Polenta il segreto dell'antica farina d'oro

Polenta: il segreto dell’antica farina d’oro

Fonte foto: Il club delle Ricette

Spessa o fina, gialla o bianca, morbida, grigliata o fritta: “La polenta fa la tavola contenta”, recita un proverbio popolare, e persino Giovanni Pascoli le dedicò una poesia. E come non condividerne il pensiero, soprattutto per coloro che conservano con affetto il ricordo dei nonni cucinare la farina d’oro in un grande tegame di rame e versarla ancora fumante su di un vecchio tagliere di legno.

Ma come si prepara una polenta perfetta?

Se potessimo chiedere proprio ai nostri nonni, ci verrebbe senza dubbio risposto “Acqua bollente, un po’ di sale e farina gialla quanto basta”. Ed esperienza, perché una polenta perfetta la si riconosce già mentre cuoce. Entrata nella nostra cucina con le prime importazioni dalle Americhe, la polenta è un antico piatto a base di farina di mais, da cui ne deriva il caratteristico color giallo acceso. È tipica in particolar modo del nord Italia, ma non solo: di polenta ne esistono innumerevoli varianti regionali e in passato ha rappresentato fonte principale di sostentamento nelle aree più povere, in particolar modo durante le due guerre mondiali. Di polenta ne parlò addirittura il diplomatico e geografo Giovanni Battista Ramusio in un commentario del 1554.

Fondamentale nella preparazione sono naturalmente la tipologia e la qualità della farina scelta: in commercio esistono anche farine di mais precotte o confezioni di polenta già pronta, ma vien da sé che il sapore finale si discosterà notevolmente dal prodotto lavorato in casa. Le farine più usate sono quindi quattro: bramata, farina macinata grossa e adatta a piatti rustici, umidi, a base di carne; fioretto e fumetto, farine a grana finissima utilizzate soprattutto nella preparazione di dolci e biscotti; bianca, più leggera e appropriata ad una cucina di pesce; e la farina taragna, un mix di mais e grano saraceno dal risultato corposo e a cui vengono solitamente aggiunti burro o formaggi.

La ricetta più semplice e tradizionale prevede tuttavia l’uso di farina gialla bramata, cotta in acqua e sale. E per quanto povera di preparazioni, cucinare la polenta richiede alcune accortezze essenziali per una buona riuscita. Si suggerisce innanzitutto l’uso di un paiolo, il tegame tradizionale in rame o ghisa nato appositamente per la polenta; tuttavia, se sprovvisti, una qualsiasi pentola non ne ostacolerà il risultato. Per quanto riguarda le quantità degli ingredienti, invece, il miglior segreto non è nient’altro che la pratica: saranno sufficienti un paio di tentativi per imparare a riconoscere ad occhio la dose più giusta. Il consiglio è di non ragionare in base a quanta acqua possa servire per una certa quantità di farina, ma di pensare esattamente al contrario. Qui di seguito ne verrà svelato il motivo.

Per prima cosa, è meglio non riempire la pentola oltre i tre quarti, dato che il livello finale di polenta sarà di poco superiore; è quindi possibile valutare direttamente con il volume d’acqua la quantità di polenta che si vuole ottenere. Il sale andrà invece aggiunto poco prima dell’ebollizione: anche qui si consiglia di essere più avari che generosi, considerato che la polenta funge solitamente da contorno ad altre pietanze e che la dose di sale andrebbe quindi poi a bilanciarsi.

Ma è proprio ora che si giunge alla fase più temuta: ossia, quanta farina andrà versata? Lo capiremo semplicemente da soli. Mescolando l’acqua con una frusta o con un cucchiaio di legno, con l’altra mano si può iniziare ad incorporare una manciata di farina; è possibile che si formi della schiuma sulla superficie dell’acqua, per cui prestate attenzione a non eccedere nella quantità. E così procedete: mischiate, versate della farina, continuate a mischiare per qualche secondo in più, versatene ancora. Mi raccomando: mescolate sempre nello stesso verso!
La pausa tra una dose e l’altra è fondamentale sia per evitare la comparsa di grumi, sia per capire l’effettiva quantità di farina presente: man mano che questa assorbe acqua, i grani si ammorbidiranno e occuperanno più spazio nella pentola. Se si è versata troppa farina, lo si noterà da una consistenza visibilmente troppo farinosa e dura; se invece ve ne è troppo poca, lo si capirà da una consistenza liquida e dalla presenza di acqua. La farina bramata, essendo più grossa, andrà aggiunta in minor quantità rispetto ad una farina fine; il contrario invece per le tempistiche, dato che la prima richiederà del tempo in più.

Una volta raggiunte le proporzioni corrette, è necessario attendere e lasciar proseguire la cottura per almeno 40 minuti: più la polenta cuoce, più sarà morbida e digeribile, per cui non preoccupatevi di esagerare. Abbiate tuttavia cura di mescolare frequentemente, onde evitare che si formino pellicine dure e lisce che potrebbero comprometterne la consistenza finale. E in ultimo, banale ma spesso tralasciato: assaggiatela!

Una volta pronta, la polenta può essere servita morbida oppure essere versata sul tradizionale tagliere circolare di legno per farla raffreddare; si può naturalmente utilizzare anche un qualsiasi altro piatto o teglia. Rovesciateci sopra la polenta con un colpo secco e livellatene lo spessore con un cucchiaio di legno bagnato in acqua fredda, portando la polenta verso il centro. Copritela infine con un telo umido. Quando si sarà indurita, potrete tagliarla a fette e mangiarla secondo vostra preferenza. Un ultimo appunto: la polenta non va tagliata a triangoli come una torta, ma a lunghe fette lineari affiancate tra loro, da un lato all’altro della circonferenza.

Dopo questa panoramica della polenta e della sua tradizione, potrete ora sbizzarrirvi seguendo il vostro gusto e fantasia, condendola o accompagnandola come più vi aggrada: utilizzare del brodo invece dell’acqua, aggiungere dell’olio d’oliva in cottura, servirla con selvaggina, coprirla con del sughetto (la cosiddetta “polenta onta”). Oppure friggerla, dopo averla tagliata in piccoli pezzi solitamente triangolari, spesso preparati mischiando farina fine con farina a grana grossa. In definitiva, la polenta è senza dubbio un ingrediente che più si presta alla creatività.

E per chi vuole osare, ma a fin di bene, un consiglio personale insegnatomi da bambina: fate raffreddare la polenta, tagliatela a fette e assaporatela fredda inzuppata nello zucchero. Non ve ne pentirete!

A primo acchito, la preparazione della polenta può dunque apparire come un complicato processo di dosaggio e misurazioni, ma ciò non potrebbe essere più errato. Come per la maggior parte delle ricette tradizionali, anche il segreto per una polenta perfetta è solamente uno: il cuore. Una volta che avrete finalmente provato la consistenza più morbida, il sapore più avvolgente, il resto verrà spontaneo. Ed è questo che contraddistingue la cucina italiana, un tesoro da custodire e preservare, il cui ingrediente principale non è che l’amore nel prepararla; e il temuto “quanto basta” nelle ricette dei nostri nonni e genitori non voleva che insegnarci questo.