giorni dopo, in piena rivoluzione, veste panni maschili e conquista, letteralmente, insieme agli altri rivoluzionari, Castel Sant’ Elmo proclamando l’inizio della Repubblica Napoletana.

 

La vera rivoluzione di Eleonora

 

 

E’ durante la Repubblica Napoletana che Eleonora esprime tutto il suo genio, avviando una rivoluzione parallela con carta e penna. Lo fa pubblicando il Monitore Napoletano. Vi si dedica anima e corpo. Direttrice e forse anche l’unica giornalista del bisettimanale, scrive lei tutti gli articoli. Partecipa alle manifestazioni della nuova Repubblica e non si limita solo alla cronaca dei fatti. Il suo obiettivo: formare il suo pubblico, coloro che fino al giorno prima erano sudditi e non cittadini. Questo perché la Repubblica aveva bisogno di cittadini consapevoli. In maniera assolutamente personale, e con la sola voglia di tenere fede ai principi illuministici, mise in atto la sua rivoluzione.”La plebe diffida dei patrioti perché non l’intende” afferma. Quindi invita “qualche zelante cittadino a pubblicare delle civiche arringhe nel patrio vernacolo napoletano; onde così diffondere la civica istruzione in quella parte del popolo che altro linguaggio non ha”. Poiché è sul popolo che “vi poggia nella Democrazia la forza non solo, ma la sua dignità“.  Una politica che non ricorra al popolo solo quando è in tumulto. Bensì che lo raggiunga nelle piazze. Questo è quello che Eleonora suggerì al governo e che fece realmente col suo lavoro.

 

Eleonora al giorno d’oggi

 

Eleonora Pimentel Fonseca muore dignitosamente insieme agli altri patrioti della Repubblica Napoletana. Prima che la botola si aprisse sotto ai suoi piedi, pronunciò le parole “forsan et haec olim meminisse juvabit”, “forse un giorno gioverà ricordare tutto questo“. Potremo dire di si, visto che oggi l’Italia è una Repubblica, ma la rivoluzione etica, che stava tanto a cuore a Eleonora, è forse ancora non raggiunta del tutto. In un paese dove anche seguire una lezione online ha evidenziato enormi difficoltà, come possiamo affermare che la cultura e l’educazione civica arrivino in maniera semplice e diretta a tutti? Se quello per cui si è battuta Eleonora quindi è ancora una rivoluzione in atto, è però indubbio che la vita di Eleonora non sia solo stata seminata dall’incontro di moltissimi intellettuali e politici dell’epoca ma è stata a tutti gli effetti una degli intellettuali più lungimiranti esistiti a quel tempo. Non a caso il duca di Belforte, Antonio Di Gennaro, scrisse per lei questo sonetto:

 

“E un dì voi sola mostrerete al mondo,

Che nel giugner di gloria alle corone

L’ingegno femminil non è secondo.”