Sino al 26 di questo mese Palazzo Reale a Milano ospita la prima retrospettiva italiana dell’artista che è considerato il maggior esponente della corrente surrealista: Max Ernst (1891-1976).
Una vita creativa, immersa nei grandi avvenimenti storici del Novecento e piena di grandi amori e di amicizie illustri.
Fonte foto: coolinMilan
L’artista
Nato in Germania ma naturalizzato francese ha modo in Francia di frequentare gli esponenti del Surrealismo come, tra gli altri, Andrè Breton, teorico della corrente, e il poeta Paul Èluard. Il suo lavoro, fantasioso e multiforme, andrà dalle esperienze Dadaiste agli inserimenti collagges, sino alla realizzazione di volumi litografici e poetici. Riproporrà anche l’antica tecnica del frottage (che consiste nel riportare su un supporto cartaceo, con matite morbide o colorate, i rilievi o bassolivievi di una superficie sottostante). Più tardi con Salvator Dalì e il registra spagnolo Luis Bunuel avrà modo di cimentarsi anche con la forma cinematografica del filone surrealista. Il suo incontro e il pur breve matrimonio negli Stati Uniti con Peggy Guggenheim e l’approccio con la cultura d’oltre oceano ne sanciranno la fama anche nel nuovo mondo.
L’esposizione milanese
Fonte foto: Palazzo Reale
Qui a Palazzo Reale la mostra a lui dedicata è divisa in diverse sezioni che vogliono raccontare non solo la sua arte straordinaria ma anche le sue vicende biografiche (nelle prime due sale intitolate: “La rivoluzione copernicana e All’interno della visione”) , a partire dalla formazione giovanile in Germania, la partecipazione al primo conflitto mondiale e le esperienze della rivoluzione artistica dadaista.
Nelle sale seguenti (la terza e la quarta) ritroviamo “La casa di Eaubonne” che ripropone una ricostruzione, integrata con frammenti originali, della casa affrescata in cui Ernst visse in Francia con Gala e Paul Éluard.
Nella sala “Eros e metamorfosi” invece sono interpreti l’amore, l’amicizia e l’erotismo nelle sue scelte e nella sua poetica.
Seguono poi le sezioni dedicate al periodo americano che viene riassunta nella ”biografia America, 1941-1952”, con l’inserimento nella scena internazionale di New York.
Il ritorno in Europa (1953-1976) è al centro del racconto nell’ottava sala intitolata “Memoria e Meraviglia”, che illustra come la storia e la riscoperta dell’antico diventino fonti d’ispirazione nell’arte di Ernst in questo periodo.
L’ultima sala ci propone di “Volgere lo sguardo alle stelle” perché, negli anni sessanta, arte e scienza dialogano nelle opere di Ernst coinvolgendo l’astronomia, l’antropologia, la fisica e la patafisica.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.