Le Gallerie d’Italia di Napoli hanno inaugurato il 3 dicembre 2022 una mostra dedicata al periodo napoletano di Artemisia Gentileschi che va dal 1630 al 1654, periodo della sua ultima produzione ancora poco disvelata.
L’esposizione “Artemisia Gentileschi a Napoli” visitabile fino al 19 marzo, si sviluppa in quanto prosecuzione della prima monografica dedicata ad Artemisia alla National Gallery di Londra nel 2020. Grazie alla collaborazione tra la National Gallery e le Gallerie d’Italia e grazie a Gabriele Finaldi come special advisor, la mostra a cura di Antonio Ernesto Denunzio e Giuseppe Porzio.
Il percorso si sviluppa in un unico spazio espositivo delineato da un percorso ben preciso su cui si stagliano i capolavori esposti, creando attraverso una suggestiva ed evocativa illuminazione, effetti di chiaroscuro che immergono il visitatore nelle atmosfere seicentesche.
Circa cinquanta le opere esposte, di cui una ventina realizzate dalla pittrice, mentre le altre di artisti attivi a Napoli nello stesso periodo e a lei strettamente legati, come Massimo Stanzione, Francesco Guarino, Andrea Vaccaro, Bernardo Cavallino e “Annella” Di Rosa”.
Il percorso espositivo
La mostra viene inaugurata da tre “sezioni” che fanno un po’ da prologo all’esposizione. Al centro della sala, Il visitatore si troverà immerso in questo ampio spazio caratterizzato da tre grandi pannellature nere. Nella prima sezione si potrà ammirare l’Autoritratto come Santa Caterina d’Alessandria acquisito dalla National Gallery di Londra, per la prima volta esposto in Italia, creando così, mediante il capolavoro, una liaison tra la grande esposizione londinese del 2020 e l’attuale esposizione napoletana.
Fonte foto: Finestre sull'arte
Nella “seconda sezione” è stato parzialmente ricostruito il ciclo di tele con Cristo e i dodici apostoli commissionato a Roma per la sala capitolare della certosa di Siviglia dal duca di Alcalá Fernando Afán de Ribera III, viceré di Napoli dal 1629.
In quest’area si propone un confronto tra la pittrice e gli artisti che parteciparono al ciclo, legati anche alla città di Roma. Inoltre nella stessa sala è stata collocata l’unica opera presente in mostra del padre dell’artista, Orazio Gentileschi.
Si prosegue con la “terza sezione” poi con la presentazione di tre opere, di cui due dipinti e un’incisione, che intendono mostrare una certa iconografia di Artemisia, figura femminile dallo sguardo fiero, ben inserita nella società colta del tempo, e pittrice affermata che era riuscita a emanciparsi dal ruolo subalterno a cui erano soggiogate le donne.
Si espongono infine due documenti, frutto di un’ampia ricerca archivistica, svolta in occasione della mostra, per un aggiornamento degli studi sulla pittrice, che hanno consentito di acquisire nuovi dati sulla sua biografia. I due documenti esposti riguardano una supplica di Artemisia per bloccare un pagamento e l’unione riparatrice tra la figlia Prudenzia e Antonio De Napoli.
Le tematiche affrontate in mostra
A seguire si entra nel vivo dell’esposizione articolata in ali tematiche dedicata alla straordinaria artista, in primis con una sezione dedicata alle grandi commissioni che l’artista ricevette nella prima fase del suo soggiorno napoletano. In particolare “l’Annunciazione” proveniente dal Museo di Capodimonte, fondamentale per la ricostruzione della produzione napoletana perché firmata e datata sul cartiglio presente in basso a destra (1630), e da ricordare sicuramente il “San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli” opera ritornata nella sua sede originaria (Cattedrale di Pozzuoli) dopo cinquant’anni trascorsi al Museo di Capodimonte di Napoli e “San Procolo e Santa Nicea”, quest’ultima restaurata per l’occasione.
Fonte foto: Gruppo Intesa San Paolo
Tra i grandi temi affrontati nell’intera carriera di Artemisia vi è sicuramente quello dell’emancipazione della donna, del suo coraggio e della sua forza. “Donne forti e intrepide” è così denominata quest’ala tematica che accoglie cinque dipinti di cui due della Gentileschi raffiguranti “Giuditta e la sua ancella con testa di Oloferne”, dal Museo di Capodimonte e dal Nasjonalmuseet di Oslo, quest’ultima nota finora solo attraverso vecchie foto d’archivio e messa a confronto diretto con il “Sansone e Dalila” della collezione d’Intesa San Paolo, il quale a sua volta è in confronto con le altre due opere (il Sansone e Dalila di Hendrick de Somer e quello di Diana de Rosa) condividendo la medesima tematica.
Fonte foto: Finestre sull'arte
Il percorso espositivo prosegue con una selezione di figure femminili che raffigurano sante martiri, perlopiù a mezzo busto e riconoscibili grazie ai loro attributi: per la maggior parte si focalizzano sulla figura di santa Caterina d’Alessandria. Tra queste è esposta in mostra un’assoluta novità per il pubblico italiano, ovvero la santa Caterina d’Alessandria del Nationalmuseum di Stoccolma che colpisce immediatamente per la resa delle stoffe e per la sua maestria nell’uso del colore.
La successiva sezione è dedicata ad “Eros e Thanatos”, dove l’erotismo di donne nude o seminude tratte da racconti mitologici o da episodi del Vecchio Testamento, immerse in sfondi architettonici e paesaggistici, si alterna al racconto di donne violate e al tema della morte. Di Artemisia sono qui esposti il celebre capolavoro della Pinacoteca di Bologna raffigurante il tema della “Susanna e i vecchi”, firmato e datato 1652 e che al momento si considera l’ultima opera certa della produzione della pittrice. Tale sezione è arricchita da confronti selezionati dalla produzione dei più celebri artisti del tempo: da Andrea Vaccaro ad Agostino Beltrano a Hendrick de Somer, lavori così stilisticamente affini all’arte della Gentileschi, da esser attribuiti come suoi.
Fonte foto: Cultura Bologna
La mostra si conclude con l’ultima sezione, la quale verte su “quattro favole mitologiche”: due dipinti di Artemisia, ovvero la “Corisca e il satiro” di collezione privata e il celebre “Trionfo di Galatea” realizzato in collaborazione con Bernardo Cavallino, evidente nelle forme e nei volti dei tritoni, così come nel trattamento vellutato delle superfici, l’Orfeo dilaniato dalle baccanti di Massimo Stanzione e il “Ratto d’Europa” di “Annella” Di Rosa proveniente da una collezione privata ed esposto per la prima volta al pubblico.
Fonte foto: Archive.com
Opere esposte in mostra per riflettere con uno sguardo contemporaneo sui ruoli sessuali e sulla violenza di genere.
Insomma, non potete assolutamente mancare quest’imperdibile mostra, avete ancora un pò per assaporarla.
Studentessa di Didattica e Mediazione culturale del patrimonio artistico. Amante della musica, teatro, della danza, dell’arte in ogni sua manifestazione, appassionata di Monet, Klimt- Secessione viennese ed arte contemporanea orientale.